Matteo Renzi alza il toni mentre riflette sulle ultime vicissitudini politiche e giudiziarie che stringono l’Italia in una morsa, interessando in parte i cittadini e divenendo un pretesto per farsi la guerra tra maggioranza e opposizione. “L’Italia di Meloni assomiglia a una Repubblica delle banane“, ha spiegato il leader di Italia Viva in una intervista a La Repubblica, chiarendo di non voler esagerare, ma di aver deciso di utilizzare queste espressioni per “sue ragioni“.
Il caso Almasri, la mancata firma contro le sanzioni di Trump alla Cpi, l’esposto del Dis sul procuratore Lo Voi e, infine, il caso Paragon sembrano essere un’insieme di assurde coincidenze che potrebbero mettere in difficoltà le istituzioni italiane. “Temo la maionese impazzita“, ha infatti dichiarato l’ex sindaco di Firenze, sottolineando che le “sorelle d’Italia” starebbero governando l’Italia come se fosse una sezione di FdI, non dando quindi il giusto rispetto ai ruoli che svolgono.
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Così, tra quelli che si sono verificati nelle ultime settimane, è proprio il caso Paragon che turba maggiormente l’ex volto del Terzo Polo. “Il governo deve chiarire“, ha ribadito Matteo Renzi, sostenendo che quanto accaduto sarebbe “peggio delle spie della Ddr“, perché hanno avuto accesso ai telefonini di giornalisti e politici.
Renzi: “Meloni venga in Aula sul caso Paragon, basta fughe”
Matteo Renzi vuole quindi comprendere chi siano gli individui che si trovano dietro al presunto caso di spionaggio ai danni di giornalisti e politici. “Tra tutte le vicende questa mi pare la più preoccupante“, ha infatti sostenuto il leader di Iv, chiarendo che, anche se l’accesso fosse partito dalle Procure, è necessario comprendere chi abbia fornito quel trojan alla specifica Procura. “La polizia, i carabinieri, la Finanza o la penitenziaria?“, si chiede l’ex premier, ribadendo che questa non è una vicenda che si può concludere “a tarallucci e vino“.
L’ex volto del Terzo Polo ha poi sostenuto come il governo Meloni abbia sostanzialmente creato un clima di “guerriglia interna“, dando inizio ad una sorta di “caccia all’uomo” all’interno dei servizi e “infettando” le agenzie di sicurezza con la concezione privatistica delle istituzioni. Quindi, l’unico modo per uscire realmente da questa situazione è che il premier Meloni decida di rispondere alla chiamata delle opposizioni e venga quindi in Parlamento.
In questo quadro, poi, si inserisce anche il caso dell’esposto del Dis nei confronti del procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, accusato di aver “diffuso carte riservate“. Anche su questo caso, Renzi ha opinioni piuttosto forti, in quanto ritiene che una situazione del genere non si sia mai verificata prima. L’ex premier ha infatti sottolineato che i servizi e le procure dovrebbero “collaborare e non denunciarsi“, per poi aggiungere che secondo il suo punto di vista dietro a tale questione c’è “la mano di mantovano” che “vuole regolare i conti con Lo Voi“.
Il leader di Iv ha poi deciso di lanciare un duro attacco nei confronti dell’esecutivo attuale, sottolineando che “nei Paesi civili” i servizi segreti e i giudici collaborano, mentre “nella Repubblica delle banane si fanno la guerra“.
Renzi: “Meloni è una influencer, non una statista”
L’ex sindaco di Firenze è poi tornato sul caso Almasri, sottolineando come la questione sia stata gestita nel modo meno adatto dal governo. “Se c’è un interesse nazionale la premier deve dirlo in Aula o mettere il segreto di Stato“, ha ribadito Renzi, ricordando come Meloni abbia invece deciso di agire da “influencer” e non da statista, perché non ha voluto “sporcare la sua immagine“.
Renzi ha però voluto mandare un monito al premier, citando il caso Chiara Ferragni, e quindi sostenendo che “per tutti gli influencer c’è un pandoro che prima o poi fa svanire l’incantesimo“. Secondo Renzi, poi, le informative tenute dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, non sono state sufficienti, perché il primo “ha negato che Almasri sia legato all’immigrazione” e il secondo si è invece affidato “al latinorum dei cavilli“.
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