Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha telefonato ad Armanda Colusso, la madre di Alberto Trentini, il cooperatore italiano originario del Lido di Venezia, che è stato incarcerato in Venezuela, a Caracas, il 15 novembre 2024. A confermare la notizia anticipata da Il Gazzettino, fonti di Palazzo Chigi assicurando che “il Governo è al lavoro per riportarlo a casa“.
Non sarebbe ancora emersa alcuna indiscrezione in merito al contenuto del colloquio telefonico avvenuto con l’aiuto del senatore veneziano, Raffaele Speranzon che sta seguendo la vicenda dando supporto alla famiglia e che avrebbe così messo in contatto diretto la premier e la madre del ragazzo.
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Il caso di Alberto Trentini
Cooperatore di origini veneziane in missione con le Ong Humanity e Inclusion nel Paese sudamericano dal 17 ottobre, Alberto Trentini era partito con l’obiettivo di portare aiuti umanitari alle persone con disabilità. Ma, proprio mentre stava raggiungendo Guasdalito dalla capitale Caracas, sarebbe stato fermato ad un posto di blocco. Da lì, la carcerazione risalente al 15 novembre di cui non sono mai stati confermati i capi d’imputazione. Poi nulla più: nessuna notizia in merito al ragazzo è stata ricevuta.
I famigliari, che tutt’ora dopo cinque mesi tentano di ottenere informazioni, avevano lanciato un drammatico appello al Governo italiano nella speranza di riportarlo a casa sano e salvo. Nel corso di questi mesi, il Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, aveva convocato alla Farnesina l’incaricato d’affari del Venezuela per cercare di comprendere i motivi per i quali non si sono più ricevute aggiornamenti sulle condizioni di Trentini nonché le motivazioni per cui sarebbe stato incarcerato.
Un lungo periodo dunque di estrema tensione che sembra adesso aprirsi ad un nuovo scenario nella speranza che si possa far luce su quanto accaduto affinché si riesca a lavorare per riportare in Italia Trentini. La famiglia continua così ad affidarsi al Presidente del Consiglio, che possa adoperarsi, insieme a Tajani e Alfredo Mantovano, il sottosegretario alla Presidenza del COnsiglio dei Ministri, delegato alla Sicurezza, con lo stesso impegno e dedizione dimostrati a tutela di Cecilia Sala, la giornalista freelance incarcerata a Teheran dal 19 dicembre e liberata il 9 gennaio.
Collaboratrice de Il Foglio e di Chora Media, Cecilia Sala era partita per Teheran lo scorso dicembre con un visto giornalistico e avrebbe dovuto far ritorno in Italia il 21 dicembre. Due giorni prima della partenza, la reporter è stata però arrestata per essere trasferita nel carcere di Evin, senza poter avere contatti con l’Italia. Da lì, il Governo italiano era riuscito a averne notizia grazie ad una telefonata avvenuta tra Sala e sua madre. Una carcerazione fortunatamente durata solo fino al 9 gennaio 2025 risolta grazie ad una serie di trattative e negoziazioni con Teheran.
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