Con un gesto che riflette la profondità delle implicazioni giuridiche e costituzionali, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha promulgato una delle leggi che, probabilmente, meno ha condiviso durante il suo quasi decennio al Quirinale. Si tratta del provvedimento che rende reato universale la gestazione per altri (GPA), una norma che ha acceso il dibattito etico e politico nel Paese e che segna un passaggio delicato nelle relazioni legislative con l’Europa.
Atto di dovere costituzionale
La firma è arrivata il 4 novembre, entro i termini costituzionali di un mese dall’approvazione parlamentare, e alla vigilia della missione del Presidente in Cina. Fonti del Quirinale hanno precisato che il testo è stato inviato al governo nella stessa giornata, smentendo le voci che ipotizzavano un ritardo intenzionale nella trasmissione. La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è prevista per lunedì, segno di una procedura formalmente ineccepibile ma che lascia spazio a interrogativi sul piano politico.
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Mattarella, come previsto dal suo ruolo di garante della Costituzione, ha valutato con attenzione il testo e, pur nutrendo perplessità di natura etica e politica, non ha rilevato profili evidenti di incostituzionalità. Come spiegato dal Presidente stesso in un recente intervento, il suo compito non è esprimere un giudizio politico, ma verificare il rispetto dei principi costituzionali, agendo come un “arbitro-meccanico” e lasciando eventuali dubbi interpretativi alla Corte Costituzionale.
Perplessità del Colle
La legge sulla GPA si inserisce in un contesto europeo che tende verso una regolamentazione più permissiva o, in alcuni casi, apertamente favorevole alla gestazione per altri. Questo rende la norma italiana un caso unico e controverso. Non è un mistero che, all’interno del governo e della maggioranza, si fosse consapevoli delle riserve del Presidente su un provvedimento che tocca temi etici profondi e che potrebbe generare tensioni con il diritto internazionale.
Secondo analisi vicine al Quirinale, Mattarella ha classificato questa legge tra quelle che non ha condiviso, ritenendole “sbagliate e inopportune”. Tuttavia, il Presidente ha ribadito che non basta un “dubbio” per rifiutare di promulgare una legge, poiché ciò equivarrebbe a sostituirsi alla Corte Costituzionale, violando il principio di separazione dei poteri.
Clima politico infiammato
La promulgazione del provvedimento arriva in un momento di forti tensioni tra il governo e la magistratura, con episodi che hanno alimentato la polarizzazione. Tra questi, l’incontro del 4 novembre tra la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il vicepresidente del CSM Fabio Pinelli, e le dichiarazioni di Elon Musk sui giudici italiani, che hanno provocato una netta risposta del Presidente della Repubblica.
In un simile contesto, la legge sulla GPA diventa un simbolo delle difficoltà di conciliare visioni etiche e politiche divergenti, all’interno di una cornice costituzionale che limita l’azione discrezionale del Capo dello Stato.
Il ruolo di Mattarella come garante della Costituzione
Il caso della legge sulla GPA evidenzia, ancora una volta, la complessità del ruolo del Presidente della Repubblica: un garante chiamato a mantenere un delicato equilibrio tra il rispetto delle prerogative parlamentari e l’adesione ai principi costituzionali. Mattarella, con il suo gesto, ha riaffermato l’importanza della funzione istituzionale come elemento di stabilità, anche di fronte a leggi che non rispecchiano le sue convinzioni personali.
In un sistema democratico, il rispetto delle regole costituzionali è fondamentale, ma questo episodio pone una domanda più ampia: fino a che punto le leggi eticamente divisive possono essere promosse senza un consenso ampio e trasversale? Un interrogativo che il Paese, e forse l’Europa, dovranno affrontare nei prossimi anni.
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