Il decreto legge sulla giustizia ha ottenuto l’approvazione del Consiglio dei ministri, nel corso del vertice lampo che si è svolto ieri pomeriggio e che è durato solo 15 minuti. Grande assente il vicepremier leghista Matteo Salvini, che è dovuto tornare a Milano a causa di alcune questioni di natura personale. Nonostante l’approvazione, sembrerebbe che all’interno della maggioranza sia presente ancora qualche incomprensione, come dimostrerebbe il voto contrario a due norme che dovevano essere contenute nel provvedimento e che invece sono state rimandate ad un’ulteriore analisi.
Si tratta della stretta sulla cyber sicurezza e il cosiddetto “bavaglio” ai magistrati. Entrambe sono misure che avrebbero ampiamente circolato nei giorni scorsi e che invece avrebbero ottenuto una prima bocciatura, in attesa di un’ulteriore discussione. All’interno del decreto, invece, è stato inserito un rafforzamento delle materie concernenti il contrasto della violenza sulle donne, in particolare per quanto riguarda l’utilizzo del braccialetto elettronico.
Nel decreto, infatti, si legge che, nel caso in cui le autorità decidessero di dotare una donna del dispositivo del braccialetto elettronico, si dovrà tener conto non solo della “fattibilità tecnica” del suo utilizzo ma anche della “fattibilità operativa“, che è collegata alla reale efficacia e funzionalità dello strumento nel caso concreto e per l’intera durata della misura cautelare. In questo senso, sarà necessario tenere in considerazione le caratteristiche “dei luoghi, delle distanze, della copertura di rete, della qualità della connessione e dei tempi di trasmissione dei segnali elettronici del luogo o dell’area di installazione“.
Dl Giustizia, i dubbi su cyber sicurezza e sulle azioni disciplinari per i magistrati
Una delle normative escluse dal decreto legge avrebbe riguardato la possibilità di avvio di un’azione disciplinare nei confronti di magistrati che decidono di non astenersi da procedimenti in cui potrebbero “sussistere gravi ragioni di convenienza“. Tale annullamento avrebbe soddisfatto l’Associazione nazionale magistrati (Anm), come confermato dalle parole del segretario Salvatore Casciaro, il quale ha sottolineato come questa norma avrebbe solamente tentato di risolvere alcune problematiche provocate dall’annullamento del reato di abuso d’ufficio.
“Questa norma sarebbe però così mal formulata da consentire di perseguire disciplinarmente i magistrati per il sol fatto di fornire pareri tecnici su testi di riforma rientranti nella materia trattata per ragioni professionali“, ha spiegato poi il segretario dell’Anm, sottolineando quindi la correttezza della mancata approvazione. Per quanto riguarda la stretta alla cyber sicurezza, invece, sembrerebbe che la causa del mancato voto sia da ricercarsi in presunti screzi tra la maggioranza.
Solo alcuni giorni fa, infatti, la norma era considerata certa e quindi parte integrante del dl Giustizia. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, aveva infatti assicurato che il provvedimento avrebbe superato l’esame del Cdm, in quanto considerabile “un semplice coordinamento rispetto a tutto il complesso riformatore che è entrato nella legge 90“.
I dubbi principali, però, sarebbero stati presentati da Forza Italia, partito di Antonio Tajani, ma Mantovano anche in questo caso avrebbe tentato di mitigare la questione, sostenendo che, nonostante vi sia stato un “approfondimento tecnico tra i vari ministeri“, vi sarebbe la disponibilità a chiarire gli aspetti del provvedimento che ancora non convincono del tutto.
Nello specifico, il partito azzurro non avrebbe visto positivamente il rafforzamento del ruolo del Procuratore antimafia, previsto proprio dal provvedimento sulla cyber sicurezza. Secondo il testo, che poi non è stato approvato, sarebbe stato possibile affidare al Procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo i poteri “di impulso e coordinamento delle inchieste sul crimine cibernetico“.
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