M5s: il garante è in pericolo, ma Grillo ha ancora delle carte da giocare

Beppe Grillo è il fondatore del M5s insieme a Gianroberto Casaleggio. La storia del Movimento è iniziata nel 2009 e sin da quell'anno Grillo ha combattuto per la democrazia diretta, che ironicamente potrebbe ora causare la sua eliminazione dal suo stesso partito

Redazione
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“Ridurre i poteri del garante (o eliminarlo del tutto)”, recita così uno dei punti di discussione presenti nella guida inviata ai 300 partecipanti all’iter costituente del M5s. Il tema forse più controverso, di cui si è discusso ampiamente nella cronaca in questi mesi, complice anche lo scambio di missive tra lo stesso garante del partito Beppe Grillo e colui che ha voluto questo processo di rinnovo e messa in discussione del Movimento, l’attuale leader Giuseppe Conte.

E così l’iter costituente sta procedendo, con la seconda fase del confronto deliberativo sui 12 temi preselezionati che è in corso e lo step finale, l’assemblea vera e propria, che vedrà il voto finale degli iscritti sulle proposte in programma a novembre. E sarà proprio questo voto online degli iscritti a decidere le sorti della figura del garante. Comunque andrà, Grillo ha nelle mani ancora qualche carta da giocare.

M5s, Beppe Grillo e Giuseppe Conte
M5s, Beppe Grillo e Giuseppe Conte

Beppe Grillo: iter storico del M5s

Il partito M5s Grillo lo fondò insieme all’imprenditore del web Gianroberto Casaleggio il 4 ottobre 2009 a Milano. Quel giorno dal teatro Smeraldo Grillo gridava: “La nostra forza è che non capiscono cosa facciamo, ma diamo fastidio a tutti. È la rete. Io ho messo la faccia e la mia vita. Noi siamo indistruttibili”.

Questa forza era nata due anni prima, il 14 giugno 2007, in quello che Grillo aveva chiamato il V-Day, ovvero una giornata di mobilitazione per raccogliere firme per presentare un disegno di legge sul Parlamento pulito, un’iniziativa che Grillo aveva promosso sin dal 2006. Grillo all’epoca si immaginava di diventare presidente, per poi lasciare il posto ai più giovani: “Voglio vedere la gente di 30 anni prendersi questo paese”.

Da quel palco per gli anni successivi Grillo ha perseguito l’ascesa e la conquista del paese, lanciando il M5s in Parlamento, con la democrazia diretta come guida per qualsiasi scelta. Poi sono iniziate le difficoltà, proprio con l’entrata ai palazzi e successivamente con la morte del cofondatore Casaleggio nel 2016. Se Grillo pochi mesi prima della morte aveva annunciato di volersi mettere un po’ da parte, si trovò di nuovo al centro dell’attenzione, diviso tra la carriera nel mondo dello spettacolo e la complicata missione di portare avanti un progetto “rivoluzionario”.

Grillo nominò così Luigi di Maio come leader del partito e lui ne divenne il garante. Si prese poi la decisione che la base doveva votare il nuovo leader. Nel 2017 a Rimini disse: “Si apre una nuova fase di trentenni, di quarantenni. Io sarò il papà di tutti. Le decisioni importanti saranno prese dagli iscritti, ma io ci sono. Noi andiamo avanti”.

La decisione a novembre

Per tutto l’iter storico del partito Grillo si è battuto quindi per la democrazia diretta. E ora sembra ironico il fatto che proprio questa potrebbe decidere il suo futuro. A novembre gli iscritti al M5s dovranno votare se ridurre i poteri del garante o eliminare del tutto questa figura: la Costituente potrebbe quindi trasformarsi in un referendum sul fondatore. E portare alla scelta tra Conte e Grillo con un faccia e faccia che va avanti da mesi.

Appare ironico, di nuovo, che sia stato proprio Grillo nel 2021 a scegliere Conte come nuovo leader, ignorando la votazione della base, che aveva deciso per un comitato elettivo. L’attuale leader del Movimento ha commentato recentemente questa lotta tra i vertici in un’intervista a La Stampa: “Tutte le questioni che verranno affrontare nascono dalla miriade di proposte e suggerimenti emersi dalla base del Movimento”.

In 3 anni il partito è cambiato, con gli attuali parlamentari pentastellati che si sentono lontani dal fondatore e molti si lamentano dei 300mila euro annui che il partito deve pagare al garante per le attività di comunicazione. Cancellare questo contratto, però, porterebbe a delle conseguenze sia per Grillo che per Conte. Al primo toglierebbe una importante remunerazione e potrebbe portare a ipotetici contenziosi. Comunque Grillo non è intenzionato a farsi scaricare dal suo stesso partito, e in mano ha ancora diverse carte da giocare: far ripetere le votazioni dalla base, iniziare battaglie legali e contendere il simbolo del Movimento per poter mandare avanti qualcosa che gli attuali pentastellati di Conte non riescono più a vedere.

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