Autonomia, le modifiche al testo preoccupano il centrodestra: si temono tempi lunghi

Il ddl ha dato inizio al suo iter al Senato ed ora, per cortesia istituzionale, dovrebbe ripartire dalla Camera, dove però la Commissione Affari Costituzionali starebbe esaminando il Premierato, la separazione delle carriere dei magistrati e il decreto flussi

Redazione
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La Corte Costituzionale ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità sollevata sulla riforma dell’Autonomia differenziata ma ha allo stesso tempo dichiarato illegittime alcune disposizioni specifiche all’interno dello stesso provvedimento. Così da un lato festeggiano le opposizioni, che avrebbero dimostrato che il piano de governo Meloni non è in realtà attuabile così come è stato formulato, e dall’altro festeggia anche la maggioranza di governo perché l’Autonomia non sarebbe stata dichiarata incostituzionale.

Ora resta da comprendere in che modo sopperire alle mancanze individuate dalla Corte, che ha ricordato come la riforma debba rispettare in ogni sua parte il principio di sussidiarietà, ovvero il criterio cardine che regola la distribuzione delle competenze legislative e amministrative tra lo Stato e le Regioni. In questo senso la riforma a firma Calderoli deve essere circoscritta a specifiche funzioni giustificabili in base alle necessità e peculiarità di ciascuna Regione, e non deve in alcun modo ledere l’unità e l’eguaglianza all’interno della Repubblica.

In virtù delle nuove disposizioni, le opposizioni hanno deciso di far sentire la loro voce, di fatto sottolineando che le modifiche presentate dalla Consulta non fanno altro che modificare in toto, la riforma lasciando solamente lo scheletro di quanto promosso e promesso da Roberto Calderoli. “Si tratta della sonora bocciatura di una legge sbagliata che voleva spaccare il Paese” ha infatti dichiarato Schlein, seguita da Raffaella Paita di Iv, che ha sostenuto: “Dell’impostazione Calderoli non rimane più nulla“.

Autonomia, i prossimi passi della maggioranza

La decisione della Corte costituzionale avrebbe in qualche modo allontanato il pericolo del referendum costituzionale sull’Autonomia, evitando a FdI di trovarsi ad un bivio e a Forza Italia e alla Lega di ricevere una bocciatura dalle Regioni del Sud Italia. L’obiettivo attuale è quello di procedere con il nuovo iter della riforma, così da attuare i correttivi proposti dalla Corte Costituzionale.

Negli ambienti della Lega si confida nella figura di Roberto Calderoli, ideatore della riforma, ma sembrerebbe che il sogno di presentare l’Autonomia al prossimo Congresso federale sia ormai sfumato del tutto. Alfredo Mantovano, sottosegretario alla Presidente del Consiglio, ha comunque voluto sottolineare che dalla pronuncia della Consulta non deriva alcun disorientamento” e che al Parlamento sono state fornite una serie di linee guida da seguire e rispettare.

Tra gli alleati, però, non manca la consapevolezza che alcune delle criticità individuate dalla Corte erano già state presentate come tali in passato, senza che però nessuno agisse per modificarle. “La Consulta pone il problema della centralità del Parlamento per apportare alcuni correttivi, soprattutto per quanto riguarda i Lep“, ha infatti dichiarato Antonio Tajani, sottolineando che questa è sempre stata la posizione incarnata da Forza Italia.

Ora, però, preoccupano le tempistiche che le correzioni potrebbero necessitare. Se da un lato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha dichiarato che “manca un sacco di tempo alla fine della legislatura“, per cui i tempi per le modifiche esisterebbero, c’è chi invece guarda con orrore al futuro della riforma. Il disegno di legge lo scorso maggio ha dato inizio al suo iter al Senato ed ora, per cortesia istituzionale, si dovrebbe ripartire dalla Camera, dove però la Commissione Affari Costituzionali starebbe esaminando il Premierato, la separazione delle carriere dei magistrati e il decreto flussi.


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