Segre di nuovo in pubblico dopo insulti e minacce: “Come in marcia della morte, non mi fermo”

"Una gamba davanti all'altra", è questa la frase che Liliana Segre si ripete nei momenti di difficoltà, quando tutto sembra perduto. Come nei campi di concentramento, dove se non riuscivi a camminare venivi ucciso, allo stesso modo la senatrice a vita affronta le avversità del suo presente, ultimamente costellato da un'ondata di odio nei suoi confronti

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Nel giorno in cui la memoria della Shoah e del genocidio degli ebrei diventa il fulcro centrale di ogni discussione, Liliana Segre ha deciso di apparire in pubblico, dopo giornate difficili e stanchezza emotiva. Gli insulti ricevuti sui social, a seguito dell’uscita nelle sale del film dedicato alla sua vita, hanno provato duramente l’animo della sopravvissuta ai campi di concentramento, che si è trovata a far fronte ad una ondata di odio mai ricevuta prima.

Nonostante il rammarico e la preoccupazione, Segre ha deciso di prendere parte alla commemorazione, organizzata presso la Corte Costituzionale, del giudice della Consulta Edoardo Volterra, perseguitato dalle leggi razziali. “Avevo otto anni ma ricordo benissimo le persone che venivano espulse“, ha dichiarato Segre, sottolineando che Volterra “è stato un vero protagonista del ‘Secolo breve’, cacciato dall’Università dopo le leggi del 1938“. Il giudice, però, ha sempre combattuto duramente per la sua libertà, tanto da ribattere al “Manifesto della razza” che gli ebrei erano in realtà cittadini perfettamente integrati nella società.

Proprio in nome di questo personaggio fondamentale, la senatrice a vita ha deciso di farsi forza e tornare in pubblico, dando l’ennesima prova di coraggio. Nel corso del suo intervento, però, Liliana Segre non ha potuto fare a meno che citare l’ultimo episodio di odio che l’ha vista protagonista, chiarendo che, anche nel corso della terza età, continua a combattere contro chi vuole farla sentire in difetto e soprattutto privarla della libertà.

Segre: “Sono la stessa Liliana di 80 anni fa

La senatrice a vita, per chiarire lo stato d’animo con cui ha affrontato l’ondata di insulti a lei rivolti, ha deciso di raccontare un terribile ricordo del periodo passato nei campi di concentramento. Secondo Segre, infatti, la sua capacità di affrontare ogni situazione a testa alta e con una volontà che sembra instancabile, deriva da un trauma terrificante vissuto durante la sua travagliata infanzia. “Si chiamava ‘marcia della morte’ perché chi non ce la faceva veniva ucciso“, ha spiegato la senatrice, facendo riferimento all’abitudine delle guardie naziste di far camminare i deportati fino alla sfinimento.

Io ero così abituata a quella visione che non mi voltavo, mettevo una gamba davanti all’atra e andavo avanti. Volevo vivere“, ha spiegato Segre, chiarendo che ad oggi il suo spirito e la sua voglia di vivere è lo stesso di allora. “Sono passati 80 anni, ma sono sempre quella Liliana d’allora, con una gamba davanti all’altra“, ha continuato la senatrice, sottolineando di rassicurare suo figlio sempre con questo stesso motto: “Quando mio figlio mi dice ‘sei depressa’ rispondo sempre ‘una  gamba davanti all’altra’“.

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