Il rapporto sulla competitività europea, pubblicato da Mario Draghi lo scorso 9 settembre, sembra essere divenuto in parte anacronistico. Lo ha confermato lo stesso ex presidente della Banca centrale europea, sottolineando che oggi, dopo 5 mesi dalla presentazione del report, l’Ue ha un nuovo avversario da fronteggiare. Oltre alla Cina, la cui espansione tecnologica ed economica è ben superiore a quella europea, oggi il Vecchio Continente si ritrova a competere anche gli Stati Uniti di Donald Trump.
Draghi è dunque intervenuto al Parlamento europeo per la settimana parlamentare 2025, chiarendo che i possibili dazi Usa ostacoleranno “l’accesso dell’Unione al suo più grande mercato di esportazione“. Inoltre, l’aumento delle tariffe sulle merci cinesi in arrivo negli Usa non faranno altro che sovraccaricare il mercato europeo, aumentando la distanza tra la produzione Ue e quella del Dragone.
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Una situazione piuttosto complesso a cui però l’Europa deve reagire. “La risposta deve essere rapida, perché il tempo non è dalla nostra parte“, ha chiarito l’ex premier, ricordando come l’Ue debba concentrarsi sui settori che guideranno la crescita futura, abbattendo le barriere interne tra Paesi membri, semplificando le normative nazionali e spingendo “un mercato dei capitali più basato sull’equity“.
Draghi: “Dobbiamo rispondere come unico Stato”
“Per far fronte a queste sfide, è sempre più chiaro che dobbiamo agire sempre di più come se fossimo un unico Stato“, ha rivendicato Draghi, esortando i 27 Stati europei a fare la loro parte, guidati dai vertici della commissione europea, che devono comprendere quali sono le priorità del momento. Inoltre, l’ex presidente della Bce ha evidenziato le complessità che questo tipo di risposta comporta, in quanto sarà necessario coinvolgere “ricerca, industria, commercio e finanza“, ovvero un tipo di coordinamento mai messo in atto prima.
“L’economia europea ristagna mentre la gran parte del mondo cresce“, ha aggiunto Draghi, sottolineando la gravità del momento ed esortando i vertici Ue a prendere decisioni più rapide e soprattutto efficaci. L’ex premier ha poi annunciato che il primo passo da compiere riguarda l’abbassamento dei prezzi dell’energia, uno dei talloni d’Achille del Vecchio Continente.
Tra le altre cose, Draghi ha ricordato come, in una delle ultime riunioni tenute ancora prima della conclusione del rapporto con la Bce, non sia possibile “dire di no a tutto“, dal Debito pubblico, al Mercato unico, o alla creazione dell’Unione del mercato dei capitali, “altrimenti bisogna essere coerenti e ammettere di non essere in grado di mantenere i valori fondamentali per cui questa Unione europea è stata creata“. L’ex presidente della Banca centrale giunge quindi ad una cruda e diretta conclusione: “Quando mi chiedete ‘cosa è meglio fare ora’ dico che non ne ho idea, ma fate qualcosa!“.
Il rapporto Draghi “è stato pubblicato in settembre” oggi “cinque mesi dopo” emergerebbe che “ciò che è nel rapporto è ancora più urgente di quanto fosse 5 mesi fa“. Uno scenario alquanto complesso in cui non è possibile, a detta dell’ex premier, mantenere differenze di opinioni, ma bisognerebbe sottolineare il fatto “ciò che ci accomuna e ciò che credo ci accomuna sono i valori fondanti dell’Unione Europea“.
Draghi: “Necessario abbassare i prezzi dell’energia”
“Si stima che il consumo di energia dei data-center in Europa più che triplicherà entro la fine del decennio“, ha sottolineato con enfasi l’ex premier, chiarendo che lo stesso processo di decarbonizzazione può rivelarsi “sostenibile solo se i suoi benefici vengono anticipati“. Ovviamente, i fattori principali dell’aumento dei costi dell’energia sono molteplici, ma in prima posizione si trova ovviamente la mancanza di produzione di gas naturale sul territorio Ue.
