“Quando governava la Democrazia cristiana la destra, dal punto di vista elettorale, stava con la Dc, i suoi elettori votavano Dc”. Lo ha detto Italo Bocchino, direttore de Il Secolo d’Italia, rispondendo a una domanda del quotidiano Il Difforme a margine della presentazione del suo libro “Perché l’Italia è di destra. Contro le bugie della sinistra“, ad Atreju, la manifestazione delle forze giovanili di destra, in corso al Circo Massimo a Roma. “Il Msi – ha spiegato Bocchino – rappresentava un pezzo della destra. Sulle sue performances elettorali pesava lo scotto di essere composto da reduci. Poi, con la fine della Prima Repubblica e con la fine della Dc si è liberato l’elettorato di destra. E’ una storia lineare”.
Il volume segue la storia della Repubblica, affrontando i tre momenti in cui al governo sono saliti esponenti conservatori. Nel 1948 con la Democrazia Cristiana, il 1994 con Forza Italia di Silvio Berlusconi e il 2022 con Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Si tratta di tre situazioni in cui il Paese si stava dirigendo verso scelte importanti e in cui il popolo avrebbe deciso di rifugiarsi nei governi conservatori. “L’Italia è intrinsecamente di destra perché è conservatrice, tradizionalista e profondamente cattolica anche quando i singoli sono atei“, è questa infatti la tesi di fondo del libro di Italo Bocchino, su cui si è concentrato l’evento.
Leggi Anche
Presenti alla discussione, moderata dal giornalista Fabrizio Frullani, i deputati di FdI Luca Sbardella e Francesco Michelotti, il direttore de Il Riformista Claudio Velardi e il già Europarlamentare del Pd Goffredo Bettini. Il dibattito, in alcuni momenti piuttosto concitato, si è articolato su alcuni temi cruciali, dal Premierato all’antifascismo, permettendo al pubblico presente in sala di godere di diversi punti di vista e di assistere ad un’analisi dettagliata degli ultimi 80 anni di storia politica italiana.
Il dibattito ad Atreju si concentra inizialmente su quella che sembra essere un’attitudine intrinseca alla società italiana: la tendenza dell’elettorato a virare verso la sponda destra della politica quando si tratta di elezioni decisive. “Ogni volta che c’è stato il tentativo di un rinnovamento profondo della società italiana, quasi sempre il popolo italiano ha avuto un istinto di conservazione. Nel dopoguerra si è consolidato nel Paese un grande consenso che si è trasferito a Berlusconi, e ora si è trasferito a Fratelli d’Italia“, ha infatti confermato in collegamento alla presentazione, Bettini membro della direzione nazionale del Pd, chiarendo come dal suo punto di vista il consenso appartenuto alla Democrazia Cristiana si sarebbe ora trasferito al partito della premier Giorgia Meloni.
Sulla scia del confronto tra maggioranza e opposizione, nello specifico per ciò che riguarda la retorica dell’antifascismo, Bettini espone la sua personale visione: “Una battaglia agli avversari di FdI, basata sul ‘contro’, è una battaglia perdente, non sentita come cogente nella società. Non mi affiderei all’argomento dell’antifascismo per opporci alla destra“.
Si è difatti ritenuto che la battaglia all’eredità fascista della destra italiana sia una battaglia non concretamente sentita dalla popolazione, quindi, un antifascismo usato quasi in modo strumentale dalla sinistra. Motivo per cui, Bettini pone l’accento su una “tesi bizzarra” difesa nel libro di Bocchino, secondo cui la Costituzione non sarebbe antifascista e ne coglie l’occasione per ricordare che infatti questa Carta sia proprio “all’opposto del fascismo“.
Il dibattito tra Bocchino e Bettini prosegue in questa direzione finché l’autore afferma che “la sinistra in Italia non ha mai avuto una cultura di governo“. Da qui, il dem difende la fazione riconoscendo i grandi leader della destra come Pino Rauti, Giorgio Almirante, Gianfranco Fini ed oggi Giorgia Meloni, ma sottolineando che “la sinistra ha avuto dei giganti, da Togliatti a Berlinguer, passando per d’Alema” fino alla segretaria del Pd, Elly Schlein, che ritiene essere “molto in gamba”, ma che non viene però presa in considerazione come si dovrebbe nonostante stia “portando il Pd fuori dalle secche”.
Il confronto non si spegne, anzi, si rinvigorisce quando subentra il tema scottante del Premierato che è “madre delle riforme – afferma Bocchino – “e sarà il momento della nascita della terza repubblica: la prima è nata con la Costituzione, la seconda con tre leggi elettorali, la terza appunto con l’elezione diretta del premier“.
A tal proposito, Claudio Velardi viene inserito nel discorso, di cui dichiara poterne fare solamente le veci in veste di giudice, in quanto ritiene di non poter rappresentare la visione della sinistra non facendone parte. Un’etichetta, quella di essere “uomo di sinistra”, che in verità sembra essergli sempre stata attribuita, ma di cui non si sente rappresentante. “Ero capo staff del governo di D’Alema – spiega il direttore de Il Riformista – dove si proponevano riforme costituzionali più riformiste di quelle di Meloni“, che vorrebbe vedere realizzate nell’attesa di una rappresentanza e di una governabilità che, secondo Velardi, l’Italia non ha ancora trovato.
Bocchino amplia poi il discorso alla concezione “dell’uomo forte” e al timore che ne deriva, affermando che tale concetto sarebbe stato introdotto dalla sinistra “con l’elezione diretta del presidente della Provincia, poi al Comune e alla Regione“. Nel momento in cui sono però i partiti di destra a proporre un’elezione diretta, un uomo forte, allora questi vengono accusati di essere fascisti.
© Riproduzione riservata