Gli ultimi giorni di Matteo Salvini e Antonio Tajani sono stati costellati da botta e risposta in differita che hanno preoccupato i fedelissimi della maggioranza e dato molto su cui discutere alle opposizioni. Tra “sfiducie” reciproche e balzi in avanti con telefonate ai funzionari di Stato esteri, il leader della Lega sembra pronto ad avvicinarsi al Congresso del suo partito, sempre più agguerrito. Intanto, da FdI tutto tace, se non fosse per qualche dichiarazione da parte di ministri o parlamentari.
Giorgia Meloni, invece, sceglie la via del silenzio, mentre continua a riflettere su quale possa essere la via migliore da far seguire al Paese. Il colloquio della “coalizione dei volenterosi“, ovvero dei Paesi intenzionati a inviare truppe in Ucraina nel post guerra, si avvicina. Il prossimo giovedì, questi paesi si riuniranno a Parigi e il Presidente del Consiglio è intenzionata a prendervi parte, per ribadire la necessità di dare avvio ad una missione sotto il controllo dell’Onu.
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In vista di questo appuntamento fondamentale e anche tenendo in considerazione i prossimi appuntamenti in Ue per trattare di dazi e riarmo, il premier avrebbe chiesto ai suoi alleati di seppellire l’ascia di guerra e di ricostituire un fronte duro e compatto, che non lasci al centrosinistra la possibilità di attaccare. Una strigliata soprattutto nei confronti del volto del Carroccio che, dopo giorni di grida contrarie al piano Von der Leyen, ha comunque deciso di votare allineato con gli altri partiti del centrodestra sulla risoluzione di maggioranza presentata dal Presidente del Consiglio.
Salvini rassicura: “Con Tajani rapporti splendidi”
E così un coro unanime si alza dal centrodestra per negare i dissidi sulla politica estera e buttare acqua sul fuoco per evitare il botta e risposta quotidiano su temi come l’Ucraina e il piano di riarmo europeo. Matteo Salvini inizia traducendo le parole di Antonio Tajani in merito alla volontà del vicepremier forzista di creare un “partito serio e non superficiale e non fatto di quaquaraquà”, assicurando che fosse rivolto alle opposizioni e specificando di avere “un rapporto splendido” con il Ministro degli Esteri.
Anche la Ministra del Turismo, Daniela Santanché, placa le acque affermando che il governo è “coeso, e non vedo divisioni mentre sui giornali vedo cose mai lette”. Sarebbe dunque solo un’impressione dei cronisti e una volontà di “vedere la maggioranza spaccata”. Anzi, come ribadisce il Sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, la premier Meloni “ha tessuto unità” dove “evidentemente vi sono sfumature e sensibilità diverse, mai e dico mai troverete il centrodestra diviso su un solo voto sulla politica internazionale”.
Quindi, lo scontro che si sta consumando tra il leader leghista e il Presidente di Forza Italia non sarebbe destinato a incrinare la maggioranza di Governo che risulta piuttosto numericamente stabile oltre che rafforzata da un’opposizione flebile. Resta giusto un polverone che sarà spazzato via con il passare dei giorni che però è innegabile abbia iniziato ad annebbiare la vista del governo.
Sullo sfondo di tensione permane il tema delle regionali che si dovrebbero tenere in autunno in Campania, Marche, Puglia, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto. E proprio quest’ultimo è il grande nodo che però sembra si stia sciogliendo. La Lega insiste per indicare il successore di Zaia, mentre FdI rivendicherebbe il diritto di avere un proprio candidato.
Le opposizioni colgono la palla al balzo
Da sinistra a dare l’intonazione al coro che si leva è la Segretaria del Pd, Elly Schlein. “Il governo naviga a vista”, affonda la Dem puntualizzando sulla “guerriglia quotidiana” della maggioranza di governo e puntando il sul dito sulla premier. Infatti, secondo Schlein, “Lega e Forza Italia continuano a litigare sulla politica estera mentre Giorgia Meloni non riesce a prendere una posizione chiara: è un governo ormai allo sbando. Un governo che non ha saputo dare risposte nemmeno sul fronte interno, sulla sanità pubblica“.
A dar sostegno alla Segretaria Dem, la voce del Vicesegretario di Azione, Ettore Rosato, che ritiene “le divisioni in politica estera della maggioranza sono evidenti, il danno è per il sistema Paese”. E ancora, Nicola Zingaretti, Capodelegazione eurodeputati del Pd che moderato afferma essere “legittimo avere posizioni diverse tra partiti diversi della stessa maggioranza”, poi però affonda dicendo che “le posizioni qui sono contrapposte”.
Meloni e i continui tentativi di smarcarsi di Salvini
A far tremare la maggioranza, però, c’è stata la telefonata che lo scorso sabato Salvini avrebbe fatto al vicepresidente degli Usa, JD Vance. Secondo quanto trapelato, sembrerebbe che questa non fosse concordata con Meloni e Tajani a cui, come ha spiegato quest’ultimo, spetta il compito di dettare l’agenda sulla politica estera. Il colloquio a distanza non si è concentrato su nulla di concreto, se non sulla volontà di ribadire gli ottimi rapporti dei due Paesi e il sostegno della Lega al piano di pacificazione di Trump per l’Ucraina.
La questione, dunque, è stata sin da subito minimizzata, visti anche gli attacchi delle opposizioni che hanno gridato alla crisi di governo. Salvini ha comunque rivendicato il diritto di trattare “di investimenti sull’Alta Velocità negli Usa con il vicepresidente americano Vance, sull’acqua con il premier israeliano e sul ponte con le istituzioni europee“. Una possibilità che non infastidisce particolarmente visto che, come spiegano da FdI, il problema sorgerebbe nel momento in cui il vicepremier “prendesse accordi non concordati con Meloni e Tajani“.
Gli auspici di Meloni sulla fine della guerra e il piano per Parigi
Intanto, Giorgia Meloni continua a riflettere sui prossimi passi del Paese. Palazzo Chigi sembra piuttosto preoccupato dalla possibilità che i negoziati tra Ucraina e Russia, con la mediazione statunitense, possano fallire. Nel caso in cui il conflitto dovesse continuare, l’Ue e l’Italia potrebbero trovarsi a dover gestire una situazione ostica e non sopportabile. La speranza, dunque, è che le trattative procedano senza ostacoli e giungano “in tempi rapidi” ad un accordo definitivo.
A tale questione, poi, si aggiungono i dubbi sulla gestione delle eventuali truppe europee a Kiev. Vista la contrarietà di Mosca, Meloni è consapevole che il terreno su cui si stanno dirigendo i “volenterosi” è piuttosto fragile. Il premier è quindi intenzionato a portare sul tavolo di Parigi una formula da sottoscrivere da parte della comunità internazionale sulla falsariga dell’articolo 5 della Nato. Si tratterebbe di un espediente per evitare l’entrata dell’Ucraina nell’Ue e allo stesso tempo assicurarle le “garanzie di sicurezza” che necessita per il dopoguerra.
Una posizione che il Presidente del Consiglio ha già presentato nelle scorse settimane e che starebbe iniziando a convincere l’inviato speciale della Casa Bianca, Steve Witkoff, sempre più convinto dell’impossibilità che Kiev possa entrare nell’Alleanza atlantica senza ottenere una risposta violenta da parte della Russia. Ancora tutta da scoprire la proposta del piano di riarmo di Ursula Von der Leyen, su cui comunque il nostro Paese continua a rimanere scettico.
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