Roma 1 Lazio 0, la Curva Sud ringrazia i suoi eroi

Quando si gioca il derby contano solo i tre punti. Quello di ieri lo ricorderemo come il derby della capocciata, quella con la quale Gianluca Mancini ha diviso chi gode come un riccio (noi) dai cugini di campagna (i caciotta e pallone). Lo ricorderemo come quello che ha esaltato le caratteristiche del nostro allenatore: romano e romanista, uno che sa come si vive il derby in Curva Sud

Francesco Dorascenzi
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Il derby regala sempre emozioni uniche e ogni volta non paragonabili con quelle delle partite passate. Così è stato anche per quello disputato il 6 aprile 2024, data che noi della Sud segniamo sul calendario. Questa volta in panchina c’era un certo Daniele De Rossi, uno di noi, un gladiatore che sa trasmettere a tutti come si arriva con la testa giusta all’appuntamento dell’anno e che a noi fa dire SIETE UNICI.

La giornata è stata lunga e snervante, ma con gli amici è passata anche piuttosto in fretta. Alle ore 16:00 siamo già dentro lo stadio, con le gambe che ci tremano e la mente che vola pensando ad ogni scenario possibile. Il cuore come al solito batte in giallorosso il tempo che manca e ad allentare la tensione ci aiutano una, due, tre birrette. Cominciamo a cantare per scaldare la voce, ci prepariamo a far sentire ai nostri pretoriani la vicinanza e l’affetto di sempre, un affetto che comunque vada alla MAGICA non mancherà mai. Si respira l’aria del derby e la tensione sale. Ma lo sappiamo già che ogni ansia quando inizierà la partita si trasformerà in carica, che esploderà nella voglia di vincere tutti insieme la stracittadina: se perdi sei all’inferno e se vinci ti aspetta il paradiso, che noi della Sud conquistiamo con il nostro tifo e il nostro amore.

Si innalza la maestosità della coreografia e da lì si era già capito come sarebbe andata a finire. Un omaggio ad Agostino Di Bartolomei mette subito le cose in chiaro: “Figli di Roma, Capitani e Bandiere”, rigorosamente con l’iniziale maiuscola, come quando scrivi Curva Sud. Poi il vero colpo di teatro, coreograficamente parlando, si ha nella risposta che diamo alla curva nord (rigorosamente con le minuscole): loro espongono la scritta SS Lazio e noi rispondiamo prontamente con lo striscione “Finalmente hai scritto Lazio, hai capito che con Roma non c’entri un caXXo”.

L’arbitro Guida fischia l’inizio delle ostilità e per noi inizia bene: subito aggressivi e padroni del gioco, ma soprattutto padroni sugli spalti dove la partita non si perde mai. Prima del gol di MANCIO un amico mi urla “a France questa la sblocca quel giocatore che non ti aspetti”. E io gli rispondo: “si certo, tipo Mancini ve?”. Ci siamo sgolati , li abbiamo incitati e spinti minuto per minuto, sino al minuto 42. E la nostra banda in campo suona la musica che più ci piace: Dybala usa il piede come la mano di Caravaggio, la sua carezza al pallone è una pennellata che disegna il lunghissimo viaggio di un pallone che finisce sulla fronte di Gianluca (Mancini per chi non frequenta la Sud). La capocciata è di quelle che non lasciano scampo: Lazio trafitta ed abbattuta. Esplode lo stadio giallorosso, ma soprattutto è incontenibile la rabbiosa reazione di noi della Curva Sud: quando il cuoio va a baciare la rete annodata a quadrati, come per incanto spariscono ogni figuraccia e delusione passate. Sono esultanze, sono gioie, sono momenti che resteranno per sempre nei nostri cuori.

In Sud si canta, si salta e ci si abbraccia come non mai. Il tempo di gioco sembra non passare mai, quasi che quello di Guida sia un orologio rotto che congiuri contro la Roma. Poi arrivano i minuti di recupero, interminabili. Loro non ci stanno e questo aumenta la nostra soddisfazione, un godimento che trova la sua apoteosi con il triplice fischio che chiude la partita e nega a quelli della nord (rigorosamente minuscolo) e a quelli in campo ogni sogno di gloria. Semmai lo abbiano avuto.

Il derby vinto ti lascia sempre il sorriso stampato in faccia per le settimane che vengono, ti lascia sempre quel sapore in bocca che è pari a quello “de na carbonara”. Vincerlo con il gol di Gianluca, uno come noi, uno che è nato a Pontedera per sbaglio, perché lui è romano e romanista, ed è uno che da quelli che ieri condividevano lo stadio con noi è odiato perché a detta loro “è na pippa, è spocchioso, è un falegname”. Per noi resta quello che li ha purgati.
Ora testa a Milano.
RENDICI ANCOR SPAVALDI E FIERI DI TE!
FORZA ROMA

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