Il decreto legge omnibus si è trasformato in un’ottima occasione per il governo di trovare nuove entrate che possano allargare le maglie della prossima manovra finanziaria. All’interno del dl è stato infatti presentato un emendamento, a firma Fausto Orsomarso (FdI), Massimo Garavaglia (Lega) e Dario Damiani (Forza Italia), che ha l’obiettivo di estendere ulteriormente il concordato preventivo e invitare più contribuenti ad aderire, così da aumentare le entrate erariali nella casse dello Stato. La proposta della maggioranza, dunque, giunge in soccorso ad un governo che inizia a fra fatica a far quadrare i conti, soprattutto in vista di una legge di bilancio che dovrà essere tutt’altro che “lacrime e sangue“.
La notizia non giunge come una vera e propria novità. Un’anticipazione, infatti, era stata data dal dal relatore del provvedimento in Commissione Finanze al Senato Giorgio Salvitti, che aveva dichiarato che nell’esame del dl Omnibus, che avverrà in aula il 25 settembre, verrà presa in considerazione qualunque soluzione che possa facilitare e rendere più appetibile il concordato preventivo tra Agenzia delle Entrate e partite Iva.
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Dl omnibus, cosa prevedrebbe l’emendamento
Il Concordato Preventivo Biennale è una proposta da parte dell’Agenzia delle Entrate per la definizione biennale del reddito che deriva da “attività di impresa o dall’esercizio di arti e professioni rilevante ai fini delle imposte dirette e IRAP” e che “limita il rischio di accertamenti fiscali”. Tale accordo tra Stato e cittadini potrebbe trasformarsi nella fonte primaria di copertura finanziaria per la manovra, soprattutto se si tiene in considerazione che nel 2025 si dovrebbero estendere al ceto medio i tagli delle aliquote Irpef entrati in vigore quest’anno.
La proposta dell’emendamento al dl omnibus da parte della maggioranza ha proprio il fine di invogliare sempre più persone ad aderire al concordato, proprio perché esiste la concreta necessità di trovare più risorse possibili per la manovra riguardante il prossimo anno. Orsomarso ha infatti dichiarato che l’obiettivo dell’emendamento è provare a “ottenere più entrate”. La modifica è stata proposta dai senatori in Commissione Finanze e prevede l’introduzione di una nuova forma di ravvedimento per gli anni 2018-2023, con un’attenzione particolare agli anni Covid, ovvero il 2020-2021. Il concordato preventivo, infatti, per il momento riguarderebbe solo il biennio 2024-2025.
Ai contribuenti che entro il 31 ottobre decideranno di mettersi in regola e aderire al nuovo concordato, sarà concesso di pagare un’imposta sostitutiva parametrata al proprio livello di affidabilità fiscale e sull’incremento del reddito dichiarato. La percentuale di rivalutazione aumenta al diminuire del punteggio Isa – ovvero degli indici sintetici di affidabilità fiscale -, mentre l’aliquota dell’imposta sostitutiva diminuisce al crescere dello stesso punteggio, con un trattamento fiscale privilegiato riservato ai contribuenti più affidabili. Questa proposta si applica ai periodi di imposta dal 2018 a 2023. Da sottolineare i due anni investiti dalla pandemia Covid, 2020 e 2021, in cui l’imposta sostitutiva ha aliquote ridotte del 30% rispetto a quelle di 2018, 2019, 2022 e 2023.
Inoltre, sembrerebbe che lo Stato non debba riscuotere subito, perché chi sceglie l’opzione del concordato sarebbe chiamato a pagare “in un’unica soluzione entro il 31 marzo 2025“. Chi regolarizza il periodo di imposta più lontano, quello del 2018, dovrebbe pagare ancora prima, entro il 30 novembre 2024. Ma c’è anche la possibilità di una rateizzazione: 24 rate mensili a un interesse del 2%, da versare a partire dalle date precedenti.
Nel caso in cui si decidesse di aderire al nuovo concordato, si avrà la possibilità di sottrarsi a potenziali controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza anche per gli anni precedenti al nuovo regime. Chi invece non aderirà sarà a rischio di sanzioni peggiori.
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