Uno dei primi ad avere l’opportunità di vedere Cecilia Sala nel suo appartamento, il giorno dopo il suo ritorno, è stato Mario Calabresi, direttore di Chora Media, la podcast company per cui lavora Cecilia Sala. Le ha portato un mazzo di fiori e ha passato con lei diverso tempo, durante il quale è stata registrata una nuova puntata del podcast, incentrata proprio su quanto accaduto in questi 21 giorni.
“Ho trovato bene Cecilia, ma è stanca e ha bisogno di riposare. Abbiamo registrato un podcast in cui racconta come sono stati questi giorni“, ha infatti dichiarato Calabrese, atteso fuori dall’abitazione di Sala da alcuni cronisti. Il giornalista ha poi deciso di dare un’anticipazione di quelle che saranno le parole della reporter, sottolineando come per lei “la cosa più difficile sia stato l’isolamento, il silenzio“.
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Calabresi ha poi sottolineato che intorno a Cecilia c’è un’atmosfera serena e che la giornalista vuole tornare a lavorare, tanto da non aver dormito questa notte, perché “era troppo emozionata“. Lo conferma la stessa voce di Cecilia, nel podcast pubblicato da Chora Media dal titolo “I miei giorni a Evin“, che inizia con una domanda di Calabresi a cui Sala risponde: “Sono confusa e felicissima, mi devo riabituare, devo riposare, questa notte non ho dormito per l’eccitazione e la gioia. Quella precedente per l’angoscia, sto bene, sono molto contenta“.
Il racconto di Cecilia Sala
“Non mi è stato spiegato perché io sia finita in una cella di isolamento nel carcere di Evin“, racconta Cecilia Sala, nel podcast di Chora Media pubblicato oggi, sottolineando come tutta questa vicenda sia iniziata con la volontà di voler tornare in Iran, perché “ci sono le persone a cui più mi sono affezionata“. Proprio lì, quindi, inizia l’incubo e Sala spiega come le parti più pericolose della carcerazione fossero l’isolamento, il silenzio costante, la mancanza del sonno, il tempo che scorre lentamente.
“Il silenzio è il nemico in quel contesto e in quelle due occasioni ho riso e mi sono sentita bene. Mi sono concentrata su quell’attimo di gioia, ho pianto di gioia“, continua il racconto straziante della giornalista, che spiega di non aver avuto né gli occhiali né una penna perché ritenuti oggetti pericolosi. Ha spiegato di aver chiesto il Corano in inglese, credendo che fosse l’unico libro in un’altra lingua presente nel carcere, ma che questo non le è stato portato.
“Stavo lavorando alla puntata di quel giorno, che non ho mai finito. Mi hanno bussato alla porta della stanza d’albergo, ho detto che non avevo bisogno di nulla, pensando fossero signori o signore delle pulizie“, spiega la reporter parlando del momento del suo arresto e ricordando come pensasse che la situazione potesse risolversi in poco tempo. Sala dichiara poi come pensasse a coloro che hanno passato e ancora passano molto tempo in quel carcere e, con la voce rotta dal pianto, ricorda come pensasse che potesse essere anche il suo destino. “Quando mi hanno detto che sarei stata liberata, non ci ho creduto“, ha poi continuato, estremamente emozionata.
Il possibile nesso col caso Abedini
Cecilia Sala è in Italia da meno di 24 ore e per il momento non si hanno ancora certezze sulle motivazioni che abbiano portato prima alla sua carcerazione e poi al suo rilascio, dopo 21 giorni di prigionia. Sala è stata arrestata nell’hotel in cui albergava a Teheran, per essere trasferita nel carcere di Evin, in attesa del processo per infrazione delle leggi islamiche, almeno secondo quanto dichiarato dall’Iran. Ieri, però, la giornalista ha fatto ritorno in patria senza che venisse svolto alcun procedimento giudiziario.
Si fanno strada, quindi, numerose ipotesi su quanto può essere accaduto. I media internazionali si concentrano sulla pista dello scambio differito, sostenendo che i casi di Sala e dell’ingegnere iraniano Mohammed Abedini Najafabadi siano collegati. Quest’ultimo si trova nel carcere di Opera, a Milano, dallo scorso 16 dicembre, giorno in cui è stato arrestato a Malpensa su richiesta degli Stati Uniti. L’Iran continua a chiederne la scarcerazione e per ora è solamente prevista un’udienza il prossimo 15 gennaio per decidere sulla possibilità di concedergli i domiciliari.
