È passato un anno ma nessuno ne conosce i contenuti: il Piano Mattei rischia di diventare il Santo Graal della destra italiana. Il 25 ottobre dello scorso anno Giorgia Meloni parlava per la prima volta del “Piano Mattei”, un progetto decantato nei mesi a seguire come la punta di diamante della politica estera di Palazzo Chigi.
Al ricorrere dell’anniversario della drammatica morte dell’imprenditore italiano, la premier si fece promotrice di “un Piano Mattei per l’Africa, un modello virtuoso di collaborazione non predatoria”, promettendo di presentarne i contenuti e gli obiettivi l’ottobre successivo. A distanza di quasi un anno, tuttavia, sebbene il termine previsto per la divulgazione del Piano stia per scadere, nessuno ha ancora compreso in cosa consista effettivamente, né tantomeno come verrà messo a copertura finanziaria.
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Ma chi era Enrico Mattei? Perché è stata scelta proprio la sua figura per contrassegnare l’azione politica del governo Meloni?
Chi era Enrico Mattei
Nato nel 1906 in provincia di Pesaro, con un passato da operaio e un diploma in ragioneria, Enrico Mattei fu una delle più importanti figure imprenditoriali del dopoguerra, emblema di un’industria che ha saputo trainare l’Italia nel periodo della ricostruzione post-bellica e del boom economico.
Nel 1943 si avvicina alla Democrazia Cristiana e si unisce ai gruppi partigiani. Terminata la guerra, viene nominato commissario liquidatore dell’Agip, affinché ne coordini le opere di smaltimento e vendita degli impianti. Con la lungimiranza tipica di coloro che fanno la storia, tuttavia, Mattei percepisce da subito l’importanza di assicurare al paese l’autonomia energetica e decide, quindi, di rilanciare l’azienda. Scelta fortunata, considerata la successiva scoperta di una serie di giacimenti di metano in Val Padana e di petrolio a Cortemaggiore, in Emilia-Romagna.
Le cose girano bene per Mattei, che nel 1953 diventa presidente di ENI, Ente Nazionale Idrocarburi, che raggruppa Agip, Snam e una serie di altre aziende fornitrici di gas liquefatto in bombole e di attrezzature per l’industria e l’agricoltura. Compreso, però, che i giacimenti in Italia non sarebbero bastati, Mattei va alla ricerca dell’oro nero in Nord Africa e nel Golfo Persico, dove stringe promettenti accordi con vari paesi in via di sviluppo, sfidando così le “Sette sorelle”, le grandi multinazionali detentrici del monopolio del carburante.
In questo contesto, l’idea rivoluzionaria di Mattei è quella di incentivare i paesi produttori, garantendo loro ricavi ben più elevati di quanto fatto fino a quel momento, grazie al superamento delle longeve logiche di ripartizione degli introiti al 50-50.
Da partigiano a petroliere, da imprenditore a dirigente pubblico, Enrico Mattei ruppe gli equilibri geopolitici creati dagli anglo-americani nell’area mediterranea subito dopo la Seconda guerra mondiale e ne subì, d’altronde, tutte le conseguenze. Nel 1962, infatti, l’aereo su cui viaggiava precipitò a causa di una bomba nelle campagne di Bascapè.
Giorgia Meloni ripesca nel suo programma l’eredità di Enrico Mattei
L’eredità di Enrico Mattei, tuttavia, non è andata perduta, ripescata nei programmi politici del governo Meloni. Affascinata dall’imprenditore partigiano e dal suo celebre motto, “non voglio essere ricco in un Paese povero”, la premier, infatti, ne ripercorre le gesta e mira ad alcuni obiettivi fondamentali: completo abbandono del gas russo, nuovi accordi tra Italia e Africa, trasformazione del paese in “hub europeo delle fonti energetiche” e conseguente ampliamento dell’influenza politico-economica sul Mediterraneo, cooperazione non predatoria e riduzione dell’immigrazione.