“Questi e altri fattori sono tutti di nostra creazione e pertanto possono essere cambiati se abbiamo la volontà di farlo“, ha però evidenziato Draghi, rivendicando quanto già detto negli scorsi mesi. “Le esigenze di finanziamento sono enormi: 750-800 miliardi di euro all’anno è una stima prudente“, ha chiarito l’ex presidente della Bce, sottolineando che il successo delle operazioni dipenderà solamente dall’utilizzo che gli Stati membri faranno dello spazio fiscale di cui dispongono.
Conflitto Ucraina-Russia
Sul fronte che riguarda il conflitto russo ucraino, nel considerare le recenti dichiarazioni dell’Amministrazione americana che potrebbero delineare il futuro dell’Unione, Draghi ha avvertito sul rischio di “essere lasciati in gran parte soli a garantire la sicurezza in Ucraina e nella stessa Europa“.
Zingaretti: “Governi, Commissione e Pe ascoltino Draghi”
Le parole di Draghi non sono passate di certo in sordina ed hanno stimolato reazioni ed opinioni di diverso genere, tra chi si appella al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a chi ritiene che la linea suggerita dall’ex premier sia immediatamente da perseguire.
L’ennesimo appello dell’ex Presidente della Bce, viene ampliamente abbracciato dal capo delegazione del Pd al Parlamento europeo, Nicola Zingaretti. “I governi europei, la Commissione e il Parlamento dovrebbero ascoltare questo messaggio” affinché si possa unire “la politica, l’economia e il nostro modello sociale” oltre ai sistemi produttivi e di difesa. Zingaretti ritiene, infatti, che si tratti “dell’unica strada che abbiamo per continuare ad esistere e andare avanti“.
“Basta traccheggiare“, continua sulla stessa onda Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera appellandosi a Meloni che, a detta sua, sarebbe “sempre combattuta tra gli interessi europei e la fedeltà a Donald Trump, che la riempie d’attenzioni ma contestualmente lavora contro l’Italia“. Un tempo della ambiguità, dice Faraone, che sarebbe finito lasciando spazio al momento di dare il contributo adeguato a un’Europa che “risponda ad una sola voce e con rapidità alle sfide esistenziali che l’attendono“.
Infatti, “superare le frammentazioni” è ciò che suggerisce Ettore Rosato, vicesegretario di Azione, sottolineando l’urgenza di seguire la via indicata da Draghi e dal suo rapporto sulla competitività che la “Commissione Ue ha già scelto come bussola programmatica, suonano come una sveglia all’Europa ad agire presto“.
Se non si riuscisse ad agire come un unico Stato, secondo Piero De Luca, capogruppo del Pd in commissione politiche Ue alla Camera, “saremo sopraffatti e rischiamo un’implosione politica“. Poi, l’appello alla premier Meloni che “non può più glissare o pattinare. Guai a pensare di assecondare le sirene trumpiane che mirano a indebolirci e disgregarci“.
Schifone cita Meloni: “Ora è tempo di passare dalle parole ai fatti”
Marta Schifone, deputata di FdI, nel commentare il discorso di Draghi, pone in riflessione una duplice visione della questione, sottolineando la solidità dell’Italia mentre l’Ue dovrebbe essere più incisiva. “I principali indicatori macroeconomici italiani come l’impennata del valore dell’export, il calo dello spread e i record occupazionali, ci restituiscono la fotografia di una Nazione solida, stabile, credibile“, spiega Schifone rimarcando l’impossibilità di sottovalutare i preoccupanti segnali di difficoltà che giungono da “un quadro europeo quantomai incerto“.
Quindi, la soluzione, a detta della deputata, sarebbe individuare un’Europa più “unita e incisiva sui grandi temi, capace di lasciare in capo agli Stati membri la gestione delle questioni più vicine ai cittadini, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà“.
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