Centri Albania, avvocato Corte Ue: “Stati membri possono fare decreti su Paesi sicuri”

Le conclusioni dell'avvocato Richard de la Tour non sono vincolanti ma possono orientare la decisione della Corte Ue, chiamata a decidere sulla questione dei Paesi sicuri sollevata dall'Italia

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Un piccolo passo in avanti nella complicata questione del Protocollo Italia-Albania è stato compiuto oggi, grazie alle conclusioni presentate dall’avvocato della Corte di Giustizia Ue, Richard De La Tour, in riferimento alla definizione di Paese di origine sicuro da parte di uno Stato membro dell’Ue. Secondo quanto si apprende, le dichiarazioni del legale non sono vincolanti per la decisione della Corte, ma possono essere utilizzate come orientamento per la sentenza finale dei giudici di Lussemburgo, che è presti tra fine maggio e inizio giugno.

La sentenza sarà necessaria per comprendere se l’Italia potrà mettere in atto le azioni per cui i due centri in Albania sono stati creati, ovvero il trasferimento di migranti soccorsi in acque internazionali che presentino caratteristiche adatte alla permanenza nel centro di accoglienza su territorio albanese. Tra queste caratteristiche, oltre all’essere uomini e non in situazione di disagio o sofferenza, vi è anche quella di provenire da un Paese considerato sicuro.

Proprio su questo punto è nata la diatriba tra governo italiano e magistratura. L’esecutivo, per evitare nuovi blocchi da parte del Tribunale di Roma, che non aveva riconosciuto il trattenimento del primo gruppo di migranti giunto in Albania da Bangladesh ed Egitto, ha varato un decreto legge contenente una lista di 19 Paesi sicuri.

Pochi giorni dopo, il Tribunale di Bologna ha deciso di rimandare alla Corte di Giustizia europea il caso di un richiedente asilo bengalese, chiedendo un parere su quali dovrebbero essere i parametri per la definizione di Paese sicuro e in che modo si debba applicare il principio del primato europeo in caso di contrasto con le normative nazionali.

Centri Albania, le conclusioni dell’avvocato della corte europea sui Paesi sicuri

L’avvocatura generale si è espressa sulla richiesta del Tribunale di Roma, che finora non ha riconosciuto la legittimità dei fermi disposti nei confronti dei migranti soccorsi nel Mediterraneo e trasferiti nei Cpr in Albania perché provenienti da Paesi che l’Italia ritiene sicuri, in particolare Egitto e Bangladesh, per l’esame delle domande d’asilo con procedura accelerata.

Secondo Richard de la Tour, la normativa europea non vieterebbe a uno Stato membro di considerare un Paese terzo comePaese d’origine sicuro“, anche se per alcune categorie di persone quel Paese non lo è. Questo sarebbe possibile solo se la situazione giuridica e politica del Paese preso in considerazione riflettono un sistema democratico che assicura alla maggior parte della popolazione una protezione stabile contro persecuzioni o gravi violazioni.

Inoltre, lo Stato membro “esclude espressamente quelle categorie vulnerabili dall’applicazione dello status di Paese d’origine sicuro e dalla presunzione di sicurezza che esso comporta“. Resta però da capire se la Corte di Giustizia europea sia intenzionata ad allinearsi con le dichiarazioni dell’avvocato. Quest’ultimo, inoltre, ha sottolineato che i giudici nazionali che devono decidere su un ricorso riguardante una domanda di protezione internazionale devono avere accesso allefonti di informazione” su cui si basa la decisione di considerare un Paese terzo come sicuro.

Questo perché, secondo la sua analisi, solamente perché un Paese terzo è designato come Paese d’origine sicuro non può essere sottratto ad un controllo di legittimità. Nel caso in cui il legislatore decidesse di non rendere pubbliche le fonti di informazione su cui si è basata la designazione, allora l’autorità giudiziaria competente può chiederne la verifica della legittimità, utilizzando fonti proprie che comunque devono rientrare in quelle menzionate nella direttiva.

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