Giorgia Meloni è pronta a muovere le pedine. Domani pomeriggio, a Palazzo Chigi, scatterà una riunione ad alta tensione con i ministri chiave del governo: obiettivo, valutare a tappeto gli effetti dei dazi USA sulle produzioni italiane e definire una strategia d’azione che potrebbe includere, tra le ipotesi, una missione diplomatica a Washington.
Al tavolo ci saranno i volti più rilevanti dell’esecutivo: Giancarlo Giorgetti (Economia), Adolfo Urso (Imprese), Francesco Lollobrigida (Agricoltura), Tommaso Foti (Affari europei) e i due vicepremier, Matteo Salvini e Antonio Tajani. Ma è il vertice ristretto post-riunione quello che potrebbe realmente delineare le contromosse italiane. In ballo ci sono misure a tutela dei settori più colpiti, possibili interventi sul bilancio e una trasferta americana su cui si muove, tra molte cautele, anche la diplomazia.
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L’appuntamento arriva in un clima già incandescente, complice l’ultima sortita leghista sul Viminale che ha irritato, e non poco, Fratelli d’Italia. Ma Meloni, nel suo videomessaggio al congresso della Lega, sorvola sui malumori interni e ribadisce: “Andremo avanti pancia a terra fino a fine legislatura, rispettando il programma punto per punto”. La tenuta della maggioranza è però monitorata, anche in vista di un eventuale piano B: si ragiona su un possibile election day nella primavera 2026, qualora le tensioni interne ed esterne rendessero necessari sacrifici impopolari.
Intanto, l’attenzione è tutta sui dazi statunitensi. La premier, parlando proprio alla platea leghista, assicura: “Il governo è pronto a mettere in campo tutti gli strumenti negoziali ed economici per sostenere le imprese penalizzate”. E attacca Bruxelles: “Chiedo con forza all’Europa di rivedere le normative ideologiche del Green Deal. Sono dazi interni che rischiano di sommarsi a quelli esterni”.
Washington nel mirino di Meloni
L’ipotesi di una visita negli Stati Uniti è concreta. Si valuta una finestra nella prima metà della settimana di Pasqua, prima dell’arrivo a Roma del vicepresidente americano JD Vance. Dalla Casa Bianca sarebbe arrivata un’apertura per un bilaterale con Donald Trump. Il condizionale è d’obbligo, perché nulla è ufficiale. Il governo italiano riflette, anche alla luce delle sensibilità europee: un incontro con Trump proprio mentre l’UE si appresta a varare le contromisure sui dazi (il 15 aprile) rischierebbe di esacerbare gli equilibri con Parigi, Berlino e Madrid.
L’eventuale ruolo di “pontiere” tra Washington e Bruxelles – su cui Meloni ha lavorato a lungo – resta una carta affascinante, ma anche rischiosa. E la prudenza regna sovrana. Tant’è che anche il vertice intergovernativo con la Turchia, previsto per il 16-17 aprile, non è ancora confermato.
Il pressing su Bruxelles e le mosse interne
In parallelo, ogni ministero coinvolto sta stilando un dossier dettagliato sui comparti più esposti ai dazi. L’indicazione di Palazzo Chigi è chiara: evitare allarmismi, niente letture generiche, ma risposte mirate. Tajani si collegherà da Lussemburgo dove, nelle prossime ore, incontrerà per la quarta volta in pochi giorni il commissario UE Maroš Šefčovič.
Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, invita alla calma: “Niente panico. Serve dialogo con gli Stati Uniti. Ma è l’Europa intera che deve negoziare, anche sulle Big Tech e sull’energia”.
Martedì, a Palazzo Chigi, si terrà un incontro con le associazioni imprenditoriali. Al centro, lo spostamento di risorse dal Piano Transizione 5.0 ai contratti di sviluppo. È in corso una ricognizione delle disponibilità residue in bilancio. Cruciale, in questo senso, sarà il pressing sul Patto di stabilità: il ministro Giorgetti punta a ottenere una sospensione o un allentamento dei vincoli UE, per avere margini di spesa senza manovre correttive.
Meloni sa che la partita è complicata. Ma anche che, a due anni e mezzo dall’inizio del suo mandato, può ancora contare – a suo dire – “sul consenso della maggioranza degli italiani”. L’offensiva diplomatica è appena iniziata, ma le scelte delle prossime settimane diranno molto sul futuro del governo e sulle sue ambizioni globali.
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