Soumahoro: moglie, suocera e cognati rinviati a giudizio

L'accusa è che i familiari di Soumahoro avrebbero utilizzato parte dei soldi per l’accoglienza e l’inserimento dei migranti in alberghi, ristoranti, abbigliamenti di lusso e gioielli, oppure girati in conti all’estero

Redazione
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Novità sul caso Soumahoro: per la moglie, la suocera e i cognati del deputato è stato disposto il rinvio a giudizio. L’accusa del gip di Latina è che le persone coinvolte avrebbero utilizzato parte dei soldi per l’accoglienza e l’inserimento dei migranti in alberghi, ristoranti, abbigliamento di lusso e gioielli, oppure girati in conti all’estero, tra il Ruanda, il Belgio e il Portogallo.

Ai familiari di Soumahoro sono stati contestati i reati di bancarotta, frode in pubbliche forniture e autoriciclaggio. La prima udienza è disposta il prossimo 11 giugno, davanti al Tribunale di Latina. Il procedimento potrebbe essere unificato con quello già in corso per evasione fiscale.

Soumahoro: i conti che non tornano

I conti non tornano per il deputato Soumahoro. Secondo la Corte di Appello di Bologna infatti, ci sarebbero ben nove violazioni della legge sulle urne, tra cui la nomina tardiva del mandatario elettorale e l’opacità dei suoi finanziatori. La Verità conferma poi, che ci sono prelievi in contanti non giustificati e operazioni che non hanno a che fare con la campagna. Una serie di contestazioni quindi, che fanno di Soumahoro un deputato a rischio decadenza della sua carica all’interno della Camera dei Deputati e una multa di ben 40mila euro.

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In primis, la violazione della legge del 1993 sul mandatario: la persona incaricata di tenere i conti della campagna elettorale. La nomina di Stefano Manicardi non è stata affatto tempestiva, anzi, l’okay è arrivato ben oltre il termine, il 26 gennaio. La situazione di Soumahoro è in bilico: tra le carte è emerso che non è stato aperto alcun conto bancario o postale destinato alla raccolta fondi.Gli importi indicati nel rendiconto, pari a 20.991, 33 euro non trovano riscontro nei movimenti della carta” si legge.

Altri illeciti sono poi relativi ad uno sconsiderato uso della Postepay: “Sul giornale contabile vengono registrate operazioni effettuate in data anteriore all’attivazione della Postepay e precisamente a partire dal 22 agosto 2022. Infatti la carta non risulta l’unico mezzo di raccolta fondi” precisa il quotidiano. Tra gli importi poi, ci sono degli accrediti di 6.981,23 euro che arrivano dalla società Stripe Technology Europe Ltd Spa, con sede in California.

Soumahoro: la moglie al gip

Al gip davanti al giudice la moglie di Soumahoro ha dichiarato che “non sono stati distratti soldi dalla gestione delle cooperative. Due bonifici di 30 mila euro che mi sono contestati non sono stati accreditati sul mio conto. Le somme spese per il cibo degli ospiti della cooperativa, per un totale di 15 mila euro, sono inerenti all’esercizio dell’attività sociale“.

La denuncia di un’ex dipendente

Mi chiesero anche delle fatture false per pagarmi. Mi sono rifiutato di farlo, altri hanno accettato” così inizia a la denuncia di un’ex dipendente, Youssef Kadmiri, il ‘non operato’ della cooperativa Karibu al Corriere della Sera. L’uomo racconta non solo lo sfruttamento dei lavoratori – di cui molti stranieri come lui – ma anche l’estreme condizioni in cui venivano tenuti i migranti.

Le loro bugie finalmente sono state scoperte. Liliane – moglie di Soumahoro – l’ho vista negli uffici di Panorama dove c’era la sede della Karibu, assieme alla sorella che ora è scappata in Australia. Come faceva a non sapere quello che succedeva? Tutte bugie. Si deve vergognare” aggiunge. Al quotidiano Youssef denuncia di non essere stato pagato, oltre al fatto che senza quei contratti pagati non ha potuto prendere il permesso di soggiorno.

L’ex dipendente chiarisce come gli ospiti della struttura vivevano in condizioni a limite dell’umano. “Non potevo sopportare di vedere cosa succedeva. I ragazzi non avevano abbastanza cibo, e quello che avevano era congelato e spesso scaduto, non avevano acqua calda, i vestiti erano pochi e sporchi. Non c’era nessuno che si prendesse cura di loro“.

Caso Soumahoro: l’accusa

La Guardia di Finanza ha indagato anche sul cognato di Soumahoro, Michel Rokundo. Tutti e tre sarebbero accusati di frode in pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio, per le quali è stato disposto il sequestro di beni per un ammontare complessivo di 2 milioni di euro.

Tribunale
Tribunale

Secondo la Procura: “I reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) a seguito dell’accertamento giudiziario dello stato d’insolvenza della cooperativa Karibù e di autoriciclaggio di parte di dette somme, che sono state trasferite all’estero (Ruanda, Belgio e Portogallo) e reimpiegate in attività imprenditoriali e comunque estranee rispetto alle finalità di assistenza e gestione in Italia dei migranti e/o richiedenti asilo“.

Lo scandalo

I soldi pubblici sarebbero stati utilizzati per alberghi, ristoranti, abbigliamento di lusso, accessori e gioielli, utilità a favore della moglie di Soumahoro, Liliane Muraketete. L’ammontare di tali spese ascenderebbe a circa 1 milione di euro. Mentre i centri d’accoglienza in Italia erano in stato di abbandono, il flusso di denaro – secondo le indagini – è stato impiegato anche per il finanziamento di un resort in Ruanda. Lo scandalo ha provocato un duro contraccolpo occupazionale per gli ex lavoratori della cooperativa, ormai senza lavoro e stipendio da 3 anni.

Le parole di Soumahoro

Dopo l’arresto della moglie e della suocera, la reazione di Soumahoro non si è fatta attendere: “Prendo atto della misura applicata a mia moglie Liliane, null’altro ho da aggiungere o commentare, se non che continuo a confidare nella giustizia. Come è agli atti, la mia totale estraneità a tutto e chiedo nuovamente di rispettare la privacy di mio figlio“. 

A prendere la parola, anche il difensore della moglie di Soumahoro, Lorenzo Borrè che afferma: “La notizia della conclusione delle indagini sulla cooperativa Karibu ha portato alla pubblicazione di articoli che non forniscono una corretta rappresentazione del quadro accusatorio e che in diversi casi veicolano assunti che non trovano riscontro nell’avviso notificato dalla Procura di Latina“.

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