“L’oggetto e la finalità non risultano chiari“. E’ questa una delle motivazioni espresse dalla Consulta che con la sentenza n.10/2025 depositata oggi, spiega perché, il 20 gennaio scorso, ha dichiarato inammissibile la richiesta di referendum per l’abrogazione della legge sull’Autonomia differenziata. La Corte, infatti, ha osservato che la sua sentenza pronunciata nel novembre scorso con cui aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcuni punti della riforma stessa, avrebbe “profondamente inciso sull’architettura essenziale” della legge.
Nello specifico, Palazzo della Consulta rivela che quella sentenza avrebbe comportato il “trasversale ridimensionamento dell’oggetto dei possibili trasferimenti alle regioni, nonché la paralisi dell’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni – i cosiddetti Lep – concernenti diritti civili o sociali“. Lep che, per l’appunto, attualmente non possono essere determinati.
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Di conseguenza, stando a quanto spiegato dalla Corte, risulterebbe obiettivamente “oscuro l’oggetto del quesito, che originariamente riguardava la legge numero 86 e ora riguarda
quel che resta della stessa legge a seguito delle numerose e complesse modifiche apportate dalla sentenza“. Secondo i giudici costituzionali, si pregiudica, quindi, la possibilità di una scelta libera e consapevole da parte dell’elettore, che la Costituzione garantisce.
In particolare, poi, il quesito risulta effettivamente privo di “chiarezza quanto alla sua finalità” in quanto la rilevata oscurità dell’oggetto del quesito provoca un’insuperabile incertezza sulla stessa finalità obiettiva del referendum. Una situazione che potrebbe portare al rischio di far esercitare un’opzione popolare non già su una legge ordinaria modificata da una sentenza della Corte, ma “a favore o contro il regionalismo differenziato“.
Se così fosse, “la consultazione referendaria – specifica Palazzo della Consulta – verrebbe ad avere una portata che trascende quel che i Costituenti ritennero fondamentale“, ossia l’uso corretto e ragionevole di questo strumento democratico.
“Omogeneo, chiaro e univoco” è stato invece il quesito del referendum in materia di cittadinanza. La Corte Costituzionale ha, difatti, stabilito nelle motivazioni della sentenza, con cui ha dichiarato ammissibile il referendum che punta ad abbassare da 10 a 5 anni i tempi per i cittadini extracomunitari per ottenere la cittadinanza italiana, una “scelta facilmente intellegibile” della proposta all’elettore.
Per i giudici “la richiesta referendaria non contraddice neppure la natura abrogativa del referendum“. Quindi, nel caso in cui venisse approvato il referendum abrogativo, verrebbe modificato solo il tempo di residenza legale necessario per poter presentare la domanda di cittadinanza. Mentre, rimarrebbero invariati i soggetti che potranno fare la richiesta, i restanti requisiti per presentarla nonché la natura di atto discrezionale di “alta amministrazione” del provvedimento di concessione della cittadinanza”.
Per quanto riguarda, invece, il referendum in tema di abrogazione del decreto attuativo del Jobs Act su licenziamenti illegittimi, la Consulta ha dichiarato anche questo ammissibile, in quanto “il risultato di un ampliamento delle garanzie per il lavoratore non si verificherebbe in realtà in tutte le ipotesi di invalidità” del licenziamento. Per i giudici della Corte, quindi, il referendum chiamerebbe l’elettore ad una “valutazione complessiva e generale” che prescindendo dalle specifiche e differenti disposizioni normative, non perderebbe la “propria matrice unitaria”.
Zaia sulla sentenza della Consulta: “Chiarezza e rigore istituzionale“
“La sentenza della Corte Costituzionale rappresenta un passaggio di assoluta chiarezza e rigore istituzionale“, così Luca Zaia, presidente della regione Veneto, commenta le motivazioni depositate dalla Consulta sulle sentenze emesse lo scorso 20 gennaio, ringraziando i giudici di aver difeso la Costituzione. Si tratta di una sentenza che ha permesso di procedere al percorso di attuazione dell’autonomia differenziata, riconoscendone la piena coerenza con la Carta Fondamentale italiana.
“Un pronunciamento netto – continua il presidente veneto – che smonta qualsiasi tentativo di strumentalizzazione politica“, riaffermando che le regole non si piegano a logiche di parte. La Consulta, infatti, secondo Zaia, avrebbe rilevato come dietro questa operazione fosse celato il tentativo di trasformare il referendum in un voto ideologico contro l’autonomia. Si tratta di un’ipotesi “inaccettabile” in quanto contraria alla Costituzione stessa. “Era evidente la volontà di alcuni di gettare sabbia negli ingranaggi della riforma per fini meramente politici”, affonda il presidente regionale puntualizzando che non è più il momento di perdere tempo con “sterili opposizioni”.
Nel concludere il suo commento, inoltre, Zaia ha rimarcato l’importanza della riforma che non solo punta a valorizzare i territori ma fornisce anche le basi più solide al futuro dell’Italia, “continuiamo su questa strada con determinazione e responsabilità“.
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