Autonomia, Calderoli: “Modificheremo la riforma. Poi nessuno deve più rompermi”

Calderoli dichiara di non aver preso negativamente la sentenza della Corte e ammette di avere "l'umiltà e l'orgoglio di chi, avendo percorso una terra sconosciuta e nuova, possa anche aver commesso qualche errore"

Redazione
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Il ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli è stato intervistato da la Repubblica in merito all’autonomia differenziata, una riforma proposta da lui stesso, e della recente decisione della Corte Costituzionale di dichiararne alcuni passi come illegittimi. Il leghista ha dichiarato di non aver preso la sentenza in modo negativo, promettendo di lavorare per aggiustare la riforma e augurandosi che le opposizioni smetteranno di criticarla una volta apportate le modifiche richieste dalla Corte.

Le parole di Calderoli

“Io ho arato un campo incolto e se la Corte mi dà suggerimenti, sono contento. È stata l’opposizione a chiedere l’esame costituzionale dell’autonomia, quindi se ora
applichiamo i suggerimenti costituzionali, nessuno deve più rompermi gli zebedei…”
dichiara il ministro. Racconta di aver dovuto affrontare una situazione peggiore in passato, quando il Porcellum venne dichiarato del tutto incostituzionale. Ma afferma con sicurezza che l’autonomia andrà avanti, “non ci fermiamo”. Sulle sue critiche alle opposizioni alle quali ha intimato di tacere, chiarisce di aver “rispetto dei giudici e ne osserverò le prescrizioni. Non entro nelle polemiche con le toghe. La sinistra si attenga a sua volta a votare le modifiche obbligate in senso costituzionale”.

Roberto Calderoli
Roberto Calderoli

Calderoli spiega di non aver preso la sentenza della Corte in modo negativo, “ho il massimo rispetto dei giudici costituzionali”. E nonostante sarebbe stato più contento se gli avessero detto “tutto a posto”, ammette di avere “l’umiltà e l’orgoglio di chi, avendo percorso una terra sconosciuta e nuova, possa anche aver commesso qualche errore”. E ricorda che in passato molti hanno cercato di far approvare una legge simile e non ci sono riusciti, mentre lui è riuscito a far approvare l’autonomia in Parlamento.

Quindi dopo la sentenza non resta altro che lavorare e rimettersi sulla riforma per apportare le modifiche richieste. La pronuncia della Consulta “mi serve per correggere una legge in modo che possa corrispondere a quanto la Costituzione
prescrive”,
sottolinea Calderoli. E rispetto alle censure della Consulta si difende affermando di “avere usato una prassi consolidata dal passato e di muovermi in un territorio incognito”. Spiega, per esempio, che i livelli essenziali di prestazione nel caso della sanità sono stati definiti con un decreto del presidente del Consiglio dei ministri, ma questo non è stato considerato lo strumento idoneo per i lep nell’autonomia differenziata. “Se vogliono una fonte di rango primario, una legge del Parlamento o una legge delega, lo faremo”.

Alla domanda se della sua autonomia è rimasto solo lo scheletro dopo la sentenza della Corte, Calderoli risponde che “questa è una sciocchezza. La mia legge è fatta di 11 articoli e 45 commi. La Consulta ha riscontrato 7 motivi su 60 di incostituzionalità che provvederemo a rimuovere”. Quindi “l’impianto della legge ha retto”. Afferma che lavorerà su tutte le indicazioni della Corte e “dopo di che, non c’è più nulla da dire”. Spiega che per l’iter di cambiamento, vuole presentare una legge delega ad hoc sui lep e crede che entro la fine del 2025 saranno apportate alla riforma tutte le modifiche richieste.

Interrogato sulla censura della Corte che dice che non è possibile devolvere alle Regioni materie intere, Calderoli ammette di essersi sbagliato nell’aver richiamato alle materie. Quindi ora rimedierà dando la giusta definizione: da materie si passerà a funzioni. Sulla possibilità di un referendum, commenta che non gli fa paura, “perché non ho mai creduto che fosse ammissibile”. E ora che la Corte ha emesso la sentenza ne è ancora più convinto. Poi non ritiene che possa raggiungere il quorum e trasformarsi in un pericolo per la riforma.

Infine dichiara che quella tra autonomia e premierato è una competizione inesistente e che “i percorsi sono separati”. Afferma che il premierato è una riforma costituzionale e per questo richiede più tempo. Comunque l’obiettivo è quello di realizzarli entrambi.

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