Giorgia Meloni non si lascia “intimidire” dalle ultime evoluzioni del caso Almasri, che ieri ha preso una svolta inaspettata e, secondo alcuni, non strettamente collegata a quanto accaduto. Nel tardo pomeriggio del 28 gennaio, con un video di qualche minuto pubblicato sui suoi canali social, il Presidente del Consiglio ha dichiarato di aver ricevuto un “avviso di garanzia“, consegnato anche ai ministri Nordio e Piantedosi e al sottosegretario Alfredo Mantovano, per favoreggiamento e peculato in relazione proprio al rimpatrio del capo della polizia libica, Njeem Osama Almasri.
Già nel video-denuncia, il premier ha sottolineato la sua volontà di non lasciare che questa azione, secondo lei portata avanti dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex parlamentare vicino a Romano Prodi, fermi il suo lavoro e soprattutto i suoi progetti, Oggi, quindi, Meloni ha deciso di tornare sull’argomento e rendere note le sue intenzioni. “Il nostro impegno per difendere l’Italia proseguirà, come sempre, con determinazione e senza esitazioni“, ha infatti sostenuto il Presidente del Consiglio, che ha poi sottolineato come questo caso tocchi da vicino la sicurezza della Nazione e l’interesse degli italiani.
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Proprio per questo, quindi, il governo non permetterà che forze esterne rallentino il suo lavoro e proseguirà “dritto per la sua strada“. Una dichiarazione che non lascia spazio a fraintendimenti e che vuole mandare un messaggio a tutti coloro che temono che il provvedimento emesso nei confronti del premier, dei due ministri e del sottosegretario possa provocare conseguenze politiche. Il premier ha deciso di non commentare, invece, il chiarimento giunto ieri dall’Associazione nazionale magistrati (Anm), che ha sostenuto come quanto ricevuto ieri dai quattro protagonisti della vicenda non sia un avviso di garanzia ma un “atto dovuto“.
Il sindacato dei magistrati ha infatti sottolineato come alla Procura sia imposta la notifica di atti di iscrizione ai diretti interessati, entro 15 giorni, così che questi possano presentare “memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati“.
Almasri, Arianna Meloni: “Vai avanti sorella mia, sei il nostro orgoglio”
Sulla questione è poi intervenuta tempestivamente Arianna Meloni, sorella del premier e responsabile della segreteria politica e del tesseramento di FdI. Sempre con un post sui social, ha deciso di mandare un messaggio di vicinanza e solidarietà al lavoro del governo, e in particolare a quello della Presidente del Consiglio. “È tempo che le persone perbene di questa martoriata nazione scelgano da che parte stare. Avanti sorella mia, sei il nostro orgoglio!“, ha scritto la responsabile di FdI, chiarendo come il momento storico che stiamo vivendo sia di importanza cruciale per il futuro della nostra Nazione.
Secondo Arianna Meloni, infatti, dopo anni di “vergogna e derisione“, l’Italia ha deciso finalmente di “rialzare la testa“, divenendo un Paese che è rispettato e “guardato come un modello“. La responsabile riconosce che il percorso è ancora lungo, ma allo stesso tempo nutre grandi speranze nei confronti di ciò che il futuro può riservare all’Italia. “Si può ancora stupire e crescere! Si può tornare grandi! Solo che alcuni non lo possono accettare“, ha poi affondato la sorella del premier, affondando contro tutti i detrattori del governo attuale.
Il caso Almasri
Ma in che modo siamo giunti alla situazione attuale? La vicenda ha avuto inizio lo scorso 19 gennaio quando Almasri è stato fermato dalle autorità italiana allo stadio di Torino e arrestato in quanto ricercato dalla Corte penale internazionale per le accuse di crimini di guerra e contro l’umanità. A soli due giorni dall’arresto, il capo della polizia libica è stato rilasciato e rimpatriato in Libia con un volo di Stato. A seguito della pubblicazione delle immagini del ricercato che viene accolto con applausi ed ovazioni nel suo Paese di origine, le opposizioni italiane hanno chiesto chiarimenti sulla vicenda.
Il governo Meloni ha quindi spiegato che il rilascio di Almasri è collegato ad una “irritualità” che è stata compiuta nel corso delle procedure di arresto, in quanto il ministero della Giustizia non era stato informato, come è invece previsto per i casi di mandati internazionali della Cpi. Quindi, nella consapevolezza di aver rilasciato sul territorio italiano un soggetto pericoloso, il governo ha deciso di rimpatriarlo al più presto. Nella stessa giornata in cui è stata pubblicata la spiegazione, la Cpi ha chiesto chiarimenti ufficiali alle autorità italiane.
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