La ministra del Turismo Daniela Santanchè potrebbe andare a processo per rispondere delle accuse di falso in bilancio del caso Visibilia, che prende il nome dal gruppo aziendale fondato dalla stessa. La richiesta di rinvio a giudizio sarebbe stata presentata dai pubblici ministeri della Procura di Milano, Marina Gravina e Luigi Luzi, nel corso dell’udienza preliminare sul caso. “Tutti sapevano e tutti hanno taciuto” hanno sostenuto i pm, sottolineando quindi che anche la ministra fosse coinvolta nelle presunte operazioni illecite portate avanti nelle aziende Visibilia Editore spa, Visibilia Editrice Srl e Visibilia Srl in liquidazione.
Daniela Santanché è indagata per falso in bilancio insieme ad altre 16 persone, tra cui il compagno Dimitri Kunz, l’ex compagno Canio Giovanni Mazzaro e la sorella Fiorella Garnero. Secondo l’accusa, infatti “la corretta formazione dei bilanci avrebbe evidenziato una perdita del capitale sociale per Visibilia Editore spa a far data dal bilancio 2016, per Visibilia srl a far data dal bilancio 2014 e per Visibilia Editrice srl a far data dal bilancio 2021“. Nell’udienza in corso sono stati ammessi come parte civile tre piccoli risparmiatori, mentre la giudice dell’udienza preliminare ha escluso la richiesta di ammissione del Codacons di poter essere considerata tale.
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Gli inquirenti hanno quindi contestato uno squilibrio finanziario all’interno delle aziende che fanno capo a Visibilia e hanno sottolineato come questo abbia compromesso le attività dell’azienda. Secondo l’atto di chiusura delle indagini, infatti, si contesta che 15 indagati abbiano omesso “ogni attività di accertamento sulla corrispondenza del bilancio alle risultanze delle scritture contabili e sull’osservanza delle norme stabilite in tema di valutazione del patrimonio sociale, ed anzi esprimendo parere favorevole all’approvazione del bilancio” delle aziende, così da “conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto“.
Santanché e Visibilia: cosa è successo
I guai giudiziari riguardanti Daniela Santanchè hanno una data di inizio ben precisa. Il 19 giugno 2023 va in onda una puntata della trasmissione Report, condotta su Rai3 da Sigfrido Ranucci, che si concentra sul caso Visibilia. Un servizio intitolato “Open to fallimento” raccoglie le testimonianze di alcuni dipendenti delle aziende del gruppo fondato da Santanchè e di Ki Group, un’azienda di cui la ministra è socio. Secondo questi racconti le due società sarebbero gestite in maniera “irresponsabile“, tanto da aver contratto debiti con i fornitori e da aver licenziato alcuni dipendenti senza garantire loro il Trattamento di fine rapporto.
Così, a seguito dell’inchiesta, la società Visibilia Editore viene coinvolta in un’indagine per falso in bilancio riguardante gli anni dal 2016 al 2022 e si ipotizza anche l’accusa di bancarotta che però effettivamente non si concretizzerà mai. Effettivamente, due delle quattro aziende coinvolte sarebbero riuscite a risanare i propri conti, una grazie ad un accordo con il Fisco, perciò la bancarotta viene esclusa dalle ipotesi di giudizio.
La ministra Santanchè il successivo luglio avrebbe informato il Senato delle sue attività, arrivando a negare di aver ricevuto avvisi di garanzia di qualunque tipo, sottolineando inoltre di aver venduto le sue quote Visibilia nel 2022. L’indagine di Report avrebbe però sottolineato che l’ipotesi di reato farebbe riferimento al periodo compreso tra il 2016 e il 2020, quando la ministra era ancora presidente della società. Alcune settimane, dopo, una prima mozione di sfiducia è stata respinta dall’Aula, mentre è stato certificato che Snatanché fosse indagata insieme ad altre cinque persone, tra cui la sorella Fiorella Garnero e il compagno Dimitri Kuntz, che è stato presidente di Visibilia Editore.
Un secondo filone di indagini avrebbe poi riguardato Santanchè e le aziende della galassia Visibilia. Stavolta l’accusa sarebbe di truffa ai danni dell’Inps, riguardante 13 dipendenti delle aziende che, in cassa integrazione, avrebbero continuato a svolgere il loro lavoro. I dipendenti, però, non sarebbero stati avvisati, per cui i contributi loro spettanti dall’Inps sarebbero stati incassati dalle aziende. La vicenda si sarebbe svolta nel corso del periodo Covid, e avrebbe sfruttato una misura lanciata dal governo Conte per venire incontro alle aziende che si trovavano a vivere un momento di difficoltà. Secondo gli inquirenti, lo Stato avrebbe pagato circa 126mila euro, utilizzati da Visibilia per pagare i dipendenti che invece avrebbero dovuto trovarsi in cassa integrazione.
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