Oggi ricorre il 43esimo anniversario del sisma di Irpinia. In occasione della tragica ricorrenza diverse figure istituzionali hanno voluto spendere qualche parola per ricordare e puntualizzare le nefandezze di quel 23 novembre 1980. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha voluto spendere delle parole di solidarietà per la “sua Irpinia”: “Il mio commosso ricordo va alle famiglie delle vittime, segnate ancora da una ferita indelebile. A loro esprimo la mia più sincera vicinanza. Va rinnovata la riconoscenza a tutti gli operatori delle Forze dell’ordine, dei Vigili del fuoco e del mondo del volontariato che, fin dalle prime ore, si prodigarono con straordinario impegno per prestare soccorso alla popolazione. Una testimonianza perenne di solidarietà e abnegazione”.
“La mia Irpinia – prosegue il ministro – pur provata dalla sofferenza, non si arrese. Grazie al coraggio e al sacrificio dei suoi cittadini, seppe rialzarsi, dando dimostrazione di quell’ammirevole forza d’animo che la contraddistingue da sempre e che ha permesso di far rinascere un territorio meraviglioso”.
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Quarantatrè anni fa una terribile scossa di terremoto sconvolse l'#Irpinia, causando 2.735 vittime. In poco tempo 4.259 #vigilidelfuoco, con 1.101 automezzi, vennero inviati da tutta Italia in soccorso alla popolazione duramente colpita dal sisma#23novembre #pernondimenticare pic.twitter.com/5azMDWnzkA
— Vigili del Fuoco (@vigilidelfuoco) November 23, 2023
Le parole di Fontana e La Russa
Anche il presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana ha espresso vicinanza alla popolazione dell’Irpinia e della Basilicata: “Il mio pensiero va alle vittime, ai feriti, agli sfollati e alle famiglie che convivono con il dolore per quell’immane tragedia. Rinnovo i sentimenti di gratitudine e riconoscenza alle Forze dell’ordine, ai Vigili del fuoco, agli operatori sanitari e ai volontari che, con encomiabile generosità, prestarono soccorso alle comunità“. Sulla stessa lunghezza d’onda il Presidente del Senato Ignazio La Russa che ha ricordato le vittime del terremoto di Irpinia dove “in pochi secondi interi paesi vennero rasi al suolo“.
“Quasi tremila le persone che morirono sotto le macerie, centinaia i feriti. Negli anni successivi non mancarono dolore ed enormi sacrifici e la ricostruzione non fu facile ma da quell’evento così drammatico, la popolazione seppe reagire con forza, coraggio e determinazione. A 43 anni da una delle più grandi tragedie che hanno colpito la nostra Nazione, rinnoviamo con profonda commozione il ricordo delle numerose vittime e rivolgiamo ai loro familiari la nostra sentita vicinanza“. Queste le parole del Presidente del Senato.
Musumeci: “Serve prevenzione attenta e responsabile”
“Quando, il 23 novembre 1980, il terremoto squassò l’Irpinia mancava del tutto un coordinamento nella gestione dei soccorsi. Quella drammatica esperienza – i ritardi e le tante vittime nei centri rasi al suolo in Campania e in Basilicata – impresse una forte accelerazione al processo che avrebbe portato, due anni dopo, alla nascita di una moderna Protezione civile. A distanza di 43 anni da quella tragedia nazionale, il nostro pensiero va a coloro che persero la vita. Il loro sacrificio sia di monito e di sprone per una prevenzione sempre più attenta e responsabile, a tutti i livelli“. Ha scritto su Facebook il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci.
Ricciardi: “Bisognerebbe costituire una commissione d’indagine conoscitiva”
Toni Ricciardi, vicepresidente irpino del gruppo Pd alla Camera, oltre ad esprimere vicinanza alle vittime, ha suggerito di costituire una commissione d’indagine conoscitiva per far luce sul disastro della gestione avvenuto 43 anni fa: “Questo è l’evento più catastrofico della storia repubblicana: era il 23 novembre del 1980 quando la terra cominciò a tremare, provocando in soli novanta secondi una devastazione senza precedenti. Il terremoto dell’Irpinia segnò un punto di svolta sia in tema di gestione delle emergenze territoriali sia nel perfezionamento delle norme in materia di ricostruzione dei territori altamente sismici“.
