A poche ore dall’informativa alla Camera dei deputati, i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi sono tornati in Aula, stavolta al Senato della Repubblica, per affrontare nuovamente il caso Almasri, il generale libico che è stato rilasciato dopo due giorni dal suo arresto su mandato della Corte penale internazionale. “Mi ricordano la frase di Shakespeare del sordo che risponde a domande che nessuno gli pone“, ha dichiarato il ministro della Giustizia lasciando la Camera e preparandosi per la seconda tranche dell’informativa al Parlamento.
Presente al Senato anche il vicepremier leghista Matteo Salvini, mentre tra gli iscritti a parlare ci sono Matteo Renzi per Italia viva, Alberto Balboni per Fratelli d’Italia, Erika Stefani per la Lega, Alessandra Maiorino, vicepresidente vicaria del M5s e Giorgio Salvitti per Coraggio Italia-Noi moderati, oltre ai capigruppo Maurizio Gasparri di Forza Italia, Francesco Boccia del Pd e Peppe De Cristofaro del gruppo Misto.
Leggi Anche
Il primo a parlare, come alla Camera, è stato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che ha ribadito come l’atto giunto dalla Cpi sia “eccentrico” e “viziato“, con “discrasie notevoli tra la parte motiva del provvedimento che fa risalire gli atti delittuosi dal 2015, mentre quella dispositiva si rifà a 4 anni prima, ossia al 2011“. Il ministro ha sottolineato come già ad una “prima lettura” si siano rese palesi queste incongruenze e come la stessa Cpi, senza consultare il governo italiano, abbia fissato una nuova udienza il 25 gennaio e abbia “ribaltato completamente il precedente mandato di arresto, qualificando il secondo pronunciamento come una mera integrazione formale“.
Il Guardasigilli ha poi evidenziato che in questo secondo pronunciamento sono avvenute modifiche sostanziali, come il cambio di imputazione e soprattutto la data del reato commesso. Quindi, Nordio sostiene che “il primo atto in base a cui avrei dovuto chiedere conferma al pg e alla Corte d’appello era un atto nullo“, poiché era completamente sbagliato. Subito dopo l’intervento del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha evidenziato nuovamente come l’espulsione del cittadino libico si stata operata per questioni legate alla sicurezza nazionale.
Almasri, le dichiarazioni di Renzi e Calenda
Tra i primi ad intervenire a seguito delle informative c’è il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, che ha dato inizio al suo discorso lanciando un affondo contro il premier Meloni. “Con Meloni, pensavate di aver trovato la lady di ferro, ma avete trovato l’uomo di burro“, ha tuonato l’ex sindaco di Firenze, sottolineando che il Presidente del Consiglio “è forte coi deboli e debole coi forti“. La frase dell’ex volto del Terzo polo fa riferimento all’assenza del capo del governo, che ha preferito non riferire in Parlamento.
“Se Meloni avesse voluto difendere l’interesse nazionale lo avrebbe detto. Ma non lo fa, scarcera i torturatori di bambini“, ha continuato Renzi, cercando anche di superare il vociferare della maggioranza che ha protestato nel corso dell’intervento del leader di Italia Viva. Parlando poi dei due ministri, Renzi ha sottolineato come Piantedosi fosse “imbarazzato“, in quanto la politica ha liberato un “criminale pericoloso“, mentre Nordio è stato “imbarazzante“, perché “è venuto in Aula a fare la difesa di Almasri“.
Carlo Calenda, leader di Azione, ha invece sostenuto che in Aula si è assistito ad “una generale sagra dell’ipocrisia“, perché “tutti i governi hanno avuto a che fare con tagliagole libici“. L’ex ministro ha però chiarito che però un governo non può sostenere che al fine di garantire la sicurezza si procede alla scarcerazione di un individuo che è stato condannato, per poi riportarlo nel luogo in cui ha commesso quei delitti. “Quello che è stato fatto è una lesione alla dignità dello Stato, e la dignità è stata svilita perché abbiamo fatto fare questo a questo bandito un carosello infame in Libia“, ha sostenuto Calenda, per poi tuonare: “Ma mollatelo nel deserto!“.
© Riproduzione riservata