Legge di Bilancio, il “via libera in extremis” è ormai di prassi: perché agitarsi?

Il giornalista Riccardo Mazzoni ha delucidato alcuni passaggi dietro la "temuta" manovra economica spolverando la memoria alla sinistra che ogni anno "fa la predica" alla maggioranza di turno

Redazione
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Quel frenetico scenario che si presenta quando occorre affrontare e approvare il bilancio dello Stato italiano è arrivato anche quest’anno. Riccardo Mazzoni ha desiderato uscire da questo caos in cui si perdono le coordinate della normalità di situazioni come questa della Legge di Bilancio. Su Il Tempo, il giornalista è riuscito a resettare le menti dal solito attacco di panico che le opposizioni cercano di suscitare nell’opinione pubblica.

L’onorevole Mazzoni avendo vissuto all’interno dei Palazzi, frequentando quindi aule e commissioni parlamentari conosce bene le dinamiche che si verificano dietro l’argomento. Infatti, “l’approvazione della legge fondamentale dello Stato viene sempre gestita da poche mani esperte all’insaputa della quasi totalità dei deputati e senatori“, svela il giornalista spiegando che, inoltre, le migliaia di emendamenti proposti dai suddetti deputati e senatori, “vengono cestinati o trasformati in inutili ordini del giorno“.

Per questo motivo, Mazzoni può definire nel solito copione la diatriba con cui le opposizioni “smemorate” iniziano ad accusare la maggioranza di turno di “prevaricare le Camere” e di “calpestare la Costituzione con i famigerati maziemendamenti pieni di norme eterogenee che rendono impossibile una scelta libera e consapevole da parte dei parlamentari“. Per di più, la scadenza vestita da 31 dicembre, che sembra essere l’alibi con cui la sinistra agisce, in realtà serve ad attuare l’articolo 81 della Costituzione e a “scongiurare l’esercizio provvisorio“.

Il giornalista evidenzia che la Legge di Bilancio è “una legge omnibus che contine tasse, spese, finanziamenti, tagli, agevolazioni, obblighi, diritti, divieti e proroghe, tra misure giuste e mance indecorose, il tutto miscelato nell’immancabile maziemendamento su cui viene apposta la questione di fiducia“.

La manovra quest’anno, ad esempio, vede esibirsi anche un Pd che però “farebbe meglio a tacere“, in quanto, come ricorda Mazzoni, il partito fece addirittura ricorso alla Corte costituzionale quando Lega e M5S governavano il Paese. I dem avevano contestato il fatto che “le minoranze parlamentari non avevano neanche potuto leggere le modifiche apportate alla manovra dopo la pantomima del rapporto deficit-pil al 2,04% e la capitolazione di Conte pressato dall’Ue“.

L’anno successivo la legge di bilancio arrivò al Senato ancora più tardi, nonostante ci fosse un esponente del Pd all’Economia, ma, come fa notare l’ex caporedattore de La Nazione, nessuno si è sognato di scomodare la Consulta. Un altro esempio è il 2019, quando l’approvazioni fu condotta alle 4.44 del 24 dicembre, mentre nel 2020per il voto finale bisognò aspettare il sì del Senato il 30 dicembre, in piena zona Cesarini“. L’onorevole continua a far riaffiorare alla mente altre date estreme correlate ai governi che presiedevano. Per assurdo, anche con Draghi al Governo, la legge di bilancio fu approvata alla Camera il 30 dicembre 2021.

Ma oltre ai dati temporali, Mazzoni riporta la “sostanza”. Il bilancio di Meloni e Giorgetti è stato pienamente approvato a Bruxelles. Invece, spesso le “Finanziarie della sinistra” sono state usate per costruire tesoretti a beneficio delle proprie clientele. Ed anche qui, gli esempi non mancano. “Basti pensare – esorta il giornalista – alle ‘clausole di salvaguardia‘ milionarie dei governi Renzi e Gentiloni e alla selva di misure coperte con nuovo deficit grazie anche al baratto con Bruxelles sul via libera all’immigrazione, svelato da Emma Bonino“.

Poi, la ciliegina sulla torta in fatto di cattivi esempi. “L’ultimo governo Prodi, che nel tentativo di salvarsi la pelle aumentò il rapporto deficit-pil dello 0,4%, mandando al diavolo gli impegni ‘rigoristi’ presi con l’Europa e costringendo l’allora ministro Padoa Schioppa a rinnegare in pochi giorni la sua dottrina sul contenimento della spesa pubblica, riporta il giornalista toscano.

Quindi, il “via libera in extremis” è oramai una costante e non dovrebbe far preoccupare. L’onorevole ha tentato così di calmare le acque riportando alla memoria gli anni passati vissuti sempre nei medesimi sentimenti pur con governi estremamente diversificati. Insomma, le opposizioni sono affezionate al loro solito teatrino.

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