L’iter della manovra finanziaria per il 2025 si è finalmente concluso. Dopo settimane concitate, migliaia di emendamenti e ben due voti di fiducia, il primo alla Camera e il secondo al Senato, il nuovo programma economico per il prossimo anno è divenuto finalmente legge. Il testo della Legge di bilancio era approdato al Senato ieri alle 14 e questa mattina l’Aula ha dato l’OK alla richiesta del voto di fiducia, con 112 voti favorevoli, 67 contrari e un astenuto.
Subito dopo, i senatori hanno dato il via alle dichiarazioni di voto sul testo della manovra, che ha quindi ottenuto il via libera grazie ai 108 sì, ai 63 no e ad un astenuto. Proprio questa ultima votazione aveva creato un certo scompiglio tra le forze di opposizione, che non hanno apprezzato la decisione del governo Meloni di procedere con un secondo voto di fiducia, di fatto togliendo la possibilità al Senato di dare una doppia lettura al testo della manovra.
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Ieri, nel corso dell’analisi del provvedimenti in commissione Bilancio di Palazzo Madama, il relatore e capogruppo di FdI, Guido Liris, ha deciso di dare la possibilità al testo di procedere senza mandato, di fatto consegnando le sue dimissioni dal ruolo di relatore. La manovra è quindi approdata al Senato alle 14 di ieri e poco meno di 24 ore ha ottenuto l’approvazione definitiva, nella speranza, però, che negli anni a venire possa tornare in forma il bicameralismo, da tempo ormai dimenticato.
Meloni: “Un altro passo in avanti per costruire un’Italia più giusta“
Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha immediatamente commentato l’approvazione della Legge di bilancio, definendola una manovra “di grande equilibrio“, in quanto “sostiene i redditi medio-bassi, aiuta le famiglie con figli, stanzia risorse record per la sanità, riduce la pressione fiscale e dà una mano a chi produce e crea occupazione e benessere“.
In questo senso, il premier ha voluto sottolineare l’impegno del governo e del Mef per la creazione di una Legge che riuscisse ad accontentare le richieste di tutti, rispettasse le promesse fatte ai cittadini e attuasse il programma elettorale, al contempo continuando la strenua lotta contro l’evasione fiscale. “Un altro passo in avanti per costruire un’Italia più giusta, forte e competitiva“, ha concluso poi Meloni.
Via libera ad una Legge di bilancio da 30 miliardi
La manovra finanziaria per il 2025 contiene norme per un totale di 30 miliardi di euro, di cui la maggior parte sono utilizzati per sostenere le spese delle famiglie italiane, in particolare quelle con figli, nella speranza di dare uno scossone alla natalità del nostro Paese. Nello specifico, infatti, ben 18 miliardi di euro saranno utilizzati per il taglio del cuneo fiscale nei confronti dei redditi fino a 40mila euro e per il passaggio a tre aliquote Irpef.
Due norme fortemente volute dalla maggioranza e che risponderebbe al grido di aiuto della popolazione, sempre più schiacciata dal caro vita e dai costi dell’energia. Si stima che, grazie a questo provvedimento, i lavoratori potranno beneficiare di circa 100 euro in più in busta paga.
I restanti 12 miliardi di euro sono stati divisi per tutte le norme che il governo Meloni ha ritenuto indispensabili per il Paese, sempre tenendo in considerazione il rigido controllo dell’Unione europea. Dal 2025, infatti, l’Italia darà inizio ai 7 anni in cui rispetterà le nuove regole del patto di stabilità Ue, cercando quindi di non peggiorare la situazione del debito italiano. Le risorse sono state quindi concentrate su poche voci di spesa, in particolare sulla sanità, le famiglie, la tax expenditure, utilizzando anche fondi provenienti dai ministeri, a cui sono stati tagliati tre miliardi, e dalle Dta, ovvero le imposte differite delle banche e le assicurazioni per il 2025.
Le nuove misure contenute nella manovra
Tra i punti più contestati della manovra risulta il finanziamento al settore sanitario, su cui maggioranza e opposizioni hanno visioni completamente opposte. Se il premier Meloni ribadisce che i fondi erogati sono tra i maggiori degli ultimi anni, il centrosinistra sostiene che questi non siano sufficienti e che rappresentino un vero e proprio passo indietro rispetto a quanto accaduto in questi anni. Un’accesa discussione è stata poi scaturita dalla proposta di aumentare gli stipendi dei ministri e sottosegretari non eletti, per renderli uguali a quelli dei loro colleghi con un ruolo in Parlamento.
L’intervento di Crosetto e Meloni, che hanno chiesto il ritiro del provvedimento, ha calmato le acque. In manovra è stato dunque inserito solamente il rimborso spese della trasferta, del domicilio o della residenza per i ministri e sottosegretari non residenti a Roma. Contestatissima, soprattutto dal diretto interessato, la cosiddetta norma anti-Renzi, ovvero la proposta di vietare ai membri del governo i pagamenti per servizi svolti fuori dai confini dell’Ue. Dopo varie riflessioni, la norma è stata modificata ed ora prevede che i pagamenti non vengano accettati solo se non sia stata presentata prima un’autorizzazione. Tale modifica, però, non vale per i titolari di cariche del governo.
Per quanto riguarda le pensioni, oltre all’aumento di tre euro per gli assegni minimi, è prevista la possibilità del pensionamento anticipato per coloro che a 64 anni possono cumulare la previdenza obbligatoria con quella complementare per raggiungere gli importi necessari al pensionamento. Godranno della possibilità solo coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995. Viene, inoltre, riproposta la Quota 103, ovvero l’uscita anticipata dal lavoro con 62 anni di etàe 41 di contributi da maturare nel corso del 2025.
Grande soddisfazione delle aziende per l’introduzione dell’Ires premiale, che permette sgravi fino al 4% per coloro che accantonano utili e reinvestono in nuove assunzioni a tempo indeterminato. Le aziende godranno poi della flat tax per i dipendenti che aumenta da 30 a 35 mila euro e della decisione del governo di applicare la web tax solamente alle industrie con ricavi superiori a 750 milioni di euro, agevolando quindi le piccole e medie imprese. Nessun cambiamento nel 2025 per le tasse sulle cripto valute, che rimarranno ferme al 26%, senza aumentare fino al 42%.
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