“In Ue salari troppo bassi”, Draghi sferza ancora l’Europa: quali sono le proposte dell’economista

Se l'Ue non abbandona il sistema attuale basato su export e salari bassi rischia di avere tra 25 anni le stesse percentuali di Pil ma uscite molto più onerose; Draghi ricorda quindi l'importanza della creazione di un mercato unico dei capitali che possa portare l'Unione europea ad avere la possibilità di produrre debito comune per far progredire le economie dei singoli Stati

Redazione
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Mario Draghi non ha intenzione di mollare la presa o di smettere di pressare l’Unione europea affinché questa intraprenda la giusta via economica che possa metterne in salvo l’esistenza. Il mercato comune, l’indipendenza dalle altre superpotenze e la creazione del debito comune sono gli obiettivi principali che la nuova commissione di Ursula Von der Leyen dovrebbe cercare di mettere in atto il più velocemente possibile. Il rischio, altrimenti, è quello di avere tra 25 anni una comunità europea che continua ad avere la stessa percentuale di Pil di adesso, ma con uscite estremamente più alte. Il pericolo, insomma, è quello di un’economia al collasso che, oltre a non essere più competitiva, potrebbe anche avere speranze minime di uscire dalla secca.

Quindi, il report che Mario Draghi ha pubblicato lo scorso settembre deve trasformarsi in una vera e propria linea guida per l’Unione europea, affinché il processo di risanamento dell’economia abbia inizio al più presto e possa dare i suoi frutti tra pochi anni. L’ex presidente della Bce, nel corso del suo intervento al Simposio Annuale del Centre for Economic Policy Research, a Parigi, ha inoltre sottolineato due aspetti che lo scorso settembre, al momento dell’analisi del rapporto sulla competitività, non erano presenti in Ue.

Il presidente eletto degli Usa, Donald Trump
Il presidente eletto degli Usa, Donald Trump

Da un lato, l’elezione di Donald Trump, dall’altro le dure crisi di governo in Francia e Germania. Entrambi questi fattori potranno infatti influire negativamente sull’economia europea, costringendo gli Stati membri a fare i conti con politiche ben più stringenti di quelle degli anni scorsi. La stessa presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, ha già sottolineato che le stime per i prossimi mesi potrebbero essere incerte proprio a causa dei dubbi che l’elezione del tycoon porta con sé.

Draghi: “L’Ue deve preservare i suoi valori

L’appello di Mario Draghi, quindi, spinge l’Ue a guardarsi allo specchio e ricordare a se stessa che la lotta più importante è quella per la “salvaguardia dei suoi valori“. Al momento non è possibile adagiarsi sulla situazione attuale, composta da un settore industriale che fatica a mantenere il passo delle altre superpotenze e da un settore delle innovazioni che ancora fatica ad emergere. Al centro, poi, una politica economica troppo improntata sulle esportazioni e troppo poco sulla domanda interna e con una politica dei salari fin troppo rigida e frugale.

La soluzione alla situazione di declino, come ha spiegato l’ex Presidente del Consiglio, si trova proprio nell’attuazione di quelle riforme che egli stesso ha presentato nel suo rapporto sulla competitività europea. L’Ue per uscire dalle secche deve iniziare ad investire, così da sfruttare gli spazi fiscali a sua disposizione. In primis è quindi necessario sviluppare un mercato unico europeo e dei capitali che, poi, insieme al patto di stabilità e agli investimenti su transizione, difesa e digitale, possano portare la comunità europea ad una situazione tale da permettere la formazione di una politica di debito comune.

Mario Draghi
Mario Draghi, ex presidente della Bce

È questa, quindi, la strada individuata dall’ex presidente della Bce, che ricorda come attualmente il sistema export-salari bassi non è più adeguato alle necessità della comunità europea. Draghi aveva infatti già annunciato che l’Ue avrebbe avuto bisogno di circa 800 miliardi di euro di investimenti per affrontare le transizioni e la difesa, al fine di divenire indipendente dall’ombrello statunitense, riequilibrare la domanda globale e ridurre i surplus commerciali dei suoi partner principali.

Le riforme che dobbiamo mettere in atto ci metteranno anni prima di produrre risultati“, ha però poi ricordato Draghi, sottolineando quindi la necessità di riflettere sulle politiche macro economiche, così da poterle utilizzare nel modo migliore nel breve periodo. “Se l’Ue emettesse subito debito comune, potrebbe creare ulteriore spazio fiscale da utilizzare per limitare i periodi di crescita al di sotto del potenziale“, ha spiegato l’economista italiano, chiarendo che se questo invece non avvenisse, allora gli Stati membri potrebbero vedersi costretti a modificare la loro spesa aumentando gli investimenti e “migliorando la coordinazione tra loro“.

In questo senso, ha proseguito l’ex premier, se ogni Stato riuscisse a sfruttare adeguatamente il periodo di aggiustamento previsto nei prossimi sette anni, l’Ue potrebbe beneficiare di ben 700 miliardi di euro aggiuntivi, utili quindi per mettere in atto investimenti comuni e per sopperire al fabbisogno di investimenti da parte del settore pubblico.

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