Le elezioni, Draghi, l’Europa e la stampa: lo scenario mutevole del Parlamento

Diogene di Sinope
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A ben vedere però se la prognosi è verosimilmente certa, assai meno certe sono le conseguenze che ne potranno scaturire: al punto da mettere in criticità lo stesso mandato alla Meloni per divenire premier del prossimo governo

Siamo ormai arrivati al giorno delle elezioni. I sondaggi pare che non consentano troppi dubbi sul loro esito. Dovrebbe vincere la coalizione di centrodestra. E quindi il centrodestra governare. Seppure con qualche mugugno. A ben vedere però se la prognosi è verosimilmente certa, assai meno certe sono le conseguenze che ne potranno scaturire: al punto da mettere in criticità lo stesso mandato alla Meloni per divenire premier del prossimo governo. Con gioia innegabile della Von Der Leyen, e di buona parte del mondo cattocomunista. In assoluto, per tradizione, da sempre più capace a gestire il potere, pur senza legittimazione popolare – le esperienze Monti e Draghi ne sono esempi scolastici – ed anche a patto di rinnegare la storia delle formazioni che pur di stare nella stanza dei bottoni, abiurano la loro tradizione – la fusione a freddo post comunisti e post democristiani, per superare le macerie di Tangentopoli, costituisce ancora oggi la materializzazione della abiura di ogni minimo sentimento ideologico, per bieca convenienza. 

Le conseguenze del voto per il centrodestra

Ma, tornando al tema, perché le conseguenze del dopo voto potrebbero rivelarsi complicate per il centrodestra, pur deputato a vincere? La risposta. Per la difficoltà di ottenere almeno 112/115 senatori, che in tal numero garantirebbero la tenuta della compagine governativa. La problematica disvela l’uovo di Colombo, essendo l’obiettivo cui mirano Conte, e soprattutto il “pariolino” Calenda. L’incertezza di tenuta di questa ala del Parlamento, consentirebbe a Mattarella di non conferire l’indigesto mandato di primo ministro alla Meloni. Iper sicura mattatrice dell’attuale momento politico italiano. Si maturerebbe in tale maniera il presupposto di quel che dovrebbe essere rifuggito: un nuovo inaccettabile inciucio, nel quale la destra si confonderebbe di nuovo con la sinistra ed entrambe con il centro, o magari con il redivivo Conte. Né che l’ipotesi appaia fantasiosa, poiché’ gran parte del successo dei fratelli d’Italia, si sostanzierà con un travaso di voti dalle forze alleate di centrodestra, ovvero da Forza Italia, in fase crepuscolare, e della Lega, dilaniata dal contrasto insanabile tra l’anima governativa, pensante, ma inutile nel recinto del partito che snatura, e l’anima espressa da Salvini, avversato da critiche interne severe, anche se ad oggi poco esteriorizzate, poiché’ non si può studiare da Premier, identificando un serio programma di governo nella lotta alla immigrazione… Il richiamato travaso di voti, insomma, agevolerà la Meloni, ma non la coalizione.

Enrico Letta e Giorgia Meloni
Enrico Letta e Giorgia Meloni

Lo spettro di un nuovo governo tecnico

Lo spettro di un altro tecnico, di sicuro compiacente alle aspettative ed alle direttive europee, sarebbe drammatico. Tanto che sarebbe bene a tutti ricordare che nel Protagora di Platone, quindi in epoca non sospetta, si scriveva che ad Atene laddove necessiti un parere tecnico, si officia un tecnico, mentre laddove si debba affrontare un tema politico, risponde chiunque nell’Agora’. A significare che gli opinionisti di convincimenti contrari, dovrebbero interrogarsi su questi capisaldi filosofici. Se poi le elezioni dessero al centrodestra la forza numerica anche al Senato, beh, finalmente vedremo cosa saranno in grado di combinare. La curiosità e’ pari allo scetticismo. Però questo impone la legge democratica. Anche di tollerare che un La Russa, nel clima terroristico insinuato dalla Europa, usi un saluto fascista in una manifestazione pubblica. Auguri doppi alla Meloni, che nel caso in cui divenisse premier, dovrebbe vedersela con le vecchie non episodiche simpatie per il ventennio, proprie di molti seguaci. La sua abilità consisterà nel dover rispondere con i fatti e con la rigorosissima scelta di uomini da inserire nella sua squadra, affinché siano di spiccato valore, a prescindere dalla tessera, che è meglio non abbiano.

