Gli ultimi romantici. Dybala? No, lui no

Il trasferimento di Paulo Dybala in Arabia Saudita segna l'ennesimo colpo al romanticismo nel calcio moderno, dove i sogni dei tifosi vengono infranti dal potere del denaro, dimostrando che anche gli ultimi eroi cedono di fronte a offerte irrinunciabili.

Emanuele De Scisciolo
8 Min di lettura

C’è un’immagine che ha fatto battere il cuore a milioni di appassionati: Paulo Dybala sotto la curva Sud, con il viso sollevato verso il cielo di Roma, occhi umidi di emozione e braccia tese verso quei tifosi che lo hanno abbracciato come uno di loro, un gladiatore contemporaneo, uno che per far gioire la gente aveva solo bisogno di appoggiare una mano sotto il naso; e giù emozioni. Un argentino giunto nella Capitale per far tornare il sorriso, la voglia, il desiderio e la passione ad una piazza che gettava fazzoletti umidi dopo l’addio di bandiere e Campioni, quando i Totti ed i De Rossi abbandonavano il sogno del pallone per sposare una “vecchiaia” ancora troppo prematura. Roma se ne accorse, la gente pianse, e la Capitale rimase orfana di sogni, delegittimata da un cambio generazionale già del tutto sterile.

Ma ora, come un fulmine che squarcia la notte, arriva la notizia che spezza quel sogno, che sradica il fragile germoglio del romanticismo calcistico che ancora sopravviveva tra le rovine di un calcio moderno sempre più spietato e freddo. Si, perché l’addio di Dybala dal sogno di Roma non infrange il muro del pianto giallorosso che sperava di aver ritrovato un’altra bandiera. Non ce ne sono più, ma l’argentino arrivato dalla Juventus aveva alimentato, per lo meno, sogni di romanticismo quando la città invase di giallorosso il capezzale designato per la presentazione di un nuovo ed interminabile futuro.

Quando poi si sedette di fronte alla sua “nuova gente”, Roma tornò a sperare e a sopravvivere. Più forte di Mourinho, al quale venne dato il merito dell’impresa di calciomercato che i Friedkin sposarono con entusiasmo e che tutta la città aveva acclamato. Quella passeggiata da fiero numero 21 che poi si sedette ad osservare il futuro fece brillare gli occhi dei tanti accorsi ad abbracciare un nuovo sogno, una nuova speranza. Parole d’amore e di orgoglio, nonostante la scarsa romanità di un nuovo argentino arrivato nella Capitale ma che in tutto e per tutti sembrava voler rappresentare il potere della modernità portata dai milioni americani.

Adesso, però, quel sogno sembra essersi arreso alla cruda realtà di un calcio che continua, inesorabilmente, a non voler percorrere strade d’amore e magia. Ci vorrebbe un Manuale d’Amore anche nel calcio: lo direbbe Carlo Verdone, magari aiutato dagli scritti di Giovanni Veronesi, citando una delle pellicole più ingenue e appassionanti degli ultimi 20 anni. Appunto, Manuale d’amore.

Dybala, l’ultimo dei romantici?

Dybala, l’ultimo dei romantici, sembra pronto a dire addio. Non per inseguire un’altra avventura nelle grandi cattedrali del calcio europeo, ma per accettare una proposta indecente, di quelle che non si possono rifiutare: 75 milioni in tre anni offerti dall’Arabia Saudita, una somma astronomica che sembra più una condanna che un’opportunità.

Questo trasferimento è l’ennesimo colpo mortale inferto al cuore del calcio romantico, un cuore che pulsa sempre più debole sotto il peso di miliardi di dollari e contratti faraonici. Per anni abbiamo sognato che esistesse ancora qualcosa di puro, che i giocatori come Dybala potessero essere gli eroi di una città, i protagonisti di una storia d’amore con la maglia, con la curva, con la gente. Ma oggi quel sogno sembra essere stato definitivamente inghiottito da un mare di denaro senza anima.

Quante lacrime buttate nel nulla: lo sanno bene gli juventini e oggi anche a Roma quelle lacrime fiere di sconfitta che invasero il campo calpestato dalla scarsa condotta di un giudice europeo, risuonano come una disfatta, come un muro di nebbia che non può permettere di vedere oltre. Dybala pianse quando salutò Torino, quella bianconera; pianse quando Roma dovette arrendersi alle folli ideologie di Taylor, che condannarono una vittoria fin troppo meritata sul campo. Oggi a piangere, di nuovo, sono i romanisti, delusi dal tempo che non ha permesso – sul serio – di favorire l’esperienza di un innamoramento che si è già spezzato. Ci vorrebbe un Manuale d’amore, no?!

Il calcio moderno ha smesso di essere il campo di battaglia dei gladiatori, delle bandiere che si conficcano nel terreno, diventando invece un mercato globale dove i sentimenti e le emozioni vengono barattati per cifre da capogiro. I tifosi, gli ultimi veri romantici di questo sport, si aggrappano disperatamente a quei pochi che sembrano ancora in grado di rappresentare qualcosa di più di un semplice contratto. Eppure, anche loro, come Dybala, finiscono per cedere alle lusinghe del denaro facile, abbandonando l’idea di una carriera fatta di fedeltà e passione.

Il trasferimento di Dybala, se confermato, non è solo la fine di un sogno per i tifosi della Roma, ma il segnale di un male più profondo che corrode il calcio contemporaneo. Non c’è più spazio per le bandiere, per i Totti, i Maldini, i Del Piero. Oggi, un calcio che profuma di romanticismo sembra essere un ricordo sbiadito, sostituito da una giungla di interessi economici dove anche i giocatori più amati e idolatrati non riescono a resistere.

Ci eravamo tanto amati

Ci eravamo illusi che Dybala potesse essere diverso, che potesse restare, che potesse incarnare quel sogno di un calcio che vive ancora di passione, di amore per la maglia. Ma oggi, anche quel sogno sembra svanire, lasciando dietro di sé il sapore amaro della disillusione.

Forse siamo noi, i tifosi, i veri ultimi romantici, incapaci di accettare che il calcio che amiamo è ormai cambiato, irrimediabilmente. Forse è tempo di svegliarsi da questo sogno e di guardare in faccia la realtà: il calcio moderno non ha più spazio per il romanticismo, per la fedeltà, per i sentimenti veri. È diventato un gioco di numeri, di contratti e di mercati, dove anche i più grandi amori finiscono per cedere di fronte all’ineluttabile potere del denaro.

E così, mentre Dybala prepara le valigie per l’Arabia Saudita, un altro pezzo del nostro calcio romantico svanisce. Restiamo noi, a ricordare e a sognare, ancora una volta, che forse, un giorno, ci sarà qualcuno disposto a resistere, a restare, a essere un eroe, non per i soldi, ma per l’amore di questo sport. Ma forse, quel giorno, non arriverà mai.

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