Giurì d’Onore, duello sul Mes: Conte vuole giustizia e Meloni pronta a difendersi

Ieri Giuseppe Conte ha avuto un colloquio di un'ora e mezza con il Giurì d'Onore per scardinare le accuse di Meloni e dimostrare la trasparenza del suo governo sull'adesione al Mes; oggi sarà ascoltato il premier che sembra porterà prove inedite a suo favore

Redazione
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È passato un mese circa da quando Giorgia Meloni ha sventolato in un’Aula del Senato il fax che fungeva da prova contro le azioni del governo Conte, accusato di aver ratificato il Mes nel periodo in cui aveva già dato le sue dimissioni da premier e in cui era in carica solo per gli affari correnti. Oggi c’è la resa dei conti, proprio davanti a quel Giurì d’Onore richiesto dal leader pentastellato, che dal 13 dicembre continua a chiedere “giustizia“.

Ieri è stato il turno del grillino, audito per circa un’ora e mezza dalla Commissione incaricata. Un colloquio privato, di cui non è dato sapere il contenuto e che ha visto Conte presentarsi con un faldone di circa 100 pagine, necessario a spiegare la sua posizione e le sue ragioni. A mezzogiorno, invece, sarà il turno del premier, che dovrà fornire una base alle sue accuse, per ora sostentate dal solo fax a firma Di Maio.

Entro il 9 febbraio la commissione del Giurì d’Onore, guidata da Giorgio Mulè (FI) e composta da Fabrizio Cecchetti (Lega), Alessandro Colucci (Noi Moderati), Stefano Vaccari (Pd) e Filiberto Zaratti di (Avs), dovrà rendere pubblica la sua decisione tramite una relazione, di cui l’Aula prenderà atto senza dibattito o votazione.

Giurì d’Onore, l’audizione e la difesa di Giuseppe Conte

Voglio giustizia per le dichiarazioni false e menzognere che mi sono state rivolte” ha ribadito Giuseppe Conte, sottolineando come non sia “consentito a nessuno di venire in Parlamento a ribaltare la realtà dei fatti“. Il riferimento ovviamente è a Giorgia Meloni che, a seguito della mancata ratifica del Mes sotto il suo governo, ha deciso di ricordare come la prima adesione italiana al trattato sia avvenuta “col favore delle tenebre” e soprattutto dopo che il premier aveva già dato le sue dimissioni. Conte però non ci sta e chiede a gran voce giustizia, invocando l’intervento del Giurì d’Onore.

Giuseppe Conte
Giuseppe Conte

Ieri è stato il suo turno. Novanta minuti in cui avrebbe mostrato alla Commissione le prove della trasparenza del suo governo. Il via libera al trattato dell’Ue sarebbe stato dato quando Conte era in ancora in carica e dopo ben 14 passaggi parlamentari, come previsto dal protocollo. Inoltre, sottolinea Conte, con gli interventi degli ex ministri Tria e Gualtieri sia nelle Commissioni che nelle Aule, gli interventi diventano circa quaranta.

Oggi l’audizione di Giorgia Meloni

Il premier, nel frattempo, attende pazientemente il suo turno previsto per oggi a mezzogiorno. Si tratta del primo caso in cui un Presidente del Consiglio siede di fronte ad un Giurì d’Onore ma, ormai lo abbiamo capito tutti, Giorgia Meloni è una donna che ha intenzione di segnare tante nuove prime volte. Se Conte ha deciso di improntare la sua difesa su una memoria cartacea, Meloni sembra aver deciso di agire soltanto con le parole, grazie ad una deposizione meticolosamente preparata insieme ai sottosegretari Giovanbattista Fazzolari e Alfredo Mantovano.

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Giorgia Meloni

Meloni, però, parte svantaggiata a causa delle dichiarazioni di Luigi Di Maio, che ha smentito le accuse del premier sottolineando come sul fax portato in aula la data della firma sia quella del 20 gennaio 2021. Il governo di Giuseppe Conte è caduto quasi una settimana dopo, il 26 gennaio 2021. Eppure, in FdI c’è la certezza che Meloni possa convincere la commissione e dimostrare la veridicità delle sue accuse, proprio grazie “ad argomenti fattuali, convincenti e cronologicamente inoppugnabili“. Sembra, inoltre, che nella deposizione del premier siano presenti anche nuovi elementi finora non resi pubblici, che avrebbero lo scopo di indebolire il leader del M5S.

Giurì d’Onore, quali saranno le conseguenze?

Nonostante l’accanimento di entrambi i leader, la decisione che entro il 9 febbraio verrà presa dalla commissione del Gran Giurì non avrà ripercussioni gravi sui mandati dei due politici. Si ipotizza che, nel caso in cui Conte riuscisse a dimostrare di avere ragione, la sentenza potrebbe recare solo un danno di reputazione al leader. Nessun provvedimento, nessuna sospensione e nessun ammonimento.

Allora a quale scopo Giuseppe Conte ha deciso di convocare il Giurì d’Onore? Probabilmente per tenere alta l’attenzione sulla sua figura, nelle ultime settimane oscurata da Elly Schlein e dal suo plausibile scontro televisivo con il premier.

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