Billy Guyton, giocatore professionista della squadra di rugby Auckland Blues, è stato riconosciuto come la prima vittima di CTE, una malattia degenerativa del cervello causata da forti traumi alla testa e più comune in alcuni ambienti sportivi, in cui è previsto un contatto fisico violento tra giocatori. La conferma della diagnosi è giunta dopo che la sua famiglia ha donato il cervello dell’atleta all’Università di Auckland per ulteriori indagini. Maurice Curtis, co-direttore della Banca del Cervello, ha dichiarato che un patologo neozelandese ha confermato il secondo stadio di CTE in Guyton, convalidato successivamente da uno specialista in Australia.
Rugby: Cos’è la CTE?
La CTE è una patologia associata a ripetuti colpi alla testa, comune in diversi sport di contatto, che può causare sintomi devastanti tra cui demenza precoce, depressione e parkinson. La consapevolezza di questa malattia è cresciuta negli ultimi anni, in gran parte grazie all’articolo Game Brain di Jeanne Marie Laskas pubblicato su GQ nel 2009 e al film Zona d’ombra, che narra la storia del dottor Bennet Omalu, neuropatologo nigeriano, e della sua battaglia per portare alla luce il legame tra CTE e il football americano. È una patologia ancora piuttosto misteriosa: gli esperti ad oggi non sanno esattamente per quale motivo solo certi traumi causino la CTE e solo ad alcuni sportivi e non ad altri.
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I sintomi della CTE erano evidenti anche per la famiglia di Guyton, che ha raccontato dolorosamente la sofferenza del giocatore. “Trascorreva ore in un armadio buio perché non sopportava la luce“, ha detto il padre John Guyton a Radio New Zealand. “Alcune mattine si sedeva sul fondo della doccia piangendo, cercando di raccogliere l’energia per muoversi“.
Il commento della federazione
La tragedia di Guyton ha riacceso il dibattito sulle lesioni cerebrali nello sport, con quasi 300 ex giocatori di rugby che, nel dicembre 2023, hanno intrapreso un’azione legale contro la federazione mondiale del rugby e le federazioni inglese e gallese. Questi atleti sostengono che non siano state adottate misure sufficienti per proteggere la loro salute durante la pratica sportiva.
In risposta a queste preoccupazioni, la federazione neozelandese di rugby ha affermato di aver preso misure per ridurre il rischio di colpi alla testa durante le partite. “La NZR sostiene la ricerca all’avanguardia per comprendere meglio l’impatto a lungo termine del gioco del rugby, in particolare per comprendere la relazione tra commozioni cerebrali e salute del cervello a lungo termine“, si legge in una nota ufficiale.
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