Il generale Mario Mori indagato per le stragi di mafia del ’93: “Mi faranno morire sotto processo”

"Dopo una violenta persecuzione giudiziaria, portata avanti con la complicità di certa informazione e durata ben 22 anni, che mi ha visto imputato in tre processi, nei quali sono sempre stato assolto, credevo di poter trascorrere in tranquillità quel poco che resta della mia vita" ha dichiarato criticamente il generale

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Il generale dei carabinieri e degli 007 del Sisde Mario Mori è finito al centro di un’indagine per reati di strage, associazione mafiosa ed eversione. Secondo l’accusa, Mori avrebbe appreso notizie riservate sul progetto stragista di Cosa nostra risalente al 1993, veicolate prima da un maresciallo dei carabinieri e poi da fonti mafiose. Il quadro accusatorio è ora valutato dalla Procura di Firenze e al direttore dei servizi segreti italiani è stato notificato un avviso di garanzia, poiché “non avrebbe rivelato mediate doverose segnalazioni e/o denunce all’autorità giudiziaria, ovvero con l’adozione di autonome iniziative investigative e/o preventive, gli eventi stragisti“.

Accuse risibili e surreali. Affronterò e supererò anche questa ennesima angheria” ha dichiarato l’85enne dopo aver annunciato di aver ricevuto l’invito a presentarsi ad un interrogatorio. Dopo la notizia, mezzo governo si è infuriato e il sottosegretario Alfredo Mantovano gli ha dato udienza due giorni fa per manifestargli vicinanza di fronte alle contestazioni delle quali mi ha messo a parte“, così come “sconcerto” perché “decenni di giudizi hanno già dimostrato l’assoluta infondatezza di certe accuse“.

Guido Crosetto, Mar Rosso
Guido Crosetto, ministro della Difesa

Della stessa opinione anche il ministro della Difesa Guido Crosetto, che ha criticato duramente la scelta della magistratura: “Non ci si poteva accontentare di avergli reso la vita un calvario per decenni, non si poteva accettare il fatto che fosse stato assolto da ogni contestazione…“. Lo stesso Mori ha deciso di esporsi, affondando contro la magistratura: “Dopo una violenta persecuzione giudiziaria, portata avanti con la complicità di certa informazione e durata ben 22 anni, che mi ha visto imputato in tre processi, nei quali sono sempre stato assolto, credevo di poter trascorrere in tranquillità quel poco che resta della mia vita“.

Il generale, invece, è costretto a concludere le sue considerazioni, dicendo: “Ma devo constatare che, evidentemente, certi inquirenti continuano a proporre altri teoremi non paghi di cinque pronunce assolutorie e nemmeno della recente sentenza della Suprema Corte“.

Il quadro accusatorio contro il generale Mori

Secondo l’accusa il generale non avrebbe segnalato nel 1992 “il proposito di Cosa nostra, veicolatogli dalla fonte Paolo Bellini, di attentare al patrimonio storico, artistico e monumentale della Nazione e, in particolare alla torre di Pisa” e successivamente “da Angelo Siino, che lo aveva appreso da Antonino Gioè, da Gaetano Sangiorgi e da Massimo Berruti, durante il colloquio investigativo intercorso a Carinola il 25 giugno 1993, il quale gli aveva espressamente comunicato che vi sarebbero stati attentati nel Nord“.

Il problema, però, riguarderebbe un’ammissione dello stesso Mori ai magistrati toscani a cui avrebbe detto di aver ricevuto il messaggio scritto dal maresciallo Tempesta, spiegando però di non averlo preso in considerazione come un fatto attendibile. Mori avrebbe però dichiarato: “Sono profondamente disgustato dalle accuse, offendono, prima ancora della mia persona, i magistrati seri con cui ho proficuamente lavorato nel corso della mia carriera nel contrasto al terrorismo e alla mafia, su tutti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino“.

Le dichiarazioni su Ciancimino

La Procura starebbe indagando anche su alcune dichiarazioni del generale Mori su Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo. Il generale avrebbe dichiarato di avergli detto durante il primo incontro: “Ma cos’è questa storia qua? Ormai c’è un muro contro muro, da una parte Cosa Nostra e dall’altra parte lo Stato, ma non si può parlare con questa gente?“. Ciancimino avrebbe risposto di poter mediare in qualche modo e Mori lo avrebbe invitato dunque a farlo, per poi affermare: “E restammo d’accordo che volevamo sviluppare questa trattativa“.

Proprio la parola “trattativa“, presumibilmente pronunciata da Mori, non convincerebbe i magistrati, che ritengono quindi necessario svolgere ulteriori accertamenti.

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