E comunque, per tranquillizzare i venditori di fumo, fare peggio di quanto è accaduto negli ultimi anni, sarà quasi impossibile. Lo scetticismo, pertanto, non farebbe che confermare il nulla della rappresentatività politica di chiunque oggi governi. E si concluderebbe con un continuum rispetto alle gesta dei premier meno risalenti. L’affermazione sarà non condivisa da una infinità di lettori. Purtuttavia pare dovuta. Per queste brevi considerazioni: nessuno dubita del prestigio internazionale di Draghi. Forse l’italiano più accreditato nella comunità internazionale. Nessuno può però mettere in discussione che quella credibilità è frutto delle sue professionalità dimostrate nel suo “cursus honorum” da banchiere e da uomo della finanza. Non dunque dal proprio passato politico. Inesistente. Ed allora se è vero che la sua immagine ha consentito che fosse confermata la stratosferica somma che è disposta a concedere l’Europa al nostro paese, somma che peraltro Conte aveva strappato all’Europa; se è più vero che i programmi attuativi del suo PNRR sono non comparabili per valenza e qualità rispetto a quelli abbozzati da Conte, è pure e massimamente vero che nel contempo, sul resto, il suo Governo non lascia nulla da emulare. L’inflazione è sotto gli occhi di tutti, a due cifre. Le pensioni ed il reddito fisso è così martorizzato. Le bollette infiammano e non sono pagabili. Le imprese messe alle corde. Meglio: versano soventemente in stato pre fallimentare. Si obietta: il Governo Draghi non ha praticato scostamenti di bilancio. Replica: la giustificazione è di natura sofistica. Quale sia il prossimo governo non potrà prescindere da uno scostamento di bilancio. Evitato da Draghi con l’assumere che essendo rimasto nella carica di premier per gli affari correnti, non avrebbe potuto far assumere dal governo che presiedeva, impegni di spesa. Ne discende che il governo Draghi ha innescato irreversibilmente il fenomeno, che avversa a parole, dello scostamento di bilancio, per sopraggiunte esigenze di finanza pubblica. Le osservazioni critiche non finiscono qui. Si è anche aggiunto dai filo draghiani, che la presa di posizione assunta dall’Italia riguardo alla guerra in Ucraina, non poteva essere che quella adottata. Anche a costo della tragedia che ha innescato sul caro vita e sul caro bollette. Qui il discorso si fa più imbarazzante. Nessuno nega o può negare che Putin si sia reso artefice di una iniziativa bellica inqualificabile. Nel contempo non si potrebbe del pari negare che andrebbe pure sindacata la folle ragione del conflitto, che non puo’ non essere ascritto alla o comunque pure alla smania espansionistica della Nato

il difforme zelensky von der leyen

Materializzatasi con lo sconfinamento senza limiti nei territori dell’est europeo. In disapplicazione di intese convenzionale condivise. Di ciò in Italia non è lecito parlare, o aprire un dibattito. Il tema è stato attentamente schivato nel confronto fra i partiti durante la campagna elettorale, nel timore che la stampa di regime, quella stessa che impediva di pubblicare notizie sulle cure integrative ai vaccini, per vincere il Covid, avesse incendiato i detrattori della logica unica di Palazzo. La medesima Meloni è stata imbavagliata sul tema, e quel che residua del noto Cavaliere, è stato subito bombardato nel momento in cui ha tentato di esprimere una convinzione diversa dalla visione del Palazzo. E’ questa la funzione della stampa, o è questa la funzione della stampa propria di una democrazia imperfetta? In tale guisa l’Italia, con Draghi vessillifero, ha esaltato il diktat americano, espresso da uno dei meno accreditati presidenti Usa, di ogni tempo, che nella incentivazione della guerra in Ucraina cerca di recuperare consensi, rispetto ad un competitor, antiestetico, chiacchierato in ogni senso, ma di certo almeno scaltro. Ma guai a non seguire lo schema americano… L’Europa, ridicola nella condotta tenuta sul versante del conflitto ucraino, sarebbe da subito pronta a punirci, come senza tanti giri di parole, goffamente smentiti, ha avuto l’ardire di asserire la Von Der Leyen. Dimentica della indisponibilità della Germania a fissare un tetto sul prezzo del gas – poiché vanta intese pattizie con la Russia a prezzi concordati altamente favorevoli- come pure della volontà della Francia di lasciare l’Italia a s stessa… Eppure Draghi voleva che fosse stato introdotto in Europa un tetto al prezzo del gas…: si può scrivere o si deve negare?

Riecheggiano lontane le parole di Craxi, “l’Italia ha bisogno dell’Europa, ma anche l’Europa ha bisogno dell’Italia…”. Chi dei politici odierni può sostenerlo ora? Nessuno, pena le reazioni sullo spread telecomandato. Come forse accadrà se dovesse imporsi il centro destra, secondo la regola democratica della alternanza, con le preoccupazioni oggettive che si riveli un altro salto nel buio, praticato, da ulteriori apprendisti stregoni della politica. Senza soluzioni di continuità. Vedremo. Buon voto a tutti.

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