Nel giro di 2-3 giorni o probabilmente giovedì, verrà scelto il sostituto alla guida del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, che coordina i servizi, dopo le dimissioni confermate, il 15 gennaio, di Elisabetta Belloni. Giorgia Meloni potrebbe, infatti, apprestarsi a nominare il nuovo direttore nel corso del primo Consiglio dei ministri del 2025 che si terrà subito dopo la probabile riunione del Comitato interministeriale per la Sicurezza della Repubblica, organo di cui la premier dispone la nomina.
Il buffet da cui scegliere è ricco di proposte prelibate, anche se la fame di cambiamento non sembra essere delle migliori. Nell’esecutivo, difatti, prevalerebbe l’intenzione di non toccare l’assetto attuale di vertice di Aisi e Aise, le agenzie di informazioni e sicurezza interna ed esterna, per il delicato momento. Sul fronte esterno, si sta agendo per la risoluzione del caso di Cecilia Sala, oltre ai vari conflitti a alla situazione geopolitica scricchiolante. Mentre, su quello intero, è presente come un fiume in piena il Giubileo appena iniziato.
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Dunque, tra le prime scelte, l’additamento ricadrebbe su Mario Cinque, da fine novembre vicecomandante generale dell’Arma dei Carabinieri. Oppure su uno degli attuali vicedirettori del Dis, ossia Giuseppe Del Deo e Alessandra Guidi. Del Deo, che rappresenterebbe una scelta naturale, era stato sponsorizzato dal ministro della Difesa, Guido Crosetto e dal sottosegretario alla Presidenza, Giovanbattista Fazzolari per il vertice del servizio interno. Ruolo alla guida dell’Aisi che da aprile è in mano a Bruno Valensise, il quale, però, al momento vede in calo le proprie quotazioni e si tratterebbe di un osto che potrebbe essere ricoperto da Cinque.
Un altro nome uscito dal cilindro riguarderebbe Francesco Paolo Figliuolo. Il generale ha appena concluso il mandato da commissario per l’alluvione e nei giorni antecedenti al Natale, è stato scelto dal Presidente del Consiglio come vicedirettore dell’Aise. Proprio dai vertici dell’agenzia di informazione e sicurezza esterna, si sarebbe individuato anche il numero due, Vittorio Rizzi, per prendere le redini del Dis.
Dis, le dimissioni di Belloni
L’uscita di scena anticipata di cinque mesi di Belloni, dopo tre anni e mezzo a capo del
Dipartimento incaricato di coordinare le due Agenzie operative dell’Intelligence italiana, sembra aver provocato diverse incrinature nel governo. La decisione, in verità, sarebbe stata presa in seguito alle voci che hanno accreditato le frizioni con il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e il cattivo rapporto di Belloni con il sottosegretario Alfredo Mantovani, alla direzione della delega dei servizi.
E’ quanto emerge dall’intervista rilasciata dalla stessa diplomatica al Corriere della Sera, in cui si spiega che le prese di posizione del forzista e del Segretario del Consiglio, avrebbero convinto chiunque sulla necessità di ricredersi sulle candidature in testa a Belloni, convincendola che “gli ultimi mesi di mandato sarebbero stati un vero e proprio stillicidio“.
Quindi, si tratta di tensioni che non possono essere negate, sapendo di aver inevitabilmente innescato invidie nel corso della sua carriera. “Ma io sono un funzionario dello Stato, faccio il mio lavoro e non è obbligatorio piacere a tutti o andare d’accordo con tutti, purché questo non metta in discussione i risultati, come infatti non è avvenuto“, chiarisce Belloni spiegando che nel momento in cui ha avvertito le ipotesi sul proprio futuro e sul successore ha ritenuto di dover lasciare.
Inoltre, viene specificato categoricamente che la conferma delle dimissioni da parte della diplomatica non hanno interferito nella delicata vicenda del caso Sala. “Io sono ancora in carica – esplicita Belloni – e non vengo certamente meno ai miei doveri. Per questo mi fa ancora più male essere dipinta come una che scappa o addirittura che va via lasciando macerie alle spalle“. Motivo per cui, l’uscente dirigente ha sentito il dovere di fare luce su come sia stata effettuata l’uscita.
Invece, nel corso dell’intervista viene sottolineato il rapporto dell’ambasciatrice con Meloni che è sempre stato segnato dalla stima e dalla franchezza, tanto da volerla sherpa del G7, nonostante fosse anche il direttore della struttura coordinante i servizi segreti. Quindi, a quanto pare, quella lettera di dimissioni del 22 dicembre è stata spedita in seguito alla circolazioni di voci e intrighi percepiti come una bocciatura sul futuro della carriera professionale di Belloni e non a causa di una gestione che sembrava non essere stata condivisa del caso della giornalista Sala detenuta in Iran dal 19 dicembre.
Il saluto prematuro della diplomatica ha scosso gli animi dell’opposizione, come ad esempio Matteo Renzi che ha considerato la dinamica come “un segnale pessimo per il Paese” in quanto Belloni lascia il ruolo con il caso di Sala aperto. “Non so perché alle riunioni di palazzo Chigi dal momento del rapimento di Cecilia Sala, Belloni non sia stata chiamata ai tavoli che contavano” si interroga il leader di Italia Viva. Anche perché, nonostante qualche scontro in passato, Renzi ha riconosciuto la professionalità dell’ambasciatrice “a cui si deve il ritorno a casa dei Marò“.
Il capo dimissionario del Dis è in realtà una eccellente veterana della diplomazia. Ad ogni modo, il cambio al vertice del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza era fisiologico al ritorno dall’incontro di Meloni a Mar a Lago con Donald Trump e all’inizio del caso Sala.
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