Nessuna certezza, quindi, neanche sul volo di Giorgia Meloni a Mar-a-lago per incontrare il presidente eletto Donald Trump. Quanto ha influito questo incontro sulla liberazione? Al momento la situazione è troppo incerta per poter dare un verdetto e resta il dubbio sul fatto che, in futuro, tutti i nodi di questa vicenda possano essere sciolti. Ora, come ricordato più volte dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, serve solo “godersi il ritorno a casa di Cecilia“.
Cecilia Sala: “Non avrei mai pensato di essere a casa oggi“
La reporter ha deciso di tornare a comunicare con il mondo a poche ore dalla sua scarcerazione e dal suo ritorno in Italia. “Ho la fotografia più bella della mia vita, il cuore pieno di gratitudine, in testa quelli che alzando lo sguardo non possono ancora vedere il cielo“, ha infatti scritto Sala sul suo canale ufficiale su X, dichiarando di essere sorpresa della sua improvvisa liberazione.
“Non ho mai pensato, in questi 21 giorni, che sarei stata a casa oggi. Grazie“, ha continuato la reporter, mostrando tutta la sua gratitudine ma soprattutto il sollievo per una una storia da incubo ormai finalmente conclusa. Il messaggio è stato poi accompagnato dalla foto di lei, appena scesa dall’aereo di Stato, che abbraccia il suo compagno, il giornalista Daniele Raineri.
Caso Cecilia Sala, gli ultimi sviluppi
Nel pomeriggio di ieri, Cecilia Sala è atterrata all’aeroporto di Ciampino, a Roma, dove ha potuto riabbracciare la sua famiglia e dove ad attenderla c’era il premier Meloni, il ministro Tajani e il sindaco della Capitale, Roberto Gualtieri. Un breve applauso e poi lo scambio di ringraziamenti tra la giornalista e il Capo del governo, che le ha ricordato come in questi 21 giorni abbia dimostrato di essere “una donna forte“. La reporter era sorridente, ma i segni della paura e della stanchezza erano ben visibili sul suo volto.
Prima di tornare a casa, però, Sala ha dovuto affrontare un ultimo ostacolo, rimanendo circa tre ore con i Ros, per dare la sua versione degli eventi. Solo a quel punto, è potuta salire in macchina con il suo compagno, il giornalista Daniele Raineri, in direzione casa. “Ringrazio tutti, ringrazio il governo e tutti quelli che mi hanno tirato fuori“, ha sostenuto la reporter, finalmente consapevole della fine del suo incubo. “Il governo ha fatto un lavoro magnifico per liberarla“, ha sostenuto Elisabetta Vernoni, madre di Sala, ricordando come nei giorni prima della liberazione, si fosse radicata in lei la convinzione che sua figlia sarebbe tornata presto a casa.
“Ero con Daniele Raineri mentre preparavamo un pacco da mandarle, con oggetti le ricordassero casa. Poi l’ho guardato in faccia e gli ho detto ‘ma no, non facciamo nessun pacco, perché tanto torna“, ha raccontato la donna, quando ancora non aveva avuto la possibilità di riabbracciare sua figlia.
Tajani: “Essere un Paese come il nostro, permette di agire con efficacia“
Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, in una intervista al Corriere della Sera, ha cercato di fare chiarezza su alcuni punti controversi della questione, sottolineando in particolare come l’Iran abbia più volte smentito la possibilità che i casi di Sala e Abedini fossero collegati. “Sono due cose separate“, ha infatti sostenuto il vicepremier, ricordando che la vicenda dell’ingegnere è seguita dalle autorità giudiziarie italiane che sono indipendenti dalla politica.
Il caso Sala, però, può dirsi concluso. “Ci sono procedure ben stabilite, ma tutto qui. Noi abbiamo fatto quello che dovevamo“, ha sostenuto il ministro, ammettendo che tutta una serie di fattori possono aver portato alla liberazione in tempi così brevi. Innanzitutto, parte del successo è dovuto ai rapporti piuttosto aperti che l’Italia mantiene con tutti i Paesi dell’area del Medio Oriente, “anche con quelli con cui non condivide politiche e azioni“, che hanno permesso di agire “con efficacia” anche davanti a diverse difficoltà.
Poi va riconosciuto il ruolo della famiglia e delle opposizioni, che hanno saputo rispettare i tempi di una procedura complessa e non sempre chiara. Infine, il tanto contestato viaggio di Giorgia Meloni negli Usa. “Ha avuto un effetto politico“, ha ammesso Tajani, sottolineando che questo incontro è stato “costruito per far capire che l’Italia parlava con gli Stati Uniti“, ma evidenziando che “non c’è stata una conseguenza diretta sulla liberazione della giornalista“.
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