La leader di Fratelli d’Italia, sventolando la bandiera della parità di genere, diffonde sui suoi canali social il filmato di uno stupro ad opera di un richiedente asilo: ma così, invece di aiutare la ragazza, la condanna di nuovo
La campagna elettorale verso le elezioni del 25 settembre si tinge sempre più di una venatura polemica. Questa volta ci pensa Giorgia Meloni, leader del primo partito d’Italia, a rincarare la dose: nella giornata di ieri, infatti, posta un video sui suoi canali social in cui viene ripreso uno stupro fra le vie di Piacenza.
“Nobile” il proposito dell’onorevole: difendere la vittima, una donna ucraina, con immediata condanna del violentatore, un richiedente asilo. Il web non ha risparmiato le critiche al capo di Fratelli d’Italia, accusandola di manipolare il fatto drammatico a favore di propaganda.
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Fra coloro che attaccano Meloni anche Enrico Letta, segretario del Partito democratico, che dice: «C’è il rispetto delle persone che deve essere prima di tutto, quindi invito tutti a fare una campagna elettorale in cui si parli delle cose e ci si confronti anche animatamente. Ma non si può essere irrispettosi dei diritti delle persone».
Anche Carlo Calenda, ospite al programma “Coffee break” su La7 condanna il gesto della sua opponente politica e il grande seguito che il filmato postato in rete ha generato: «Meloni ha fatto una cosa indegna di un paese civile. Se fosse mia figlia o sua figlia, non vorremmo che fosse esposta sui social network mentre viene violentata, da una leader politica che si candida a governare il Paese».
Meloni replica: «Sono loro a fare bieca propaganda»
Cerca di difendersi dalle accuse Meloni che risponde agli attacchi: «Il video pubblicato sui miei social è oscurato in modo da non far riconoscere la vittima ed è preso dal sito di un importante quotidiano nazionale, a differenza di quanto da lui sostenuto».
Poi conclude, come nella migliore tradizione dei partiti più duri sul tema dei migranti, passando al contrattacco: «Mi vergogno francamente di leader politici che mentre usano uno stupro per attaccare me, non spendono una parola di solidarietà per la vittima, evidentemente per paura di dover affrontare il tema dell’emergenza sicurezza aggravato».
Quando Meloni dice che il video è stato ripreso da una delle più grandi e importanti testate giornalistiche italiane non afferma il falso. Nel filmato si legge a chiari caratteri il nome del quotidiano, come fosse l’etichetta di proprietà di quel contenuto.
Viene da pensare allora che, forse, il problema non sia tanto Fratelli d’Italia – o Meloni, come Letta o Calenda – quanto un problema sistematico: perché pubblicare il filmato di una donna in difficoltà? Perché poi condividerlo e repostarlo, contribuendo alla sua diffusione?
Italia, abbiamo un problema
Poco importa che il volto della vittima sia oscurato: da qualche parte, in qualche via di Piacenza, c’è una donna che, già travolta dallo shock di una violenza sessuale, ora si sente al centro di uno scandalo. E lo scandalo non è certamente il fatto che in Italia la violenza di genere è in costante e progressivo aumento – basta consultare questa pagina dell’Istat per avere una panoramica – ma è di matrice politica, nell’occhio del ciclone della campagna elettorale.
E non sbaglia ancora Meloni quando, nel suo discorso di difesa, dice che nessun politico ha lanciato messaggi di solidarietà alla vittima: di fatto, hanno tutti contribuito ad alimentare il fuoco che, però, lei stessa ha creato.
C’è un gap sistemico in Italia, un cortocircuito che tutti, fra conservatori e progressisti, continuiamo a portare avanti: prendere le questioni di genere sottogamba, mercificarle a servizio di una discussione. Uno scialbo tentativo di femminismo da parte di Meloni: quanto giova alla vittima la condivisione del video?
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