Giorno dopo giorno il caso dossieraggio assume sfumature sempre più inquietanti. La presunta associazione per delinquere milanese, legata all’agenzia investigativa Equalize Srl, potrebbe essere solo la punta dell’iceberg di una vicenda ben più complessa e radicata nel nostro Paese. Lo scorso 29 ottobre una seconda associazione di presunti hacker ed ex agenti dediti allo spionaggio è stata scoperta a Roma, o meglio la sua esistenza è stata resa pubblica dalle autorità. Così, col passare del tempo, si è cominciato a comprendere che il problema del dossieraggio potrebbe essere una delle piaghe più dolorose che affligge il nostro Paese.
Quindi, mentre si tenta di ricostruire un quadro chiaro della questione, comprendente tutti coloro che materialmente sono stati coinvolti nelle attività di spionaggio e profilazione, il governo riflette su come agire. “Dobbiamo fermare questo schifo” aveva dichiarato duramente Giorgia Meloni nel corso del suo intervento a Porta a Porta, sottolineando come il governo e le autorità saranno “implacabili” sia nei confronti di chi si è introdotto illegalmente nelle banche dati, sia contro coloro che avrebbero dovuto garantire la sicurezza dei server “bucati“.
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Le ipotesi dell’esecutivo riguarderebbero la possibilità di varare un decreto legge sul tema dei dossieraggi e delle banche dati delle forze di polizia violate, così da diminuire il personale che può accedere ad esse per evitare ulteriori fughe di notizie e allo stesso tempo aumentare le pene per chi compie questi illeciti. Mentre il caso si gonfia, quindi, il governo e le autorità tentano di serrare le fila, per evitare di perdere il controllo della situazione.
Dossieraggio, la scoperta della “Squadra Fiore” a Roma
Una delle evoluzioni finora più interessanti del caso riguarda la scoperta della “Squadra Fiore” di Roma, ovvero una presunta banda composta anche da ex agenti, dedita ad accessi illegali nelle banche dati al fine di creare dossier su personaggi pubblici e privati da vendere a figure terze. Sembrerebbe che l’associazione sia stata scoperta a seguito della testimonianza di Nunzio Samuele Calamucci, uno dei presunti hacker legati a Equalize. Secondo quanto raccolto dai carabinieri di Varese, infatti, questo avrebbe deciso di denunciare le azioni del gruppo perché sarebbero state conflittuali con quelle della sua associazione.
Inoltre, sembrerebbe che la Squadra Fiore avesse iniziato ad indagare su Leonardo Maria Del Vecchio, erede del gruppo Luxottica e cliente dell’organizzazione milanese. Per evitare la fuga di notizia, quindi, Calamucci avrebbe contattato la stampa per raccontare la storia, dicendo di essere stato informato da un militare, suo amico, che avrebbe lavorato all’Agenzia di Cyber sicurezza nazionale oltre che per “Fiore“. La Procura di Roma avrebbe iniziato dunque ad indagare e sembrerebbe che Calamucci abbia dichiarato che l’ex dirigente del Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza), Marco Mancini, fosse parte dell’organizzazione romana.
Sembrerebbe che il nome di Mancini sia ricorrente nelle intercettazioni, essendo stato pronunciato da un ex Ros, oltre che dallo stesso Carmine Gallo, il superpoliziotto indagato nel ramo milanese dell’inchiesta, che ha sostenuto di aver lavorato con Mancini e Giuliano Tavaroli quando tutti e tre erano dipendenti dei servizi segreti. A tali accuse avrebbe deciso di rispondere direttamente l’ex dirigente Dis, che ha definito quanto emerso “pura fantasia“, per poi aggiungere attraverso i suoi legali: “Gli indagati intercettati riferiscono un coacervo di notizie confuse, partendo da spunti di vecchi atti di indagine, e senza fondamento, con l’obiettivo di accreditarsi“.
Meloni: “Dossieraggio? Nessuno stato di diritto può tollerarlo“
Il caso dossieraggio ha toccato da vicino i vertici della politica, visti gli accessi illegali riguardanti proprio i loro dati e le loro informazioni personali. Il premier Meloni si trova quindi ad affrontare una crisi complessa, soprattutto per il radicamento che il fenomeno del dossieraggio presenta nel nostro Paese. Nel mezzo di una presunta crisi con la magistratura, dovuta al caso Albania, il Presidente del Consiglio non ha esitato a tirare in ballo i giudici, per chiarire che al momento questa è una questione capillare che coinvolge più parti dello Stato.
“Le inchieste dicono che il dossieraggio su di me è cominciato già alla fine del governo Draghi” ha sostenuto il capo del governo, per poi sottolineare la necessità che i magistrati svolgano al meglio il loro compito, “andando fino in fondo per capire se si tratta di ricatto ed estorsione o se siamo davanti al reato di eversione“. Giorgia Meloni ha infatti aggiunto che tale situazione “non può essere tollerata da nessuno Stato di diritto“.
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