Matteo Salvini potrebbe aver già messo da parte i progetti per il Ponte sullo Stretto, una delle bandiere del suo partito e del ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture a guida leghista. Il motivo? L’assoluzione nel processo Open Arms. La sentenza che ha visto trionfare il leader del Carroccio, difeso dalla fedelissima Giulia Buongiorno, ha infatti aperto un nuovo orizzonte, che il ministro è deciso a perseguire con una certa tenacia. Il Viminale, ora, non è più un sogno irraggiungibile per Matteo Salvini, libero da ogni grana giudiziaria e pronto a dar filo da torcere all’alleata Giorgia Meloni.
L’ipotesi di un rimpasto, unica modalità per permettere a Salvini di tornare a coprire il ruolo di ministro dell’Interno, potrebbe infatti mettere in seria difficoltà l’esecutivo. Dopo gli avvicendamenti che hanno visto Tommaso Foti succedere a Raffaele Fitto nel ministero degli Affari europei e Alessandro Giuli prendere il posto di Gennaro Sangiuliano a quello della Cultura, il governo Meloni potrebbe andare incontro ad una prima vera crisi. Lo confermano le voci della maggioranza che hanno deciso di commentare, quasi immediatamente, lo strappo del leader leghista, negando in ogni modo la possibilità di un rimpasto riguardante sia il Viminale che il Mit.
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Le possibile modifiche all’esecutivo Meloni
In fin dei conti, l’esecutivo Meloni affronterà nel corso del 2025 tre cambiamenti importanti, dovuti in parte alle conseguenze dell’elezione di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo della Commissione Ue. Il suo allontanamento da Roma ha infatti provocato un mini rimpasto che ha lasciato ancora vacante il ruolo di viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, dopo l’elezione di Galeazzo Bignami a capogruppo di FdI alla Camera.
Restano poi da sostituire sia la sottosegretaria all’Università, Augusta Montaruli, sia il sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi. Non è da trascurare, inoltre, l’ignoto rappresentato dal futuro del ministro del Turismo, Daniela Santanchè, indagata nel caso Visibilia e in quello Ki Group. In questo quadro piuttosto complesso, quindi, si inseriscono le nuove mire del ministro Salvini, consapevole che un ritorno al Viminale potrebbe dare il giusto scossone ai consensi della Lega, ormai troppo spesso superata nei sondaggi da Forza Italia di Antonio Tajani.
Proprio il ministro degli Esteri, però, potrebbe sfruttare la situazione per smarcarsi ulteriormente dalla maggioranza di governo. Dopo gli strappi sullo Ius Scholae e sull’Autonomia differenziata, infatti, il vicepremier azzurro potrebbe giovare delle mire salviniane, iniziando a chiedere maggiore centralità per i membri del suo partito all’interno della coalizione. Così, Giorgia Meloni si ritroverebbe al centro della disputa di due alleati che puntano entrambi al ruolo di Presidente del Consiglio.
Il premier ha quindi cercato di porre fine immediatamente al vociferare sul futuro del leader della Lega. “Oggi sia io che Matteo Salvini siamo contenti del lavoro del nostro ottimo ministro dell’Interno“, ha sentenziato il capo del Governo, gelando ogni mira del suo vicepremier, a poche ore dal suo primo strappo. Meloni si trovava a nella Lapponia finlandese per partecipare al vertice Nord-Sud, eppure i chilometri di distanza non le hanno impedito di mandare un messaggio chiaro e diretto al ministro dei Trasporti.
Da quel momento sono stati numerosi gli esponenti della maggioranza che hanno negato in ogni modo la volontà del governo di procedere ad un rimpasto, sottolineando tutti quanti come la stabilità dell’esecutivo sia l’obiettivo primario da perseguire e soprattutto da proteggere. Dopo il forzista Maurizio Gasparri e il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, oggi è stato il turno di Antonio Tajani che, in una intervista al Fatto quotidiano, ha minimizzato in maniera consistente i tentativi di rivalsa del suo alleato di governo.
Lo stop di Tajani alla corsa di Salvini
“Non c’è bisogno di nessun rimpasto; di solito si fa quando le cose non funzionano e questo governo invece sta facendo benissimo, sta lavorando alla grande“. Antonio Tajani non ha alcun dubbio sul futuro del governo e nemmeno su quello di Matteo Salvini, il cui posto rimarrà, almeno secondo le sue parole, a capo del Mit. Il ministro degli Esteri si è infatti allineato alle parole del Presidente del Consiglio, ricordando il buon lavoro portato avanti dall’attuale ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e lanciando una frecciatina piuttosto dolorosa nei confronti del leader della Lega.
“Salvini mi pare abbia un altro lavoro…“, ha infatti sibilato il leader azzurro che, incalzato dal giornalista de Il Fatto, ha poi affondato: “Salvini si dovrà occupare di iniziare a costruire il Ponte sullo Stretto. Già questo mi sembra un compito parecchio impegnativo e sarebbe già molto importante“. In sostanza, Salvini si deve accontentare e deve pagare lo scotto dell’inchiesta a suo carico, seppur ora assolto, continuando a svolgere i compiti a lui affidati da Palazzo Chigi.
In ogni caso, Tajani uscirebbe vittorioso da questa situazione. Nel caso in cui Salvini rimanesse al Mit, i consensi di FI e Lega non cambierebbero in maniera eccessivamente consistente, anche se l’assoluzione del leader del Carroccio potrebbe portare qualche voto in più al suo partito. Se, invece, Salvini dovesse riuscire a tornare a coprire il ruolo di titolare del Viminale, allora Tajani potrebbe spingere di più, per ottenere ruoli più centrali o maggiori concessioni sul tema delle Regioni.
La sconfitta principale, però, riguarderebbe il Presidente del Consiglio, ostacolata dai suoi stessi alleati di governo. Se Salvini apre alla possibilità di poter trattare con lei e Piantedosi sul Viminale, Tajani continua a criticare i lavori sull’Autonomia, chiedendo più tempo e più certezze. Al momento, però, è proprio il leader forzista a condividere le visioni del premier, mentre Salvini continua ad alimentare un focolaio di speculazioni e possibili fratture.
I continui rimandi alla possibilità di un ritorno come ministro dell’Interno, le aperture e poi le improvvise chiusure per evitare di tirare troppo la corda, starebbero portando al risultato probabilmente auspicato da Salvini. La maggioranza sta dimostrando di temere un possibile rimpasto e soprattutto un ruolo di primo piano per il leader leghista, già vicepremier e titolare di un ministero. Così tutti discutono di Salvini, anche se non troppo positivamente, ma, in fin dei conti, ciò che conta è che se ne parli.
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