“Ciò nonostante – spiega – il racconto del sisma pare essere consegnato soltanto al canone giornalistico e, in particolare, alla declinazione dell’inchiesta giudiziaria famosa come ‘IRPINIAgate’ che ha investigato su sprechi, tangenti e malaffare, ma che è stata anche l’occasione per strumentalizzazioni politiche che, rivitalizzando l’antico pregiudizio antimeridionale, hanno dato l’impulso decisivo a un movimento come la Lega nord e alla costruzione di una narrazione che ha visto nei decenni il riproporsi della questione meridionale”.
“Improvvisamente – continua – il Mezzogiorno aveva drenato un eccesso di risorse, tanto da mettere a repentaglio la prosperità di altre parti del paese. Questa dicotomia si è talmente accresciuta da fare ritenere la ricostruzione in Irpinia come uno degli sprechi più ingenti del secondo dopoguerra. A distanza di 43 anni, la realtà dei fatti, la cronaca politica, ci consegna ben altro”.
“Fare luce in maniera definitiva, con il giusto distacco temporale su questo momento spartiacque della storia repubblicana, anche attraverso la costituzione di una commissione d’indagine conoscitiva, forse ci aiuterebbe a capire, anche l’evoluzione o involuzione degli strumenti di protezione civile, le normative sempre più ricorrente sulle catastrofi e soprattutto ci consegnerebbe i prodromi di quello che oggi è divenuto, maldestramente, uno dei temi di scontro politico” conclude in una nota Ricciardi.
Irpinia, il sisma del 23 novembre 1980
Erano le 19:34 del 23 novembre 1980 quando una devastante scossa di magnitudo 6.9 distrusse l’Irpinia, la Basilicata e una limitata area della Puglia. Le perdite umane furono ingenti: quasi 3.000 morti, 8.848 feriti e circa 300mila senzacasa. I comuni limitrofi alla scossa – Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni, Conza della Campania, Castelnuovo di Conza, Santomenna, Laviano, Muro Lucano – furono quasi totalmente distrutti. Gli altri 679 Comuni delle otto province interessate dal sisma registrarono danni da disastrosi a lievi. Il simbolo di quella tragedia divenne la chiesa Madre di Balvano, a Potenza. Il tetto dell’edificio crollò seppellendo 66 persone.
Irpinia, le province più colpite
Le tre province più colpite furono Avellino, Salerno e Potenza. Addirittura, 36 Comuni dell’area epicentrale ebbero circa 20mila alloggi distrutti o irrecuperabili, mentre in 244 paesi (non epicentrali) delle province di Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Foggia, Napoli, Potenza e Salerno, altri 50mila alloggi subirono danni da gravissimi a medio-gravi.
Irpinia, il ricordo impresso restano i ritardi dei soccorsi
Al centro delle polemiche di quei giorni furono i ritardi dei soccorsi alla popolazione che, l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini, denunciò fermamente: il problema principale era raggiungere le zone colpite a causa del crollo di numerosi ponti e strade principali, indispensabili per raggiungere gli sfollati e i morti.
Una ricostruzione delle abitazioni a passo d’uomo
Se prestare soccorso fu complesso ancor di più lo è stato ricostruire le abitazioni distrutte dal terremoto. A guidare la macchina dei lavori che avrebbe dovuto risollevare l’Italia dopo il tragico evento Giuseppe Zamberletti, nominato Commissario straordinario del Governo. Gli sfollati furono accompagnati prima nelle tende, poi nei treni, fino poi all’arrivo di 26mila prefabbricati e 11mila container. Alcune delle strutture di fortuna restarono i luoghi di abitazioni degli sfollati nei decenni successivi al disastro. Con il passare dei mesi cominciò l’insediamento nei pressi dei centri abitati andati distrutti, nei prefabbricati leggeri dove trovarono sistemazione la maggior parte dei senzatetto.
Ad oggi
Solo un anno dopo dalla tragica data, nel novembre del 1981, il Parlamento approvò la legge 219, con ampia delega agli enti locali. La norma prevedeva ingenti finanziamenti destinati, non solo alla ricostruzione, ma anche allo sviluppo delle aree terremotate.
L’unica opera, ad oggi, quasi completa è quella del recupero del patrimonio edilizio in Campania e in Basilicata. La prospettiva di sviluppo industriale è rimasta per gran parte inattuata e, ad essere rimaste in piedi sul territorio, solamente poche aziende. La maggior parte di queste, nonostante i contributi pubblici, sono fallite. Quasi la metà delle concessioni industriali è stata via via revocata e solamente una piccola parte delle risorse finanziarie è stata recuperata. Unica nota positiva resta la costruzione dell’Università della Basilicata, costruita sopra le ceneri del disastro, diventata simbolo di eccellenza per l’intero Mezzogiorno.
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