Mes, Salvini tiene in ostaggio il Governo

La mancata ratifica del Mes ha dimostrato la capacità di Matteo Salvini di mettere all'angolo il ministro Giorgetti e di farsi strada verso le elezioni europee a discapito di Meloni, che ora si trova in una posizione più che scomoda

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La mancata ratifica del Mes è la vittoria di fine anno della Lega. Salvini è raggiante perché ha finalmente ottenuto la prima vittoria su Giorgia Meloni dopo un anno di governo. Il ministro delle Infrastrutture lascia Palazzo Madama soddisfatto, accompagnato da Claudio Borghi, il vero fautore del “no” al fondo “salva banche, ma poco dopo esce anche il ministro del Mef, Giancarlo Giorgetti che si lancia in un accorato soliloquio contro la decisione della Lega.

Da ministro avrei approvato il Mes, ma non mi sembrava fosse aria…“, una dichiarazione che conferma le profonde crepe presenti all’interno della maggioranza e che evidenzia il ruolo marginale del ministro rispetto alle volontà del segretario del partito. “Il segretario sono io” avrebbe infatti detto Salvini a Giorgetti, secondo fonti interne al partito, dopo che il ministro dell’Economia avrebbe spiegato le motivazioni per cui il Mes sarebbe potuto essere utile al nostro Paese.

Giancarlo Giorgetti
Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia e delle Finanze

Una sentenza, quella di Giorgetti, che boccia la decisione della maggioranza ma che non rende felice neanche l’opposizione, che ora chiede a gran voce le dimissioni del ministro dell’Economia e delle Finanze. “Deciderò io“, tuona però Giorgetti che non sembra intenzionato a lasciare la sua carica, anche se preoccupato per i risvolti che tale decisione avrà sull’Europa.

Giorgetti messo all’angolo da Salvini

Giorgetti si dimetta per dignità” chiede il democratico Matteo Ricci, dopo i commenti poco coerenti fatti dal Ministro del Mef a seguito della mancata ratifica del Mes da parte della sua maggioranza.

Il commento che poco è piaciuto è stato pronunciato da Giorgetti fuori Palazzo Madama, a conclusione del voto di fiducia alla Manovra. “Il ministro dell’Economia aveva interesse che il Mes fosse approvato -sì il ministro ha esordito parlando di sé in terza persona- per motivazioni di tipo economico-finanziario. Ma, per come si è sviluppato il dibattito, giurì d’onore e robe di questo tipo, mi è sembrato evidente che non c’era aria per l’approvazione, per motivazioni anche non soltanto economiche“.

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Matteo Salvini

Insomma, Giorgetti ha chiarito che dal suo punto di vista il Mes sarebbe potuto essere uno strumento utile al nostro Paese, ma che la sua ratifica aveva poco tempo per essere correttamente discussa e che è caduta in un periodo politicamente poco florido. La stoccata nei confronti della diatriba con Salvini non è passata inosservata e sembrerebbe essere stata inserita nel commento proprio per indicare come il tentativo del leader della Lega di metterlo all’angolo sia una delle motivazioni per la mancata ratifica.

Meloni e Salvini in competizione

Già dallo scorso martedì la Lega aveva manifestato l’intenzione di voler andare al voto, abbandonando i tentativi dilatori della maggioranza, e aveva confermato l’intenzione di votare contro la ratifica del Mes.

Poche ore dopo, nella giornata di mercoledì un comunicato del partito di Salvini, in cui si elogiavano i risultati ottenuti da Giorgetti sul Patto di stabilità, sembrava aprire la strada per un ripensamento e quindi per la possibilità di un voto favorevole alla ratifica. Le speranze sono però durate poco perché poco dopo Giorgia Meloni ha diffuso una nota di commento sul Patto, dicendosi insoddisfatta a causa di alcune richieste dell’Italia non accolte nella versione finale.

A questo punto Lega e premier sembravano su due fronti opposti, perlomeno per quanto riguarda la ratifica del Meccanismo europeo di stabilità. La mattina dopo all’incontro alla Camera tra i capigruppo di maggioranza della commissione di Bilancio si è presentato Alberto Bagnai, responsabile economico della Lega e uno degli esponenti di partito più euroscettici, che ha confermato la linea leghista: no al Mes.

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Giorgia Meloni e Matteo Salvini

Forza Italia ha cercato di mediare, proponendo un rinvio del voto a gennaio. Nulla è stato utile e la commissione Bilancio si è riunita per la votazione. La spaccatura della maggioranza è quindi divenuta palese, con Forza Italia astenuta, Lega convintamente contraria e Fratelli d’Italia costretto ad allinearsi con la decisione di Salvini. Una allineamento dovuto alle mire di Salvini sulla politica interna, con i tentativi costanti di mostrarsi il politico più sovranista all’interno del Governo, che hanno costretto Meloni ad una prova di forza.

Il Mes è la breccia di Salvini per le europee

L’allineamento di Giorgia Meloni alla posizione radicale di Salvini non può che porla in una situazione scomoda a livello europeo, proprio come previsto dal ministro delle Infrastrutture. Le sue posizione moderate, prese appunto per garantire un equilibrio a livello europeo, sono ormai state annullate dalla mancata ratifica del “Fondo salva Stati“.

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Giorgia Meloni

Stare nel governo Draghi e fare i moderati mentre Meloni ci attaccava dall’opposizione non ha pagato, ora tocca a Giorgia pagare le conseguenze delle contraddizioni“, così spiega un esponente leghista, sottolineando nuovamente il paradosso di una maggioranza che si sta cannibalizzando.

Nel frattempo Salvini festeggia la sua vittoria e si concentra sui prossimi passi che lo avvicineranno alle elezioni europee del prossimo giugno. Sono diversi i punti in cui Salvini punta ad allontanarsi dalla linea del governo e soprattutto dalla campagna che Giorgia Meloni porterà avanti.

Innanzitutto la Lega si distinguerà prorogando per tutto il 2024 le armi all’Ucraina, come dimostrazione al governo che i fondi impiegati su tale fronte sono sprecati, per poi spostarsi sul fronte migranti ed attaccare l’immobilismo europeo. Ma la manovra che più di tutte sarà utile al partito, secondo Salvini, sarà il cosiddetto patto anti-inciucio che vieterà alla premier di allearsi con i socialisti dopo le elezioni. Un accordo che Meloni non potrà accettare a causa del suo obiettivo di entrare in Commissione Ue.

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