Questi i propositi. Il mezzo per realizzarli? Il fantomatico e ancora sconosciuto Piano Mattei.
Piano Mattei: la lunga attesa senza informazioni istituzionali e prime supposizioni
Comprendere il programma di Giorgia Meloni si fa sempre più complesso, specialmente in assenza di concrete informazioni istituzionali. A delineare meglio il tutto, le parole di Claudio Descalzi, CEO di ENI, che non ha mai abbandonato la premier durante i viaggi d’interlocuzione con i paesi africani.
Il gas naturale della Russia sarà progressivamente abbandonato, sostiene l’amministratore delegato, passando gradualmente da una sostituzione dell’80% nel 2023 al 100% nel 2024-2025. Al suo posto? Il GNL (gas naturale liquefatto) e le fonti d’energia provenienti dall’Africa, grazie ad accordi di diversificazione energetica con Libia, Algeria, Mozambico, Congo e altri a seguire.
ENI, infatti, forte di una presenza continuativa in Africa e nel vicino Oriente dalla metà degli anni ’50, garantisce una stabilità strategica nei rapporti con tali nazioni. In questo modo l’Italia guadagnerà un posto centrale nella distribuzione del combustile all’Europa settentrionale, trasformando il nostro paese in un vero e proprio “hub energetico” e incrementandone così l’influenza sul Mediterraneo. A trarne vantaggio, secondo le ambiziose mire di Giorgia Meloni, non solo l’Italia, ma l’Unione Europea nel suo complesso, che vedrebbe una sostanziale riduzione della presenza di Russia e Cina nel conteso continente africano.
D’altronde, se il progetto di Enrico Mattei venisse preso alla lettera dal governo, tali dinamiche andrebbero a vantaggio anche dei paesi africani, grazie al riconoscimento di quote di ricavo sostanziali sulla produzione ed estrazione delle risorse. Il richiamo di Giorgia Meloni a forme di “collaborazione non predatoria” fa ben sperare, sebbene l’obiettivo sia, ancora una volta, il tornaconto nazionale: maggior stabilità economica in Africa, minori flussi migratori e meno sbarchi.
Un progetto insieme ambizioso e velleitario
Un progetto ambizioso e lodevole, per quanto velleitario. La Meloni, infatti, sembra voler fare i conti senza l’oste, dimenticando l’ingombrante presenza di attori come gli USA, la Cina, la Russia e la Turchia nel panorama energetico mondiale. Basti pensare al sostegno di Mosca all’Algeria, ribadito da Valentina Matvienko, presidente del Consiglio della Federazione Russa.
Come conciliare gli interessi economici di tali colossi con i programmi del centrodestra italiano?
Piano Mattei: esercizio di stile propagandistico o programma politico ponderato?
In attesa di risposte concrete da parte del governo, il rimando a un Piano Mattei, ad oggi, sembra più un esercizio di stile propagandistico che un programma politico effettivamente ponderato.
Chiamando in gioco la memoria di Enrico Mattei, la premier pare voler solleticare gli italiani con la promessa di un rilancio del paese a tutto tondo, stimolando un nuovo senso di appartenenza e orgoglio nazionale. La figura di Mattei, infatti, è conosciuta e amata da moltissime persone, che vedono in lui l’immagine di un leader e imprenditore capace di risollevare l’Italia e garantirne il benessere economico, senza con ciò compromettere una gestione politica eticamente intesa.
Per risvegliare la passione patriottica degli italiani, Giorgia Meloni si mostra come una raffinata politica disposta anche a ricorrere al ricordo di un personaggio come Enrico Mattei. La premier, pur di raggiungere gli obiettivi prefissati, ignora le contraddizioni tra quello che Mattei è stato e ha rappresentato, dalla Resistenza all’industrializzazione dell’Italia con il sostegno ai movimenti anticoloniali, e quello che oggi è e rappresenta il governo Meloni.
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