Il Pd di Elly Schlein potrebbe aver mostrato pubblicamente la sua prima e tragica frattura. Il voto sul piano di riarmo europeo proposto da Ursula Von der Leyen ha creato una spaccatura significativa all’interno del partito, portando la delegazione democratica a Strasburgo a votare separatamente. Undici eurodeputati hanno deciso di astenersi, gli altri dieci hanno invece deciso di votare a favore.
Una spaccatura che porta il partito a indebolirsi agli occhi degli elettori e che ha permesso al Movimento 5 Stelle di annunciare con una certa soddisfazione di aver votato contro la proposta “in modo granitico e compatto“. Ora resta da capire in che modo questa spaccatura si rifletterà sulla leadership di Schlein e sulla tenuta del partito. Alla Camera e al Senato, più di qualche deputato democratico ha chiesto che il Pd apra una discussione, al fine di chiarire una volta per tutte qual è il posizionamento del partito in politica estera.
Il voto sul riarmo ha quindi portato alla luce un’enorme differenza tra il partito democratico e la coalizione di maggioranza. I tre partiti principali di centrodestra hanno votato diversamente l’uno dall’altro sulla risoluzione a difesa dell’Ucraina. FdI ha deciso di astenersi, per evitare ripercussioni sul rapporto con Trump, Forza Italia ha votato a favore e Lega ha votato contro. Messi con le spalle al muro, però, i tre partiti hanno difeso l’unitarietà della loro coalizione, chiarendo che nel prossimo futuro sarà possibile trovare una sintesi anche su questo argomento.
Le varie posizioni del Pd sul tema del riarmo europeo
La spaccatura del Pd ha visto per la prima volta il presidente del partito e leader della minoranza interna, Stefano Bonaccini, infrangere per la prima volta il rapporto di coesione e fiducia con la segretaria. La posizione inizialmente contraria degli 11 eurodeputati che si sono astenuti è stata smussata dalla segretaria, con l’obiettivo di non prendere una decisione che potesse risultare eccessivamente dura rispetto alle posizioni del gruppo dei socialisti europei.
Bonaccini, invece, ha deciso di rompere le righe, seguito da Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli e Raffaele Topo. Durissima nei confronti del comportamento di Schlein la deputata dem Lia Qartapelle, che ha ricordato che “un partito non può astenersi, deve dire dove sta, con chi sta, svolgere un ruolo di leadership“.
Sulla questione, però, la segretaria del Pd non ha ammesso alcun tipo di giudizio: “Si è votata una risoluzione con molti punti che condividiamo, ma che dava appoggio al piano proposto da Von der Leyen“, che secondo Schlein non contribuisce alla difesa comune ma rischia di ritardarla. La leader dem ha quindi chiarito che il piano deve essere modificato e che su questo tema il Pd non cambierà posizione. Il capodelegazione del Pd a Strasburgo, Nicola Zingaretti, ha poi tentato di minimizzare quanto accaduto, riconoscendo le diverse posizioni adottate dagli eurodeputati, ma ricordando che “nessuno ha votato contro la risoluzione“.
Il Pd verso il congresso?
Intanto, negli ambienti del partito inizia ad aleggiare la possibilità di procedere con un congresso dei democratici che apra una discussione sul posizionamento internazionale del partito, ancora incerto ma sempre più necessario a definire l’identità e la credibilità del partito. Sembrerebbe, però, che il partito fatichi a trovare una soluzione unica anche su questo tema. Nei giorni scorsi, l’ex senatore Luigi Zanda ne ha chiesto uno straordinario, mentre l’ex ministro Andrea Orlando ne ha invocato semmai uno tematico.
Nonostante le incertezze sul come e il quando, il partito sembra comunque consapevole della necessità di trovare una linea maestra, condivisa da tutti e che rafforzi l’unità e i consensi del partito. Ad indebolire la posizione di Schlein, però, pesano anche i giudizi degli ex premier Paolo Gentiloni e Romano Prodi, che si sono schierati a favore della risoluzione, parlando di un “primo passo” nei confronti della costruzione di un’efficiente difesa europea. Dura anche la vicepresidente dell’Europarlamento, Pina Picierno, nei confronti di Schlein: “L’atteggiamento di chiusura del gruppo dirigente porta a divisioni e spaccature“.
Il voto a Strasburgo ha comunque portato al via libera alle risoluzioni. Ora l’Italia tutta e lo stesso Pd dovranno capire qual è la loro posizione in merito al riarmo, alla guerra e al sostegno all’Ucraina. Mentre il Presidente del Consiglio riflette sul possibile invio di soldati italiani a Kiev, la segretaria del Pd deve capire in che modo compattare il suo partito e potenzialmente la sua coalizione. In un momento complesso come quello attuale, in cui ogni decisione viene assunta con una certa velocità, le due leader italiane faticano a gestire i tempi e preferiscono adottare un iniziale immobilismo, per evitare di compiere strappi e soprattutto errori di valutazione.
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