Continuano le controversie sull’utilizzo di parole in lingua inglese all’interno dei documenti ufficiali. Nel periodo tra luglio e dicembre 2023, il Servizio per la Qualità degli Atti Normativi, ha ripetutamente raccomandato di non usare parole inglesi nei provvedimenti legislativi. Da tempo il governo si batte contro l’invadenza degli anglicismi nella lingua italiana, proponendo una serie di iniziative per preservare l’identità linguistica del Paese e obbligare le istituzioni a utilizzare, nei limiti del buon senso, unicamente termini in italiano.
Fratelli d’Italia presentò già a novembre 2022 un disegno di legge, firmato dal senatore Menia, con l’obiettivo di istituzionalizzare l’italiano come lingua ufficiale della Repubblica Italiana. Provvedimento piuttosto insolito, che oltre a far sollevare delle domande sulle vere priorità degli organi di governo e dei partiti politici, apre anche riflessioni sull’effettiva efficacia di tali norme.
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L’inglese sta colonizzando la nostra lingua
La proposta di legge mirava a stabilire l’italiano come patrimonio nazionale, ereditata dalla storia del Paese, da proteggere e valorizzare. Eppure, le trasformazioni di una lingua non vengono registrate solo dagli atti ufficiali, ed è evidente che l’uso di termini stranieri, specialmente in lingua inglese, è diventato sempre più pervasivo nella nostra comunicazione quotidiana.
Secondo alcune stime, il numero di parole inglesi integrate nella lingua italiana scritta è aumentato del 773% dal 2000 ad oggi. Attualmente, circa 9.000 anglicismi sono presenti nel dizionario della Treccani, su un totale di circa 800.000 parole in italiano. Un incremento preoccupante che portò Fratelli d’Italia a lanciare l’allarme sul degrado della lingua italiana, avvertendo dei rischi di un suo collasso nel lungo termine.
Certamente la lingua rappresenta un tassello fondamentale dell’identità di un popolo e una cultura, ed è corretto darle l’attenzione e l’apprezzamento che merita. D’altro canto, decenni di studi di linguistica parlano chiaro: non è possibile intervenire artificialmente sulle abitudini linguistiche di un popolo. E questo perché le lingue evolvono naturalmente, e altrettanto naturalmente assumono calchi e prestiti da altre lingue. Se l’utilizzo di termini inglesi come fake news e videogames è così frequente negli atti pubblici da risultare allarmante, allora è plausibile che il prestito sia già stato assunto dalla maggior parte della popolazione, e una sua limitazione non invertirà la tendenza del fenomeno.
Testi ufficiali incomprensibili, ma non è colpa dell’inglese
È positivo che alcuni partiti politici sembrino preoccuparsi della lingua con cui scrivono testi di legge, eppure, sembra che si continui a fare orecchie da mercante sull’incomprensibilità di un linguaggio politico sempre più elitario che esclude parte della popolazione dal dibattito. Se l’ormai celebre filosofeggiare di Elly Schlein ha già lasciato perplessa la popolazione italiana più volte, è proprio il burocratese con cui sono redatti i decreti legge e le comunicazioni ufficiali a rendere bizzarro il dibattito sui più comprensibili anglicismi.
Ad esempio, in una sentenza della Corte di Cassazione del novembre scorso si può leggere: “Il ricorrente deduce, con il primo motivo, inosservanza ed erronea applicazione degli artt.459, commi 1 e 1-bis, cod. proc. pen., 186, comma 9-bis, cod. strada e 57, comma 2, legge 24 novembre 1981, n.689. In particolare considerato che le pronunce che negano la sostituzione con lavoro di pubblica utilità di pena detentiva già convertita in pena pecuniaria riguardano ipotesi di pena concordata ai sensi dell’art.444 cod. proc. pen. o di pena irrogata all’esito di rito abbreviato, ritiene possibile accedere al lavoro sostitutivo qualora la pena sia irrogata con decreto penale, tanto più ove si osservi che la sostituzione della pena irrogata con il decreto penale è stata ammessa anche su richiesta del condannato…”
Elenchi di articoli, arcaicismi, giri infiniti di parole… Nonostante la necessità degli atti ufficiali di non poter essere equivocati, la lingua che si sceglie per scriverli viene ancora confezionata come un linguaggio oscuro ed elitario cui solo un gruppo ristretto di persone può avere accesso. Vista la tendenza, che piaccia o no alle istituzioni, in futuro saranno proprio gli anglicismi a risultare sempre più comprensibili per la popolazione, mentre il linguaggio burocratico diventerà sempre più inaccessibilie.
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