Belloni e il caos post dimissioni: le ipotesi sui motivi e il toto nomi sul successore

Se l'ambasciatrice non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali sui motivi, diverse fonti avrebbero confermato che l'insofferenza per un ruolo troppo marginale rispetto a quello di Mantovano e Tajani avesse iniziato a pesare sulle spalle di Belloni. Ora il governo dovrà trovare un sostituto, con l'aggravante di un processo che sarà sotto gli occhi dell'opinione pubblica

Redazione
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L’addio di Elisabetta Belloni al Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza), dopo due anni e mezzo di guida, continua a non avere motivazioni ufficiali. Eppure, il quadro starebbe iniziando pian piano a farsi più chiaro. Se la diretta interessata ha confermato ieri l’indiscrezione di Repubblica sulle sue dimissioni, sostenendo però di non essere in lizza per nessun altro ruolo, non sono giunte spiegazioni dirette che motivino la sua scelta.

Sembrerebbe, però, secondo fonti vicine o ostili all’ambasciatrice, che una serie di fattori concomitanti abbiano portato alla sua scelta. La goccia che ha fatto traboccare il vaso sarebbe la gestione della delicata liberazione di Cecilia Sala, la reporter italiana che dal 19 dicembre si trova in carcere a Teheran, per aver violato la legge islamica. In unione con il caso Mohammed Abedini, l’ingegnere iraniano arrestato a Milano su richiesta degli Stati Uniti, che ora ne chiedono l’estradizione.

Alfredo Mantovano sulla sicurezza nei cortei a Roma
Alfredo Mantovano, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio

In sostanza, si ipotizza che i rapporti tra il Dis, che coordina le agenzie Aise e Aisi, e il governo siano divenuti pian piano sempre più intricati e che Belloni abbia iniziato a percepire il peso delle tensioni con i membri della maggioranza. In particolare, sembrerebbe che il rapporto di Belloni con il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo mantovano, sia andato sempre più a deteriorarsi, rendendo il compito dell’ambasciatrice sempre più complesso da svolgere.

L’addio di Belloni e le tensioni con il premier

Come riporta Repubblica, sembrerebbe poi che il piano messo in atto dal premier Giorgia Meloni, per gestire al meglio le dimissioni dell’ambasciatrice, sia stato rovinato dalla fuga di notizie avvenuta ieri. L’indiscrezione di Repubblica, poco dopo confermata da Belloni al Corriere della Sera, ha convinto le due a sentirsi telefonicamente. Un colloquio piuttosto difficile, come riportano alcune fonti, che ha visto Belloni e Meloni intente a comprendere chi potesse aver annunciato la decisione in netto anticipo rispetto a quanto preventivato.

Ora, la questione è molto più complessa da risolvere. Da un lato c’è la difficoltà di gestire il passaggio di potere sotto gli occhi dell’opinione pubblica, dall’altro c’è il dossier ancora aperto dei papabili candidati. Sin da ieri è apparso chiaro che uno dei nomi presi in considerazione è quello di Bruno Valensise, vice di Belloni, che però sarebbe costretto a lasciare il ruolo a capo dell’Aise. Si propende quindi anche per altre opzioni, tra cui quella della prefetta Alessandra Guidi e del vicedirettore dell’Aisi, Vittorio Rizzi.

Nel toto-nomi, poi, compaiono anche il prefetto di Roma, Lamberto Giannini e il generale dell’esercito Francesco Paolo Figliuolo. Quest’ultimo, però, potrebbe dover affrontare una partita piuttosto svantaggiata, in quando il fatto che lo scorso 21 dicembre sia stato nominato vicedirettore dell’Aise e gli innumerevoli altri ruoli da lui coperti non giocherebbero a suo favore.

Il caso Belloni

Tornando invece a trattare dei possibili motivi che avrebbero spinto Elisabetta Belloni a lasciare il suo ruolo, a soli quattro mesi dalla scadenza del suo mandato, sembrerebbe che il caso Sala abbia giocato un ruolo di primo piano. Secondo fonti de La Stampa, infatti, il rapporto già piuttosto logorato tra l’ambasciatrice e Mantovano si sarebbe spezzato proprio sulla gestione delle trattative per gli arresti di Sala e Abedini. La questione sarebbe stata gestita all’interno del governo e Belloni non ha fatto segreto del fatto che se avesse potuto avrebbe agito diversamente, magari cercando di trovare una soluzione che accontentasse l’Iran senza indispettire gli Usa.

A pesare sulla scelta anche la nomina del generale Figliuolo a vicedirettore dell’Aise, presa da Meloni senza consultarla. Inoltre, le stesse fonti raccontano di un piano di Belloni, osteggiato sia da Mantovano che da Tajani, lo stesso che ha osteggiato la sua nomina a ministro degli Affari europei. Belloni, infatti vorrebbe importare il modello americano del Consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca a Roma, per creare un coordinamento tra il presidente, l’intelligence, la Difesa e gli Esteri. L’ipotesi, quindi, non trova grandi riscontri se non il tentativo sempre più presente di ostracizzare Belloni dal suo ruolo.

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