Libano, Crosetto rassicura: “Unifil non sarà toccato, ma restiamo vigili”

Le tensioni tra Israele ed Hezbollah sono sempre più alte e i pericoli per i nostri connazionali stanno mobilitando le autorità italiane. Crosetto si dice preoccupato ma allo stesso tempo fiducioso che il conflitto possa risolversi senza ulteriori vittime

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Lo Stato di Israele non vuole e non può far passare sotto silenzio quanto accaduto. La nostra risposta arriverà e sarà dura“, così il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha promesso una dura offensiva nei confronti del Libano, Paese da cui secondo il leader sarebbero partiti i missili che hanno colpito il Golan, provocando la morte di 12 minori. Un attacco brutale, inconcepibile, che ha convinto Israele della necessità di intervenire anche contro le milizie di Hezbollah. Così si riaccendono i timori di una nuova escalation che potrebbe coinvolgere più Paesi e mettere sempre più in difficoltà l’Occidente.

Diversi Paesi, inclusa l’Italia, hanno esortato i loro connazionali presenti in Libano a tornare a casa, eppure le truppe in missione di pace restano nel territorio. Al confine tra Libano e Israele sono presenti circa mille soldati italiani, nel contingente Unifil, e questi rappresentano per il governo italiano la priorità, in quanto va loro garantita sicurezza. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha dichiarato che le autorità del nostro Paese “hanno avuto garanzie da entrambe le parti che il contingente Unifil non dovrebbe essere toccato“.

Guido Crosetto, ministro della Difesa
Guido Crosetto, ministro della Difesa

Una mera consolazione che lo stesso Crosetto in qualche modo minimizza, aggiungendo: “Ma, come si sa, ci sono cose imprevedibili e noi dobbiamo prevedere anche queste cose“. Sulla questione si è espressa anche il premier Meloni, in visita di Stato in Cina ospite di Xi Jinping, che ha sostenuto che il Dragone potrebbe essere un attore fondamentale per evitare l’escalation, in quanto mantiene rapporti ottimali con Teheran e con Riad e quindi potrebbe rivelarsi il mediatore ideale tra i Paesi arabi e Israele.

Libano, i timori delle istituzioni italiane

La promessa di una offensiva israeliana ha mandato in tilt l’Occidente, che si è trovato a dover mediare nuovamente per evitare che il conflitto tra Israele e Hamas assuma dimensioni ancora più grandi. Il ministro Crosetto ha dichiarato che la preoccupazione maggiore è quella “di un’evoluzione del conflitto verso nord” e che l’Italia è in costante contatto con le autorità israeliane e libanesi affinché questo non accada. “Noi auspichiamo non si apra un nuovo fronte di guerra” ha dichiarato il ministro, dichiarando di aver fatto un appello all’Onu per modificare le regole della missione che vede impiegati i soldati italiani in Libano.

La situazione che adesso per Israele è inaccettabile era una situazione che noi eravamo lì per sanare” ha dichiarato il ministro, spiegando che il contingente italiano è sul territorio libanese per far applicare la “risoluzione 1701 dell’Onu che prevede di garantire una fascia di sicurezza tra Libano e Israele“. Crosetto ha però evidenziato come tale convenzione non sia stata rispettata ma, al contrario, come “si è rafforzato Hezbollah e Israele considera questa presenza come una presenza iraniana molto pericolosa per i propri cittadini e quindi questa risoluzione va implementata e la comunità internazionale deve farla rispettare se vogliamo evitare un nuovo fronte di guerra“.

Giorgia Meloni, Ue
Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni

Anche Giorgia Meloni si è dettamolto preoccupata per quello che sta accadendo in Libano, per il rischio di una escalation regionale“, sottolineando come in questo conflitto i colpi di scena non manchino mai: “Ogni volta che ci sembra di essere un po’ più vicini all’ipotesi di un cessate il fuoco accade qualcosa. Significa che ci sono diversi soggetti regionali che puntano a un’escalation e che puntano sempre a costringere Israele a una reazione“.

La tensione altissima tra Israele e Libano

A due giorni dal brutale attacco a Majdal Shams, sul Golan druso, Netanyahu ha deciso di recarsi in visita alla popolazione per consolare i parenti delle vittime e promettere vendetta. L’accoglienza non è stata delle migliori, con parte dei cittadini che hanno respinto il primo ministro israeliano, arrivando anche a definirlo “assassino“. Netanyahu ha comunque deciso di tenere un discorso, sottolineando che “Israele continuerà ad essere al fianco di chi è stato colpito, qui, in tutta la Regione, oggi, domani, sempre“.

In poco tempo è poi giunta la promessa di una vendetta che ha costretto i Paesi dell’Occidente a mobilitarsi per evitare un’escalation. Per ora la reazione israeliana si è limitata ad una serie di raid mirati con i droni contro comandanti sul campo dei miliziani sciiti in Libano, mentre Hezbollah starebbe continuando a lanciare raggi verso Israele e si starebbe preparando alla risposta di Netanyahu con lo spostamento di missili di precisione e svuotando le postazioni nel Sud del Paese.

Secondo Andrea Tenenti, portavoce di Unifil, “la preoccupazione non manca, ma lo spazio per una soluzione diplomatica è ancora aperto“. Il portavoce ha infatti sottolineato che questo non è il primo attacco mortale subito dal Libano e che già da mesi le tensioni tra i due Paesi sono aumentate. Per questo, l’attentato al Golan potrebbe non avere conseguenze troppo dure.

Ma una situazione come questa resta preoccupante, così come qualsiasi escalation o miscalculation  potrebbe appunto ampliare il conflitto” ha dichiarato Tenenti, spiegando che “c’è la consapevolezza che un conflitto diretto tra Israele e Libano si tradurrebbe in un conflitto regionale, ma ci sono anche gli strumenti per impedirlo“. Il deterrente, infatti, potrebbe essere proprio la risoluzione Onu 1701, tramite cui “si può cercare di far avanzare il processo di pace“.

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