Giorgia Meloni si prepara per il Consiglio europeo del 20 e del 21 marzo, nella convinzione che davanti a sé ha un percorso difficile e non solo perché dovrà difendere la posizione italiana, ancora piuttosto scettica sul riarmo europeo e soprattutto sul possibile invio a Kiev di truppe di interposizione italiane. Il premier deve infatti affrontare anche le difficili posizioni dei due alleati di governo, Forza Italia e Lega, che potrebbero presentare alcune richieste di modifica alla posizione di FdI.
I Tweet e gli interventi pubblici di Antonio Tajani e Matteo Salvini lo dimostrano ogni giorno di più, confermando che al momento la posizione è cristallizzata, ferma a quanto deciso lo scorso martedì al Parlamento europeo. Nel corso del voto sulla risoluzione sul sostegno all’Ucraina, i tre partiti di maggioranza hanno votato in ordine sparso, ognuno chiuso nelle sue convinzioni. Forza Italia ha scelto di rivestire una posizione favorevole, la Lega una contraria e FdI ha preferito l’astensione, per evitare di prendere una decisione su un testo che di fatto attaccava gli Stati Uniti di Donald Trump.
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Ora, i tre partiti, però, dovranno trovare una quadra al fine di permettere a Meloni di arrivare in Europa con il sostegno della sua coalizione e con la possibilità di far rispettare la posizione italiana. Il Presidente del Consiglio, quindi, è al lavoro su due fronti: da un lato sta infatti preparando il suo intervento, cercando di limarlo per dimostrarsi inattaccabile, dall’altro sta stendendo la risoluzione di maggioranza con cui saranno approvate le comunicazioni.
I punti fermi di Meloni sulla risoluzione per il Consiglio Ue
Sembrerebbe, quindi, che i canali di comunicazione tra i tre partiti siano al momento spalancati. I tre leader del centrodestra sono quindi alla ricerca del compromesso perfetto, che accontenti un po’ tutte le loro richieste. L’obiettivo è quello di creare una risoluzione che non affronti troppo nello specifico determinati dettagli, così da evitare che nel prossimo futuro possano verificarsi degli strappi.
I punti chiave del dossier, comunque, rimangono il sostegno convinto dell’Italia alla causa ucraina, dimostrata più volte dal comportamento dei tre leader nei confronti di Zelensky, e l’apertura alle richieste e alle proposte di Donald Trump, ricordando il successo ottenuto a Gedda con l’approvazione da parte di Kiev della tregua di 30 giorni proposta dagli Usa.
Non mancheranno, poi, i passaggi sul tema del riarmo e della difesa europea. Da un lato, Meloni ribadirà quanto già detto nel corso del vertice alla presenza della “coalizione dei volonterosi” organizzata dal premier britannico, Keir Starmer, ovvero il piano per l’invio di truppe di pace europee a Kiev a seguito della pacificazione del territorio. Sull’argomento, il premier sembra avere le idee chiare: “Siamo contrari all’invio di soldati italiani in Ucraina“. Una posizione su cui tutte e tre le forze di governo sembrano essere d’accordo.
Le posizioni di Tajani e Salvini sul riarmo e la difesa Ue
Intanto, sia Salvini che Tajani continuano a perorare le loro cause, non senza creare un certo fastidio al Presidente del Consiglio. In particolare, le posizioni ultra pacifiste della Lega avrebbero creato un certo imbarazzo a Palazzo Chigi, tanto che in settimana si è sparsa la voce di una discussione dai toni forti tra Meloni e Giorgetti, poi smentita da entrambe le parti. “La posizione della Lega è chiara“, è però tornato a sostenere il leader del Carroccio in questi giorni, chiarendo di auspicare che gli investimenti italiani non si concentri sul riarmo europeo ma sui problemi interni al paese, comprese l’immigrazione clandestina e il terrorismo islamico.
Antonio Tajani, invece, nel corso del congresso del partito a Salerno, ha definito il suo partito un “alleato leale“, che però “ha le sue idee, posizioni che non vuole assolutamente cambiare“. In ogni caso, FI è pronta a sostenere l’Italia, al fine di trasformarla in una potenza che riveste un ruolo importante all’interno dell’Unione europea.
Alla luce di queste posizioni, sembra quasi certo che i tre leader del centrodestra possano incontrarsi per stendere insieme una risoluzione che ottenga il via libera del Parlamento, evitando a Meloni ulteriori problemi e permettendole di volare a Bruxelles nella consapevolezza di aver dato una nuova prova di forza.
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