Mancini e Gravina: due imputati, un’unica pena

Mancini e Gravina: i protagonisti della gloria e della delusione dell'ultimo quinquennio dell'Italia. Due imputati, ma un'unica pena giunta con le dimissioni del ct; eppure, potrebbe essere il presidente stesso a scagionarlo

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Un ct che non aveva in mano la Nazionale: è questo quello che trapela dalla vicenda Mancini-Gravina, scatenata, da un lato, e culminata, dall’altro, con le dimissioni del tecnico. Una decisione spiazzante che ci ha fatto riavvolgere il nastro alla ricerca dei dettagli, dei passaggi che ci siamo persi per strada. Una storia raccontata dai flashback, che tassello dopo tassello acquisisce sempre più senso.

Italia, Mancini-Gravina e la tranquillità tanto auspicata

24 marzo 2022, la Macedonia del Nord segna e l’Italia manca nuovamente il Mondiale. Uno scenario terribile per tutti i tifosi azzurri che ancora stanno smaltendo l’euforia dell’Europeo vinto solo pochi mesi prima. Uno shock che punta i riflettori su una persona in particolare: Roberto Mancini. “Si dimetterà?” è la domanda che assilla tutto il paese, “Fiducia rinnovata” la risposta tanto attesa. Eppure, da quel momento, il compito del tecnico non è più lo stesso; come potrebbe esserlo?

“Lavorare tranquillo” è la richiesta che ha avanzato Mancini negli ultimi mesi prima dell’addio, come racconta l’edizione odierna della Repubblica, ma come si può ottenere tranquillità quando si è soli sul banco degli imputati? Solo di facciata, ma in realtà accompagnato; sì, perché non è stato solo l’ex Inter a mancare l’obiettivo, ma anche il responsabile di tutto ciò che riguarda la Nazionale: Gabriele Gravina.

Non solo Ventura, infatti, aveva lasciato la guida dell’Italia dopo la mancata qualificazione ai mondiali del 2018, ma anche, anzi soprattutto, l’allora presidente della FIGC Carlo Tavecchio. L’allenatore era solo un neo di un lavoro deludente.

Ecco quindi che sulla barca in bilico tra lo stare a galla e affondare non c’era solo Mancini, ma anche, soprattutto, Gravina e il modello portato avanti. La stessa tranquillità che il ct tanto pretendeva, in realtà, non sarebbe mai potuta giungere, perché mancava anche a chi gliela doveva concedere.

“Si è mai visto un presidente federale che cambia lo staff di un ct?” è la domanda che pone Mancini. La verità è che non si tratta di fiducia o meno, ma di tentare di cambiare in prima persona ciò che è andato storto, entrando però in conflitto con il lavoro di un’altra persona e andando a sostituire i compiti di chi, per mestiere e esperienza, ne ha una maggior competenza.

Roberto Mancini, Ct della Nazionale
Roberto Mancini, ex Ct della Nazionale

Dallo sgarro all’ultimo regalo: Gravina e l’assist a Mancini

O l’esonero o il prosieguo di un ciclo: queste erano le due opzioni che aveva in mano Gravina riguardo alla scelta che in quel momento gli competeva. Forse, il problema è che il presidente non ha mai realmente deciso. Ecco quindi che, nel dubbio e nello shock, spuntava una terza ipotesi: quella di fare un passo indietro e ammettere di non aver più il controllo e la gestione della situazione.

Sì, perché quando un tecnico che tanto ha dato per la maglia azzurra arriva a dimettersi poco prima delle qualificazioni ad un europeo significa che la sintonia mancava da tempo e che la scelta di mantenerlo sulla panchina, anche dopo la delusione mondiale, non è mai stata del tutto convinta.

Si apre quindi un nuovo ciclo, con Spalletti in prima linea, ma con la tranquillità che ancora vacilla. La pena Mancini l’ha ormai ricevuta, nella schiera degli imputati resta solo Gravina. E se Euro 2024 dovesse fallire, sarebbe l’ultimo regalo del presidente all'(ex) amico ct, che potrebbe così lasciargli il proprio letto in cella.

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