Calenda-Renzi, insieme per forza: ma a chi conviene? 

Diogene di Sinope
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L’insofferenza del connubio fra competitori che si reputano all’unisono i primi della classe, gode di un riscontro esterno formidabile: la tempistica che ha suggellato la formalizzazione del loro accordo

Come rientrava nelle previsioni delle ultime ore, le due “prime donne” si sono alleate. Con diffidenza reciproca, vinta dalla necessità dettata dalla propria vicendevole debolezza. Più accentuata nell’esponente politico fiorentino, che per questo, e non certo per sincero convincimento, ha innaturalmente rinunciato al posizionamento in prima fila nella forzata coalizione. Vero è infatti che laddove Calenda avesse avuto certezza giuridica di poter correre nelle prossime elezioni, senza dover mettere insieme le firme che gli richiede la normativa da rispettare, ben si sarebbe guardato dall’aderire alla non agevole convivenza.

Così come laddove Renzi non avesse dovuto fare i conti con il ridicolo numero di prevedibili consensi cui lo rilegano i sondaggisti, si sarebbe reso protagonista di diversa scelta. D’altro canto, l’insofferenza del connubio fra competitori che si reputano all’unisono i primi della classe, gode di un riscontro esterno formidabile: la tempistica che ha suggellato la formalizzazione del loro accordo. Obiettivamente incomprensibile, posto che se il terzo polo avesse incarnato la panacea idonea a sanare i mali terminali da cui risulta affetta la rappresentatività politica del paese, la intesa si sarebbe realizzata, e con massimo clamore mediatico, dal giorno successivo allo scioglimento delle Camere.

Decretato dopo una lunga e opaca stagione, nel lungo corso della quale, tale estremo rimedio nelle mani del Presidente della Repubblica, era parso un potere scomparso dalle regole costituzionali. In ragione di questo o di quell’argomento, valido in relativo, ma non in assoluto, sì da consentire con la scusa della Repubblica Parlamentare, la possibilità di consentire maggioranze intercambiabili, e financo durante la medesima legislatura. In questo quadro, di scarsissima condivisibilità costituzionale, si innesta dunque la novità politica odierna. Novità “di avvenire”, secondo chi, impossibilitato a risolversi in modo differente, la pubblicizza con enfasi, o piuttosto, secondo i piu’, ligi ai criteri della logica e del buon senso, “novità di assoluto bisogno”. Che per tale si rivelerebbe anche quando dovesse tradursi in un imprevisto successo elettorale, condannato comunque a non esprimersi in numeri percentuali a doppia cifra, e con difficoltà, in una cifra significativamente superiore al 5%.

il difforme renzi calenda
Calenda ha detto sì a Renzi dopo aver fatto marcia indietro nell’accordo con il centrosinistra

La comprensibile smania di primeggiare, connaturata alle personalità dei due autori del patto che è elettorale, ma non politico – v. ad esempio, e per tutto, la divergenza sulla materia non secondaria del reddito di cittadinanza, vilipeso da Renzi, ed accettato, seppure con riserve, da Calenda – porterà da subito o da quasi subito ad esaltare le rispettive visioni individualistiche. Con le conseguenti, inevitabili conflittualità che torneranno a fronteggiarsi. In definitiva, allora, più che disquisire sotto il profilo che attiene al futuro della tardiva ed opportunistica alleanza Calenda/Renzi, vi è da discutere sul cosa essa sta a significare, rispetto al contesto politico di assieme. Per giungere alla conclusione per cui, anche muovendo da questa angolazione, fuoriesce un verdetto sicuramente monocorde, da ricondurre alla radicale mancanza di qualità della attuale classe parlamentare. Due battute di chiusura potrebbero essere utili per giustificare questo implacabile assunto. Calenda, senza dubbio, e’ un personaggio politico, che sa scrivere e sa far di conto. Fermo però rimanendo che non avrebbe chiuso patti se non con se stesso, nella ipotesi in cui non vi fosse stato obbligato. Di qui la sua singolare vocazione alla politica, che, per insegnamenti e luoghi comuni a valenza storica, di converso, impone la capacita’ naturale di conquistare consensi e di siglare coalizioni.

Anomalia (quella appena supposta) che non puo’ ritenersi superata dalla convergenza che sulla sua squadra ha ottenuto dalle due ex forziste, Gelmini e Carfagna, considerato che pure in tal caso dovrebbe valere la titolazione di questo articolo. La entry di costoro in Azione, è frutto obbligato di ricollocamento o di convergenza su di un nuovo progetto politico? Le due parlamentari, con qualche difficolta’ qualificabili statiste, dotate di elevata sensibilita’ democratica, hanno per anni, e senza sussulti, aderito ad un partito azienda senza colpo ferire…salvo oggi trovarsi attratte da Calenda, all’interno di una minuscola formazione, nel quale si celebreranno congressi e si respirera’ liberta’ di confronto paritetico.

Aspetti questi premiali della loro caratterizzazione altamente democratica, non avvertita per troppo tempo… sicché rimane da chiedersi come mai sia stata allora avvertita in questo momento. al di la’ di questa digressione, tornando al dualismo Calenda/Renzi, Renzi, per parte sua, e da piu’ parti, viene definito il meno peggiore dei politici di oggi, giusto quanto comproverebbe la operazione che ha orchestrato per favorire il governo Conte bis, ancora da stabilire quanto proficuo per l’Italia, o la macchinazione che ha ideato e concorso ad attuare per consentire la nomina di Draghi, a premier, anch’essa, a tacere di ogni resto, pure da chiarire quanto proficua per la nazione, non foss’altro per il quomodo in cui è avvenuta: senza il benestare del corpo elettorale. Non puo’ essere negato che questo apprezzamento positivo sul politico fiorentino, risulta purtuttavia severamente contraddetto dal suo recente “cursus honorum” : giacche’ da padrone del parlamento e da padrone del PD, a distanza di un batter di ciglio, si trova con dati sondaggistici di Italia Viva, quasi matematicamente illeggibili. Fenomeno tellurico che farebbe rabbrividire i grandi della ormai rivalutata Prima Repubblica. Ne discende, in conclusione, che se i due protagonisti della alleanza contratta in zona Cesarini sarebbero i migliori, vi è di che riflettere…E se poi si dovesse davvero riflettere, basti ricordare, a mo’ di metafora, che il nostro Stato, contempla oggi, Di Maio, Ministro degli Esteri uscente, e Tremonti, relegato in panchina. Libere naturalmente e senza nulla togliere a nessuno, le opinioni individuali. Da formulare anche a questo proposito.

Ma che cio’ sia un dato obiettivo, rimane una verità che si commenta da sola. E che non tranquillizza per nulla.

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