“La pace grida la sua urgenza“. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, pronuncia il suo decimo discorso di fine anno ai cittadini italiani, tessendo la fitta trama di avvenimenti che hanno caratterizzato l’Italia nelle sue luci e nelle sue ombre, in questo 2024. Il fil rouge che il Presidente ha seguito nel descrivere le situazioni mondiali si incarna purtroppo nella guerra, che è causa primaria dello squilibrio che il pianeta sta affrontando.
Il tradizionale intervento dell’ultimo dell’anno a reti unificate ha visto Mattarella andare a trovare gli italiani nelle proprie case con 17 minuti di rassicurazioni ma anche provocazioni affinché venissero smosse le acque delle tante cose che nel Paese non procedono come dovrebbero. Una stimolazione chiara ma ovattata, lontana da angoscia e disfattismo, bensì utilizzata per innescare le fiamme dormienti dell’Italia.
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Il Presidente Mattarella non manca nel ricordare tutte le dolorose piaghe che si devono vivere nel quotidiano delle vite degli italiani. La sanità è di certo una di queste, con le sue liste d’attesa dai tempi inaccettabili che obbligano molti a dover “rinunciare alle cure“. In particolar modo, nel suo intervento, il Capo dello Stato si sofferma sulla drammatica situazione delle carceri italiane con l’intenzione di portare all’attenzione delle coscienze degli italiani il problema che sembra si voglia lasciare celato.
Con voce irrigidita e sguardo severo, Mattarella sottolinea poi “il dovere di osservare la Costituzione che indica norme imprescindibili sulla detenzione in carcere“, invitando il governo ad agire affinché siano riportati negli istituti detentivi i valori minimi di dignità previsti dalla Costituzione.
Il Presidente ha ritenuto poi di dover concretizzare, definire e attuare nella realtà, il concetto di patriottismo che sta divagando in Italia. Mattarella la estrae dall’operosità delle persone e delle varie professioni. “Patriottismo è quello dei medici dei pronto soccorso, che svolgono il loro servizio in condizioni difficili e talvolta rischiose. Quello dei nostri insegnanti che si dedicano con passione alla formazione dei giovani. Di chi fa impresa con responsabilità sociale e attenzione alla sicurezza. Di chi lavora con professionalità e coscienza. Di chi studia e si prepara alle responsabilità che avrà presto. Di chi si impegna nel volontariato. Degli anziani – sottolinea il Capo di Stato – che assicurano sostegno alle loro famiglie“.
Poi, Mattarella dedica un affettuoso pensiero controcorrente agli immigrati. Per il Presidente si tratta di coloro i quali con origini in altri Paesi amano l’Italia facendone propri i valori costituzionali e le leggi, vivendone a pieno la quotidianità e con lavoro e sensibilità ne diventano parte, contribuendo ad arricchire la comunità.
Nel ricordare le donne vittime di femminicidio, il Capo dello Stato denuncia la scandalosa arretratezza culturale che considera la causa primaria delle “barbarie“, lodando piuttosto il “rumore delle ragazze e dei ragazzi che non intendono tacere“.
“Rispetto“, parola dell’anno per la Treccani, è quella che inizia a riecheggiare nella sala del Lucernario del Quirinale quando il Presidente Mattarella chiede il coraggio del rispetto delle posizioni altrui, la forza della “mediazione per il bene dell’Italia“. Un avviso dedicato alla politica che viene presa in causa dal Capo dello Stato anche per la “minaccia gravissima” della riduzione dell’affluenza alle urne.
In queste ore che appaiono spensierate nelle festività natalizie, incombe in verità l’amara strage della guerra. “Si tratta – ha riflettuto Mattarella – di migliaia di vittime civili delle guerre in corso che turbano tragicamente le nostre coscienze“.
Poi il delicato pensiero per Cecilia Sala espresso con la dovuta prudenza per un caso dai risvolti internazionali: “Interpreto l’angoscia di tutti per la detenzione di Cecilia Sala. Le siamo vicini in attesa di rivederla al più presto in Italia“, ha detto con la massima discrezione.
Mattarella sceglie di terminare il suo intervento rivolgendosi ai singoli cittadini, lanciando un monito di speranza, invitando a non rimanere passivi, ad evitare di delegare sempre al prossimo e a prendersi le proprie responsabilità, affinché venga “trasformata la speranza in realtà“.
“Siamo chiamati – conclude il Presidente – a consolidare e sviluppare le ragioni poste dalla Costituzione alla base della comunità nazionale. È un’impresa che si trasmette da una generazione all’altra. Perché la speranza non può tradursi soltanto in attesa inoperosa. La speranza siamo noi. Il nostro impegno. La nostra libertà. Le nostre scelte“.
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