Mentre il 2024 è agli sgoccioli, l’esecutivo Meloni fatica ancora a trovare un accordo per l’elezione dei quattro giudici mancanti della Corte Costituzionale. I sostituti della Presidente Silvana Sciarra, il cui mandato è scaduto l’11 novembre 2023, di Augusto Barbera e dei suoi vice Franco Modugno e Giulio Prosperetti non verranno individuati in questo anno solare, ma probabilmente nel prossimo.
Inizia quindi una corsa contro il tempo in visione del voto sui referendum, primo tra tutti quello sulla riforma dell’Autonomia differenziata. La Consulta voterà il prossimo 13 gennaio e le Camere, quindi, dovranno trovare un giorno precedente per procedere alle votazioni e individuare i quattro nomi che si uniranno al collegio dei giudici costituzionali. Si ipotizza, per ora, la data del 12 gennaio anche se la circostanza sembrerebbe “poco probabile“. La Consulta potrebbe, quindi, decidere di spostare le votazioni, per permettere ai neoeletti di adempiere alle formalità post-elezione. Rimane comunque l’ultimatum del 20 gennaio per il voto sui referendum e al momento sembra probabile che i giudici a votare siano solo 11.
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Crescono quindi le tensioni sui possibili candidati presi in considerazione tra i vari partiti. Sembrerebbe ormai certo il nome di Francesco Saverio Marini, padre teorico della riforma del premierato e nome blindato dallo stesso Presidente del Consiglio, di cui è consigliere giuridico. Restano, invece, in bilico i nomi di Andrea Pertici, costituzionalista interno alla direzione del Pd e sostenuto dalla leader dem, e di Sandro Staiano, già presidente dei costituzionalisti italiani.
Si fa strada, il nome di un tecnico. Si tratta di Tiziana Parenti, già sostituto procuratore del pool di Milano dal marzo 1993 nell’inchiesta Mani Pulite. Ex magistrato in servizio alla prima Corte d’Assise, dopo aver lasciato la magistratura si dedica alla professione di avvocato. Aderisce nel 1994 al gruppo di Forza Italia e fu presidente della Commissione Antimafia nel corso della XII Legislatura. Parenti è stata anche componente e vice presidente della Commissione Affari Costituzionali e della Commissione Giustizia.
Un nome fresco, finora mai presentato, che potrebbe sostituire le ipotesi riguardanti il senatore Pierantonio Zanettin e il viceministro Francesco Paolo Sisto. Per quanto riguarda il centrosinistra, oltre al fedelissimo Pertici, si riflette sui nomi del tecnico Roberto Garofoli, che fu capo dell’ufficio legislativo alla Farnesina con Massimo D’Alema durante il secondo governo Prodi.
Il toto nomi sui quattro giudici della Consulta
Intanto, anche se il voto delle Camere dovesse svolgersi realmente nella seconda settimana di gennaio, preoccupa ancora la mancanza del quorum per l’elezione dei quattro nomi. Resta in auge per il momento l‘accordo tra il premier Meloni, la segretaria dem Schlein e il leader forzista Tajani, che hanno intenzione di eleggere due componenti indicati dal centrodestra, uno dal centrosinistra e uno “tecnico“. Lo spiraglio donato da questa alleanza, giunta lo scorso novembre, si è però rivelato un semplice abbaglio. Le forze di maggioranza e opposizione, infatti, continuano a non trovare una quadra comune sulla nuova squadra di giudici da eleggere.
Le Camere non sono state smosse neanche dall’appello del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che già lo scorso luglio aveva invitato le forze di maggioranza e opposizione a risolvere lo stallo. “Si tratta di un vulnus alla Costituzione compiuto dal Parlamento, proprio l’istituzione che la Costituzione considera al centro della vita della nostra democrazia“, aveva infatti ammonito il Capo dello Stato, per poi invitare “con garbo ma con determinazione” a procedere al più presto con l’elezione del giudice mancante. Dopo cinque mesi dalle parole di Mattarella, non solo il giudice che sostituirà Silvana Sciarra non è stato individuato, ma ora il Parlamento deve procedere all’elezione di altri tre sostituti.
Il toto-nomi risulta però estremamente complesso anche in considerazione della maggioranza di tre quinti che è necessaria per ottenere l’elezione ufficiale. La partita, quindi, si gioca su un terreno piuttosto incerto. I voti di Fdi, Lega, Forza Italia e Noi Moderati, sommati, sono 355 e la soglia è ferma a quota 363. Quei pochi voti di distanza hanno infatti per ora bloccato i lavori, non permettendo quindi di ricostituire nella sua totalità la Consulta. Un problema non di poco conto, se si tiene in considerazione che con 11 giudici nella Consulta, ogni votazione può essere in bilico. Può infatti bastare l’assenza di uno di essi per bloccare del tutto il procedimento e ritardare quindi i processi di approvazione delle riforme.
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