Latina, Landini contro il caporalato: “E’ ora di dire basta”

"Uno dei problemi che abbiamo nel nostro Paese si chiama Bossi-Fini, è una legge assurda che va cancellata", ha aggiunto Landini

Redazione
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Le persone costrette a lavorare in nero in Italia “sono 3 milioni. Stiamo discutendo di tutti i settori e di tutto il Paese, non solo dell’agricoltura. E’ ora di dire basta, è ora che i governi, le istituzioni ad ogni livello, tutti smettano di fare gli struzzi e di cancellare quelle leggi balorde che in questi anni hanno favorito questo sistema“. Lo ha detto il segretario della Cgil, Maurizio Landini, dando il via alla manifestazione contro il caporalato a Latina.

Le parole di Landini

Fermiamo un sistema di fare impresa che sfrutta e uccide” contro caporalato, sfruttamento sul lavoro e illegalità, organizzata dal sindacato dopo la morte del bracciante indiano Satnam Singh. Il corteo è partito dalle autolinee della città ed è arrivato in piazza della Libertà, dove è intervenuto il segretario generale della Cgil Maurizio Landini che ha sottolineato: “La presenza di tutta la Cgil qui oggi ha un obiettivo preciso: aprire una vera e propria vertenza permanente, in ogni luogo di territorio e di lavoro, per sconfiggere caporalato e sfruttamento. Su questi temi vogliamo risposte e produrre un cambiamento. È questo l’unico modo per ricordare Satnam e chiedere giustizia, affinchè nessuno possa più morire di caporalato. Siamo di fronte ad un sistema di fare impresa che sfrutta e uccide le persone, e non riguarda solo l’agricoltura e solo Latina“.

Landini: “Cancellare la Bossi-Fini”

Uno dei problemi che abbiamo nel nostro Paese si chiama Bossi-Fini, è una legge assurda che va cancellata“, ha aggiunto Landini. “È sotto gli occhi di tutti come si gestiscono i flussi: solo a una parte di quelli che vengono qui chiamati a lavorare viene dato il permesso di soggiorno. I dati parlano chiaro, solo al 20% viene dato il permesso di soggiorno. Vuol dire che la Bossi-Fini è una legge che crea clandestini. Le persone vengono chiamate a lavorare, non gli viene dato il permesso e sono condannate allo sfruttamento e alla clandestinità, a condizioni di vita demenziali nelle baracche, perché mancano le case, mancano i servizi. Bisognerebbe fare una cosa molto semplice: la persona sfruttata, se denuncia il suo sfruttamento, deve avere il diritto di avere subito il permesso di soggiorno e il contratto nazionale“.

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