Giuli, da scacchista a pedina?

Non si tratta solo di opposizione, di avversari, di limitazioni in senso lato, ma riuscirà Alessandro Giuli a fronteggiare, a proporre e a difendersi con le spalle coperte da alleati che non siano invisibili in una foresta che è vergine per questo Governo?

Margherita Valigi
8 Min di lettura

Potrebbe essere assolutamente tutto vero. La cultura italiana pare sarà configurata da un personaggio non appartenente al sinistrismo e al destrismo cui si è abituati. Ma la cautela non manca. Perché è cosa nota e universalmente riconosciuta che fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Di quel “Non abbasseremo il capo” dichiarato fermamente in una certa “notte di riscatto” da una certa Meloni battagliera, resta solo il ricordo di un orgoglio che aveva risvegliato da demistificate turgide ebbrezze. Sembrava possibile smettere di boccheggiare in quella cultura dissacrante, ma ci si è illusi di trovare valori in un’innocente e spontanea effusione di desideri.

Dopo incommentabili episodi da perdita di credibilità, l’attenzione si distrae intercettando un certo Alessandro Giuli divenuto Ministro della Cultura. Costui ha esordito al G7 Cultura dello scorso settembre e ad anno nuovo sarà incoronato d’alloro. Il predecessore Sangiuliano, anche se fautore di buone iniziative e risanamenti a macchia d’olio, verrà, ahimè, ricordato come versatore di lacrime di coccodrillo in diretta nazionale. Ottenendo, per di più, la nomina di autore collaborativo del manuale meloniano “Masochismo e Zappa sui piedi“. Le sue dimissioni avevano agitato le acque del Governo mentre eccitavano gli animi dell’opposizione.

Scacchiera libera

Un’atipica e febbricitante partita di scacchi quella iniziata tra il neo ministro e la scena politica attuale. Giuli sembrerebbe un giocatore valido. Si ammanta di spiccata dote oratoria, ma si spera non sia solo fortuna del principiante. La cultura del collettivo rosso, invece, è giocatrice professionista, anche se rischia torbide mosse. Il timore di ritrovarsi sotto scacco in casa è lampante e la regina rossa è mangiata dall’imperturbabilità di Giuli alle punzecchiature. Inizia, così, a stridere un fischiettante “Bella Ciao”, mentre arranca il tifo di una goffa destra inesperta di scacchi. Ne approfitta e cavalca l’onda Giuli per farsi perdonare le delusioni arrecate. 

L’orologio di scacchi, avviato al Festival del Cinema di Venezia dal giocatore che di regola muove i pezzi bianchi, rossi in questo caso, è riscattato a Napoli. L’avversario del Ministro si incornicia in una sinistra corriva di opaca mentalità e di un certo establishment intellettuale, il cui massimo segno di reazione è “bocciare” Giuli. Figli di una cultura impostagli e divenuti sostenitori di un’allucinata lotta al Fascismo. D’altronde, infamate e sotterfugi erano più che efficaci visti gli avversari flemmatici e raccontastorie finora sfidati. Motivo per cui, il nuovo scacchista, per ora, giocherà in solitaria e punta a portare ordine nella foresta della cultura.

Da ciò che vuole far respirare, Alessandro Giuli non si mostra pregiudizialmente antipatizzante, anche se chiaramente schierato. Gli avversari hanno comunque recitato il solito copione scarlatto che fondamentalmente gli è stato sempre permesso di portare in scena da una controparte inesistente e dai loro alleati che ne hanno preso le distanze.

Ma il ministro insediatosi da meno di un mese, dichiara “Legemonia culturale si costruisce, si forma dentro la società. E non attraverso il ricambio che c’è sempre stato. Limportante è non considerarsi mai detentori di un ruolo per una sorta di diritto divino”. Giuli non può permettersi di giocare con il fuoco sentendo tutto il peso dei faldoni di sentimenti oppressi e non dichiarati insieme agli atteggiamenti di colleghi che fanno morire qualsiasi senso di appartenenza.

Molti sono i timori quanto le aspettative del collettivo rubino, degli alleati rossi, dei destrorsi, degli inesperti, della Bionda nonché di Giuli. Sempre due anni sono serviti prima di intercettare uno spiraglio tra le nubi meloniane all’orizzonte di un impoetico destino. Sarebbe stuzzicante, però, rimescolare le carte in tavola dell’essenza della civiltà italiana per plasmare gli abissi e la totalità nazionale, i suoi conflitti ma anche la sua tenerezza. Così da disinnescare la perdizione dell’innamoramento di se stessi, in quanto italiani. D’altronde, come Giuli ha dichiarato, “La cultura è lanima di una nazione, incarna la sua identità, la sua storia, i valori della sua comunità”.

Un Giuli da assaporare

Alessandro Giuli si è formato su un’idea di valore, buonsenso e lealtà ben precisa. Un credente nello “sfondamento a sinistra” dell’anima sociale della destra rautiana. Andare oltre la destra ed oltre la sinistra. Un Pino Rauti politico ed intellettuale, che veniva definito di “natura gramsciana” e che difatti potrebbe continuare ad ispirare Giuli. Da qui l’ipotesi di una futura papabile cultura non imbacuccata ideologicamente.

Il neo ministro ha assaporato la politica fin dalla più vulnerabile età, quando si trovò ad un bivio bicolore in un’epoca in cui il contesto non lasciava indifferenti. Un bivio che offriva di perseguire la strada del nonno paterno da Ventennio, Marcia su Roma e Saló, con padre sindacalista della Cisnal, iscritto al MSI ed erede di una dinastia di proprietari terrieri marchigiani, cresciuto nella convinzione che la Resistenza gli avesse sottratto tutto. Un bivio che mostrava anche l’altra faccia della medaglia, coniata in una realtà diametralmente opposta. Nonno materno che ha combattuto con la Resistenza e madre democristiana. 

Dovrebbe, dunque, saper sgomitare tra i fanghi di questa destra e di questa sinistra infelici. Riconoscere il giusto oggettivo e muoversi sciolto da qualsiasi orientamento prestabilito, considerando fatti ed individui e non solo il sistema di pensiero in cui sono inseriti. Tutto in nome della libertà. 

Un giocatore in solitaria

Mantenersi giocatore principale e non divenire pedina mossa è sostanziale per raggiungere la concretezza delle parole. C’era e c’è troppa fame destroide da saziare dopo anni e anni di digiuno culturale e politico. Non ci hanno visto più a causa di una fame costata un menu stellato che oltre l’amuse-bouche non è andato. I commensali scelti da Meloni per sedere al tavolo del Governo, non sanno tenere le posate in mano. Lei forse si, ma inizia a masticare a bocca aperta. Chiedendo il conto, Alessandro Giuli sembra essere l’unico in grado di tenere i gomiti non poggiati a tavola. 

Tra i male-educati che stanno svilendo i valori di un partito che mantenendo la Fiamma tricolore nel proprio simbolo dovrebbe invece ben rappresentare, il neo ministro potrebbe sancire quel segno di discontinuità che andava riscattato. Sarà Giuli lo scacchista che muoverà pezzi rossi e pezzi neri egualmente senza scambiare lo stato d’animo con la verità, la psicologia soggettiva con la ricerca morale e l’esaltazione emotiva con la poesia della vita

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