Le Olimpiadi di Parigi 2024 continua a destare critiche e preoccupazioni nelle opinioni pubbliche dei Paesi partecipanti. Prima una cerimonia di apertura che non è stata compresa e giudicata troppo “woke” per essere trasmessa in mondo visione, poi le critiche agli arbitri, che sembrerebbe poco imparziali nelle loro scelte. In ultimo, ma non per importanza le critiche ai criteri che permetterebbero ad atleti transgender di partecipare alle competizioni. In Italia, la questione è venuta alla luce con la scoperta che la pugile Angela Carini salirà domani sul ring contro Imane Khelif, pugile algerina colpevole di aver intrapreso una transizione di genere.
Il timore è che l’algerina sia avvantaggiata sul ring dalla sua composizione fisica, nonostante abbia passato i test a cui è stata sottoposta dal Cio e nonostante rientri nella stessa categoria di peso dell’italiana. Per primo è insorto il leader leghista Matteo Salvini che sui suoi profili social ha pubblicato un post sulla vicenda: “Pugile trans dell’Algeria, bandito dai mondiali di boxe, può partecipare alle Olimpiadi e affronterà la nostra Angela Carini. Un’atleta messicana che l’aveva affrontata ha dichiarato che ‘i suoi colpi mi hanno fatto molto male, non credo di essermi mai sentita così nei miei 13 anni da pugile, nemmeno combattendo contro sparring partner uomini‘”.
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Della stessa opinion anche la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Roccella che ha dichiarato di essere “preoccupata” che “durante i giochi Olimpici a Parigi, in gare di pugilato femminile siano state ammesse due persone transgender, uomini che si identificano come donne, e che, in competizioni recenti, erano state invece escluse“.
Roccella: “Devono essere individuati requisiti di ammissioni rigorosi“
Le critiche della ministra Roccella fanno riferimento al fatto che le due atlete transgender fossero state esclude dai mondiali di pugilati poiché non avrebbero rispettato i criteri per parteciparvi, mentre alle Olimpiadi quegli stessi criteri risultavano rispettati. Una sorta di imparzialità che avrebbe fatto storcere il naso a Roccella, che ha voluto sottolineare: “Le competizioni sportive vedono da sempre separati gli atleti dalle atlete, in base ad un elementare criterio di equità nella competizione, oltre che di pari opportunità. Un criterio universalmente riconosciuto, che ha portato a individuare, all’interno di ogni sport, specifiche categorie proprio per consentire un confronto fra pari“.
La ministra ha proseguito il suo discorso con un’appello autorità competenti affinché vengano individuati dei criteri uguali da utilizzare in tutte le competizioni, affinché “i requisiti di ammissione siano rigorosi, certi e univoci, per una gara che sia onesta e bilanciata“. Roccella, in particolare, ha fatto riferimento al tipo di sport in cui le due atlete competono: “A maggior ragione quando si tratti di sport che implicano un corpo a corpo fra atleti, un confronto fisico diretto che potrebbe mettere in pericolo e danneggiare la persona con la struttura fisica meno potente“.
I criteri di ammissioni utilizzati alle Olimpiadi di Parigi
Le due atlete in competizione a Parigi furono escluse dai mondiali di pugilato, secondo quanto rilevato dalla IBA (International Boxing Association), che spiegò che entrambe le pugili “avevano cromosomi XY e per questo erano state estromesse dagli eventi sportivi così da garantire l’integrità e l’equità della competizione“. Lo stesso criterio di esclusione non è stato utilizzato alle Olimpiadi di Parigi, gestiste non dalla IBA ma dal Cio, che ha iniziato ad occuparsi di questa specifica questione a partire dal 2003.
In quell’anno la sua commissione medica aveva decretato che gli unici atleti transgender a poter partecipare alle competizioni erano coloro che avessero compiuto un intervento di ricostruzione genitale, il cui cambio di genere fosse riconosciuto legalmente e che fossero continuativamente in terapia ormonale. Queste richieste sembrarono però troppo stringenti e il Cio ricevette numerose critiche, per cui nel 2015 le linee guida furono modificate, permettendo la partecipazione a coloro che presentassero un livello di testosterone inferiore a 5 nanomoli per litro nei dodici mesi precedenti alla competizione.
A seguito di ulteriori critiche, legate alla pratica della “verifica del sesso“, ritenuta invasiva e umiliante, il Cio ha aggiornato nuovamente le sue linee guida tra il 2021 e il 2022, demandando decisioni precise alle singole organizzazioni sportive e sottolineando che dovessero essere presenti “principi di tutela, non discriminazione, equità, non presunzione di vantaggio, approccio basato sui fatti“.
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