Immaginate l’Italia come il cuore di una nuova rivoluzione energetica, dove piccole centrali nucleari avanzate potrebbero non solo risolvere il problema dei costi energetici, ma anche contribuire a decarbonizzare il Paese e a rafforzare la competitività delle sue imprese. Sembrerebbe un’idea futuristica, eppure il ritorno del nucleare, con nuove tecnologie più sicure e sostenibili, è più vicino di quanto si pensi. Tra poche settimane, il governo italiano porterà in Parlamento la legge delega che potrebbe aprire la strada alla produzione di energia attraverso mini-reattori nucleari. Un passo che potrebbe segnare l’inizio di una nuova era per il nostro sistema energetico e trasformare il Paese in un laboratorio d’innovazione tecnologica.
La bozza presentata da Pichetto
Entro la prima metà di dicembre 2024, infatti, il ministro per la Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, presenterà la bozza finale della legge delega, destinata a regolare la ricerca e la realizzazione di impianti nucleari avanzati. Il testo dovrà essere esaminato dal Parlamento a gennaio, ma la discussione politica e industriale è già accesa. La novità fondamentale rispetto al passato è che non si tratta di un ritorno ai vecchi impianti nucleari di grandi dimensioni, ma di un salto tecnologico verso i piccoli reattori modulari (SMR), concepiti per essere più sicuri, flessibili e meno impattanti sul territorio.
Fino a oggi, l’Italia ha sviluppato alcune delle competenze nucleari più avanzate d’Europa, ma, a causa delle normative restrittive, è stata costretta a trasferire la sperimentazione di prototipi in altri Paesi, come la Francia. Con la nuova legge, invece, sarà possibile realizzare sul territorio nazionale le prime strutture di ricerca e prototipi operativi, aprendo a un’ulteriore accelerazione tecnologica e alla nascita di un’intera filiera industriale.
L’impatto di questa svolta potrebbe essere straordinario. A inizio ottobre, il presidente di Edison, Nicola Monti, ha dichiarato che l’azienda è pronta a investire 4 miliardi di euro per la costruzione di due piccoli reattori nucleari da 340 megawatt, in caso di via libera dal Parlamento. Edison, parte del gruppo francese EDF, ha anche stimato che la realizzazione di una ventina di impianti SMR fino al 2050 potrebbe generare un impatto economico di 50 miliardi di euro, con 117.000 posti di lavoro diretti. Ma Edison non è l’unica a puntare sul nucleare: anche Enel, attraverso l’amministratore delegato Flavio Cattaneo, ha annunciato la creazione di una nuova società dedicata alla ricerca sugli SMR, con il supporto di partner come Ansaldo Nucleare e Leonardo. In parallelo, Newcleo, un’impresa torinese specializzata in reattori nucleari avanzati, sta sviluppando un progetto con l’ENEA per il primo simulatore di un reattore a piombo liquido, una tecnologia promettente che potrebbe rivoluzionare il settore.
L’Italia sta quindi preparando il terreno per una vera e propria “rivoluzione nucleare“, che non solo risponde alla crescente domanda di energia a basse emissioni, ma che potrebbe anche trasformarsi in un volano per l’occupazione e l’innovazione. La transizione energetica è una delle sfide più urgenti dei nostri tempi, e il nucleare sostenibile è visto da molti come una soluzione in grado di risolvere il dilemma tra la necessità di ridurre le emissioni e l’urgenza di mantenere l’approvvigionamento energetico stabile e competitivo.
Il PNEC: di cosa si tratta
Il Piano Nazionale Energia e Clima (PNEC), inviato a Bruxelles, prevede che, entro il 2050, l’energia nucleare, seppur con un ruolo minore rispetto alle rinnovabili, possa fornire fino all’11% del fabbisogno nazionale di elettricità, con proiezioni che arrivano fino al 22% se si includono le tecnologie emergenti come la fusione nucleare, su cui Eni sta collaborando con il MIT. Il ritorno del nucleare potrebbe quindi essere un pilastro fondamentale per l’indipendenza energetica dell’Italia, riducendo la nostra dipendenza da fonti fossili e abbattendo i costi per le imprese.
Ma non è solo una questione economica. La legge delega non entrerà in conflitto con i referendum del 1987 e del 2011, che avevano portato al blocco del nucleare tradizionale, perché si concentra su tecnologie che all’epoca non erano ancora disponibili, come gli SMR e altri reattori avanzati. A differenza degli impianti nucleari di grande dimensione, i nuovi reattori modulari sono progettati per essere più sicuri e meno impattanti per l’ambiente, rispondendo così alle preoccupazioni sollevate dai cittadini in passato.
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