Nel giorno in cui i primi 16 migranti hanno messo piede nei centri di accoglienza italiani in territorio albanese, l’Unione europea sembra sempre più attenta alle conseguenze e ai possibili successi di questo esperimento. L’immigrazione illegale e la tratta degli esseri umani sono ormai argomenti che interessano l’intera comunità europea e non più solo i Paesi di primo approdo e l’Ue è consapevole che ad oggi questi sono argomenti che possono dividere e indirizzare l’elettorato.
Così l’iniziativa italiana, costata quasi un miliardo di euro, continua a tenere acceso l’interesse europeo nella consapevolezza che il modello italiano potrebbe essere un esempio da seguire per il resto dei Paesi membri. Già nelle scorse settimane, quando i centri non erano ancora stati attivati formalmente, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il primo ministro britannico Keir Starmer avevano incontrato ufficialmente Giorgia Meloni proprio per discutere delle possibilità che la costruzione di hub per migranti al di fuori dell’Italia potrebbe garantire.
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Così, oggi, con i due centri a Shengjin e Gjiader in funzione, l’Ue continua ad osservare, consapevole che qualsiasi piccolo errore potrebbe mandare in frantumi il lavoro così come le speranze del premier Meloni. Le opposizioni italiane, così come la Corte europea, sono particolarmente preoccupate per le possibili violazioni dei diritti umani che potrebbero verificarsi in Albania. Lo scorso 4 ottobre, la Corte ha infatti sostenuto che al momento i due centri possono ospitare solamente migranti uomini, non vulnerabili e provenienti da Paesi sicuri. Una restrizione non indifferente che si aggiunge a quella già giunta dall’Albania, che ha sottolineato che i due centri al momento possono ospitare solamente 3mila migranti l’anno.
Il modello Albania potrebbe convincere la sinistra europea
In Italia, quindi, il centrosinistra continua a temere che l’apertura dei due centri per migranti in Albania possa favorire la nascita di situazioni disumane, in cui il rispetto dei diritti umani resta un vecchio ricordo e migliaia di vita in cerca di salvezza sono costrette a fermarsi in una sorta di bolla, lontana dal Paese che avrebbero voluto raggiungere e più vicina alle situazioni da cui sarebbero fuggiti. Così continuano ad essere chieste interrogazioni parlamentari, per chiarire quali siano i reali piani del governo Meloni e se c’è realmente l’interesse di salvaguardare le vite di questi migranti.
In Europa, invece, anche la sinistra guarda con una certa curiosità ai centri per migranti extra-europei. La tratta di esseri umani e i pericoli che l’immigrazione illegale porta con sé sono infatti problematiche attuali e non più trascurabili, anche in considerazione delle migliaia di morti che il Mar mediterraneo ospita. Secondo le dichiarazioni del governo italiano, infatti, i due centri in territorio albanese potrebbero trasformarsi in un deterrente per l’immigrazione, poiché renderebbe consapevoli i migranti che prima di approdare in Italia saranno costretti a soggiornare in un territorio extra-europeo.
Inoltre, per quanto riguarda le preoccupazioni sul rispetto dei diritti umani, Giorgia Meloni avrebbe ribadito che la gestione dei centri è del tutto italiana e perciò verrà eseguita secondo le direttive e la legislatura italiana. In questo senso, quindi, sembrerebbe impossibile che non vi sia il rispetto della vita umana. In qualche caso però continuano a sorgere dubbi, soprattutto se si considerano le condizioni di alcuni Cpr in Italia, dove le proteste spesso e volentieri imperversano. In questo senso, però, resta da comprendere l’affluenza che interesserà questi centri, che secondo le parole di Meloni avrebbero una capienza di 45mila migranti.
La svolta Ue per velocizzare i rimpatri dei migranti
L’Italia, quindi, sta tentando di rispondere al problema migratorio con un’iniziativa totalmente nuova che potrebbe rivelarsi un grande successo oppure un fragoroso fallimento. Nell’Unione europea, invece, diversi Paesi starebbero ragionando sulla possibilità di velocizzare i procedimenti per i rimpatri anche attraverso la modifica della direttiva europea. Infatti la scorsa settimana Olanda e Austria hanno presentato un non paper sull’argomento che ha raccolto il favore di 14 Paesi Ue, tra cui Germania, Francia e Italia.
Il nostro Paese, invece, starebbe lavorando ad un summit a cui prenderanno parte i leader di Olanda e Danimarca per discutere e coordinare le posizioni in vista del vertice. Il pericolo, infatti, è che i Paesi dell’Unione europea non riescano a trovare una quadra, riducendo la discussione ad un semplice confronto, visto che ogni tipo di modifica alla direttiva richiede il voto unanime dei Paesi dell’Ue.
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